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Governare un Paese con benevolenza

26 Luglio 2016 |   Di Qinshan

(Minghui.org) Mencio o Mengzi (372 a.C.-289 d.C.) è uno dei filosofi più famosi della storia cinese. Una volta disse: “È con la benevolenza che le tre dinastie di Xia, Shang e Zhou ottennero il trono ed è proprio allontanandosi dalla benevolenza che hanno perso il potere. Ѐ con lo stesso principio che viene determinato il declino o la prosperità, la preservazione o la rovina di uno Stato”.

Un’altra sua frase nota fu: “Se l’Imperatore non è benevolente, egli non può evitare che il trono passi a qualcun altro. Se il capo di uno Stato non è benevolente, egli non può mantenere il suo potere. Se un nobile o un gran ufficiale non è benevolente, egli non può conservare il tempio dei suoi antenati. Se uno studioso o un uomo comune non è benevolente, egli non può conservare i suoi quattro arti”.

“La gente odierna odia la morte e la rovina, eppure ama non essere benevolente: è come uno che continua a bere vino nonostante detesti essere ubriaco!”. [1]

Gli antichi cinesi credevano che valorizzando i principi morali, una persona potesse influenzare il suo ambiente e fosse in grado di vivere in pace e in armonia con ciò che la circonda. Se tutta la popolazione si comportasse così, il Paese sarebbe sicuramente prospero e la società benestante e pacifica.

Il consiglio di Yanzi al re Zhuang e al re Jing

Yanzi (578 a.C. – 500 a.C.) fu un famoso politico e diplomatico che visse durante il periodo delle primavere e degli autunni, quando la Cina era divisa in diversi piccoli Stati.

Il re Zhuang del regno di Qi aveva intenzione di attaccare il regno di Jin, quindi chiese consiglio a Yanzi. Yanzi rispose: “Non bisogna fare questa cosa. Possiedi già tanto ma desideri avere ancora di più. Il tuo desiderio cresce, come pure la tua arroganza. Una persona che ha già così tanto e che desidera ancora di più metterà in pericolo se stesso”. Udendo queste parole, il re Zhuang fu estremamente contrariato. Perciò Yanzi si licenziò e si trasferì in campagna.

Il re Zhuang attaccò Jin con la forza e ottenne una vittoria veloce. Poi attaccò anche Ju, ma un anno più tardi, il re Zhuang fu assassinato da uno dei suoi ministri.

Quando il re di Jing volle attaccare Lu, Yanzi consigliò: “Il re di Lu è benevolente e retto. È ben amato dal suo popolo. Coloro che attaccano uno Stato del genere, porteranno nefasti pericoli a loro stessi. Ho anche sentito che solo quando un re ha un’elevata virtù per mantenere il suo Paese stabile e il suo popolo felice, può formare un esercito per combattere una guerra”. Il re di Jing accettò il suo suggerimento e non attaccò Lu.

Il commento di Wuju sul Palazzo Zhanghua

Il re Ling del regno di Chu ordinò la costruzione di un gran palazzo. Ci vollero numerosi anni e una notevole quantità di manodopera, fino quasi a svuotare la tesoreria del Paese. Quando il Palazzo Zhanghua venne completato, il re Ling e tutti i suoi ministri salirono sulla torre più alta del palazzo.

Il re Ling elogiò la costruzione: “Come è bella questa torre!” Wuju, uno dei suoi ministri, commentò: “Un re saggio è virtuoso e ben rispettato, e prova piacere nel tenere la sua gente soddisfatta e felice, accetta i consigli da coloro con un’elevata virtù e le popolazioni che vivono distanti giureranno lealtà verso di lui, grazie alla sua virtuosa reputazione”.

Aggiunse: “Egli non considera come bellezza una costruzione con un’alta torre e con i pilastri scolpiti e dipinti. Oppure, come appagamento, ascoltare una sonora musica da una grande orchestra; o ancora, come piacevole alla vista, uno stupendo panorama e dei mobili lussuosi”.

Concluse dicendo: “Che benefici porta la costruzione di un bel palazzo, il quale ha svuotato la tesoreria del Paese? Quando una persona ha troppi desideri egoistici, la sua benevolenza e il suo senso di giustizia si sono sicuramente ridotti. Se Sua Maestà pensa che questa torre sia bellissima, allora temo che il nostro Paese sia in pericolo”.

Quattro anni dopo, l’avvertimento di Wuju si materializzò e il re Ling venne deposto da suo fratello e altri ufficiali di corte, quindi si tolse la vita impiccandosi in un rifugio.

Il re Mu perdona i contadini

Il re Mu del regno Qin aveva un allevamento nel quale teneva tutte le razze di cavalli più famose. Un giorno, diversi cavalli scomparvero. L’ufficiale che si occupava della tenuta ne fu molto spaventato: pensava che il re si sarebbe sicuramente arrabbiato con lui e lo avrebbe giustiziato. Così si mise in cerca per tutta l’area circostante e alla fine trovò delle cose simili a ossa di cavallo in un villaggio vicino. Sospettava che gli abitanti di quel villaggio avessero ucciso e mangiato i cavalli, quindi fece arrestare trecento contadini del villaggio e li portò davanti al re.

L’ufficiale riferì al re Mu che i contadini avevano mangiato i cavalli e che avrebbero dovuto essere giustiziati. Sorprendentemente il re Mu non si arrabbiò, ma perdonò i contadini e li fece mandare a casa.

Pochi anni dopo, mentre il re Mu era in battaglia con un altro Paese, il suo esercito fu circondato e fu per essere sconfitto. Anche il re stesso era in pericolo, ma proprio nel momento più critico, una piccola truppa di fantini irruppe nelle linee nemiche e combatterono al fianco dell’esercito del re Mu. I fantini lottarono valorosamente e le truppe nemiche dovettero ritirarsi. Il re Mu riuscì a mettersi in salvo e fu molto grato ai fantini, quindi chiese a loro chi fossero: questi risposero che erano i contadini che avevano mangiato i suoi cavalli.

Furono il perdono e la benevolenza del re Mu che, alla fine, lo salvarono.

[1] Tratto da The Mencius, tradotto da James Legge

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