(Minghui.org) All’avvicinarsi delle festività natalizie, piazza Mynttorget e il vicino Palazzo Reale di Stoccolma sono di nuovo animati da turisti. Il 2 dicembre i praticanti della Falun Dafa hanno svolto un’attività per rendere partecipe le persone sulla pratica di meditazione e sulla continua repressione in Cina.

Molti turisti si sono fermati per avere maggiori informazioni, compresi quelli provenienti da altre nazioni come Regno Unito, Francia, Germania, Italia e altri. Alcuni di loro hanno firmato la petizione che chiede la fine delle atrocità in Cina. Un uomo sollevando il pollice in su ha detto: "Continuate così!".

I pedoni leggono i manifesti in piazza Mynttorget, vicino al Palazzo Reale di Stoccolma, il 2 dicembre 2017

Un praticante descrive varie torture subite dai praticanti in Cina

Una donna, mentre i praticanti parlavano con altri passanti della repressione in Cina, ascoltava con attenzione; più tardi si è presentata come presidente di un'associazione giornalistica per i diritti umani. La donna era lì per una cerimonia di premiazione sui diritti umani; dopo aver scattato molte foto e firmato la petizione, ha detto che le avrebbe pubblicate sui suoi social network.

La donna, riguardo ai crimini del prelievo forzato di organi da parte del regime cinese contro i prigionieri di coscienza del Falun Gong, ha detto: "Ne parlerò con altre persone. Questi avvenimenti non possono essere ignorati"; ha poi lasciato i suoi contatti per ricevere ulteriori aggiornamenti.

Un giornalista per i diritti umani fotografa la meditazione seduta

Parecchi cinesi si sono fermati per leggere i cartelloni. Tre giovani hanno raccontato di essere in grado, in Cina, di accedere alle notizie estere utilizzando software che annullano il blocco Internet; erano entusiasti di vedere con i loro occhi i praticanti mentre eseguivano liberamente gli esercizi.

I passanti firmano la petizione per sostenere il Falun Gong

Uno dei giovani ha poi deciso di ritirare la sua appartenenza alle organizzazioni del Partito Comunista Cinese per prendere posizione contro la brutale persecuzione.