(Minghui.org) Bu Rumei, una residente della città di Changzhou, sta affrontando un processo per aver mantenuto la sua fede nel Falun Gong, una disciplina spirituale e di meditazione che viene perseguitata dal regime comunista cinese dal 1999.
La praticante è stata arrestata il 16 aprile e rilasciata su cauzione il giorno successivo. La polizia le ha preso la chiave di casa senza il suo permesso per saccheggiarle l'abitazione. Il suocero, malato terminale che viveva insieme a lei ed al marito, era a casa da solo, quando è entrata la polizia ed è rimasto così terrorizzato dagli agenti, che da quel momento le sue condizioni di salute sono peggiorate ed è morto un mese dopo.
Bu è stata riportata alla stazione di polizia ed alla Procura e interrogata per ben tre volte: il 14 maggio, il 1° giugno ed il 13 luglio. La Procura del Wujin l'ha incriminata il 23 luglio ed ha inoltrato il suo caso al tribunale distrettuale.
Il 23 luglio Yang Wenqi e Jiang Yizhou, due pubblici ministeri, hanno interrogato il marito e le loro due figlie. La minore di dodici anni gli ha detto: «Mia madre non ha fatto nulla di sbagliato, né ha fatto del male a qualcuno. Non potrei accettarlo se la condannate».
Il 2 agosto, il tribunale distrettuale ha informato Bu che poteva ritirare l'atto d'accusa. La praticante ha cercato di fissare un appuntamento con il giudice Zhu Yinmei, responsabile del suo caso, ma lui le ha gridato al telefono: «Pensi di poter incontrare il giudice quando vuoi? Non ho tempo!».