(Minghui.org) Due donne della contea di Faku, nella provincia del Liaoning, sono state condannate a nove mesi e multate di 5.000 yuan (circa 644 euro) per la loro fede nel Falun Gong, una pratica per il benessere fisico e spirituale che viene perseguitata dal Partito Comunista Cinese dal luglio 1999.
Meng Qingxia, di 70 anni, e Liu Chunjie, di 58 anni, hanno presentato ricorso al tribunale intermedio della città di Shenyang (Shenyang controlla la contea di Faku).
Lo scorso 21 aprile Meng e Liu sono state arrestate, dopo che un residente locale di nome Qiao Lihua le ha denunciate per aver distribuito materiale informativo del Falun Gong. Gli agenti dell’Ufficio di sicurezza interna della contea di Faku e della stazione di polizia di Shiqiao hanno fatto irruzione nelle abitazioni delle due praticanti. Alle irruzioni avrebbe assistito Gao Qiang, ma non è chiaro se si tratti di un ufficiale di polizia.
Il giorno successivo Liu è stata portata al primo centro di detenzione della città di Shenyang, mentre Meng è stata rilasciata agli arresti domiciliari. Tuttavia tre giorni dopo, il 25 aprile, è stata ingannata dagli agenti che l’hanno riportata alla stazione di polizia di Shiqiao. Non è chiaro dove la donna sia detenuta.
L’agente Dong Junliang (+86-15998398699) della stazione di polizia di Shiqiao ha sottoposto il caso delle due praticanti alla procura distrettuale di Liaozhong, nella città di Shenyang. Il procuratore Li Panpan (+86-24-27880199) le ha incriminate e ha trasmesso il caso al tribunale del distretto di Liaozhong.
Meng e Liu sono comparse in aula due volte, l’11 settembre e il 16 ottobre scorsi. Il giudice Duan Xiaoguang (+86-24-27899819) ha presieduto il processo. Erano presenti anche i giudici Xia Lijie e Zhang Nan, l’assistente del giudice Jin Jian e il cancelliere Guo Shuang.
Durante entrambe le udienze, le due praticanti hanno testimoniato in propria difesa e anche i rispettivi difensori non avvocati hanno confutato le accuse contro di loro. Il giudice Duan, tuttavia, le ha comunque condannate.
Il procuratore Li ha accusato entrambe le donne di aver violato l’articolo 300 della legge penale, il quale stabilisce che chiunque utilizzi un’organizzazione di culto per minare l’applicazione della legge deve essere perseguito nella massima misura possibile.
I difensori di Meng e Liu hanno sostenuto che l’organo legislativo cinese, il Congresso del Popolo, non ha mai emanato alcuna legge che criminalizzi il Falun Gong o che lo etichetti come setta. Pertanto, non c’erano motivi legali per la condanna.
Il procuratore Li ha quindi citato come base legale un’interpretazione dell’articolo 300 della legge penale emessa, nel novembre 1999, dalla Corte Suprema del Popolo e dalla Procura Suprema del Popolo. L’interpretazione indica che chiunque pratichi o promuova il Falun Gong, venga perseguito nella misura più ampia possibile.
I difensori hanno sottolineato che il 1° febbraio 2017 è entrata in vigore una nuova interpretazione della legge che ha sostituito la versione del 1999. Tale interpretazione non menziona il Falun Gong e sottolinea che qualsiasi accusa contro chiunque sia impegnato in un culto deve avere solide basi legali. Dal momento che nessuna legge in Cina definisce il Falun Gong un culto, le accuse contro le donne, basate sull’interpretazione statutaria non hanno alcuna base legale.
I difensori hanno anche sostenuto che, in base al principio della separazione tra Stato e Chiesa, nessun governo, compreso il regime comunista cinese, è in grado di stabilire se un sistema di credenze sia o meno un culto.
Una persona può essere ritenuta penalmente responsabile solo per le sue azioni se violano la legge, non per il suo credo o pensiero religioso. La distribuzione di materiale informativo sul Falun Gong da parte di Meng e Liu non ha causato alcun danno a nessun individuo o alla società in generale. In effetti, nel loro caso non si è parlato di alcuna vittima.
Qiao, l’informatore che ha denunciato i due praticanti, non era in aula per accettare il controinterrogatorio.
Meng e Liu, così come i loro difensori, hanno anche testimoniato contro la polizia per aver violato le procedure legali nella gestione dei loro casi.
Prima di fare irruzione nelle case delle praticanti, la polizia non ha mostrato alcun documento o mandato di perquisizione. Gao, la persona che secondo la polizia avrebbe assistito alle irruzioni, non era presente in aula, né è mai stata rivelata la sua identità. Qualsiasi cosa egli abbia detto riguardo agli oggetti confiscati nelle abitazioni delle praticanti non ha potuto essere verificata, eppure è stata usata come prova dell’accusa. Le firme dei testimoni sulle liste degli oggetti confiscati sembravano essere di due persone diverse, contraddicendo l’affermazione della polizia secondo cui Gao fosse l’unico testimone presente durante le irruzioni.
I difensori hanno anche notato che la polizia ha cancellato gli orari iniziali delle incursioni e ne ha riscritti di nuovi sulle liste degli oggetti confiscati.
Ci sono state anche incongruenze in due dei moduli richiesti dalla polizia, riguardo alle informazioni chiave sugli arresti: uno era il modulo di registrazione del caso e l’altro riguardava informazioni supplementari.
Per legge, solo agenzie forensi indipendenti e terze sono autorizzate a esaminare e autenticare le prove dell’accusa. Gli agenti che hanno effettuato l’arresto, tuttavia, hanno presentato le prove all’agenzia di polizia che le controllava per la verifica. L’agenzia di controllo ha stabilito che gli oggetti confiscati erano “oggetti di culto”, ma il rapporto non recava alcuna firma e non specificava il processo seguito per giungere a tale conclusione. Il procuratore Li, tuttavia, ha accettato il risultato della verifica e lo ha incluso nei capi d’accusa contro le due praticanti.