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Hunan: Praticante 71enne finisce in carcere per aver parlato alla gente del Falun Gong

25 Maggio 2024 |   Di un corrispondente Minghui della provincia dell’Hunan, Cina

(Minghui.org) Una donna di 71 anni di Hengyang, nella provincia dell’Hunan, si trova ora reclusa nel carcere femminile provinciale per scontare un anno di pena a causa della sua fede nel Falun Gong, una disciplina spirituale perseguitata dal Partito Comunista Cinese dal 1999.

Il 27 giugno dello scorso anno Luo Fenghua è stata denunciata per aver parlato alle persone del Falun Gong. È stata arrestata mentre si accingeva a pagare la spesa alla cassa di un supermercato ed è stata portata alla stazione di polizia di via Tongtai, dove c’erano anche le quattro persone che l’avevano denunciata.

Senza mostrare il mandato di arresto o gli identificativi la polizia ha trattenuto Luo in detenzione per otto ore, prima di trasferirla al carcere di Changsha intorno all 23:00. Sei agenti l’hanno ammanettata così bruscamente che le si è staccato un pezzo di carne di circa cinque centimetri dal pollice sinistro. Il dito le sanguinava, ma la polizia non si è offerta di medicarglielo e per di più l’ha sbattuta in una stanza buia e fredda, dove le ha fatto trascorrere l’intera nottata.

Alle 10:00 del mattino seguente, intirizzita e affamata, è stata portata all’ospedale per un esame medico, a cui però si è rifiutata di sottoporsi. Allora la polizia ha falsificato l’esito degli esami. Quando è stata portata al quarto centro di detenzione di di Changsha intorno alle 16:30 era digiuna da oltre 40 ore ed era così debole che la polizia ha dovuto metterla su una sedia a rotelle.

La polizia le ha confiscato 320 yuan (circa 41 euro) in banconote con sopra stampate informazioni sul Falun Gong. Questo è uno dei modi in cui i praticanti sensibilizzano la gente sulla persecuzione. Le banconote sono poi state usate come prova contro di lei.

Luo è stata tenuta in detenzione per quattro mesi e 12 giorni, durante i quali ha perso oltre 10 chili.

Il 28 ottobre intorno alle 22:00 ha improvvisamente avuto un forte mal di stomaco ed è caduta dal letto finendo per terra. La guardia le ha dato degli antidolorifici e intorno alle 23:00 l’ha portata all’ospedale di Changqiao. Il medico ha detto che aveva una pancreatite acuta e necessitava di un immediato intervento chirurgico. Ma lei non si fidava né delle guardie né del medico e non ha dato il consenso all’operazione.

Le guardie l’hanno portata in un altro ospedale per una seconda opinione e il medico ha confermato la stessa diagnosi. Lei ha di nuovo rifiutato di dare il consenso all’intervento chirurgico. Quindi è stata portata di nuovo all’ospedale di Changqiao, ammanettata e incatenata, per una trattamento medico conservativo. Le guardie l’hanno incatenata al letto e non le hanno tolto le catene ai piedi nemmeno per andare in bagno. Le catene sfregavano contro i talloni e li facevano sanguinare.

Il 17 novembre degli agenti l’hanno caricata su una volante, mentre era ancora ammanettata e incatenata, e l’hanno portata al tribunale. Il tragitto è durato oltre un’ora.

Arrivati al tribunale, Luo era stordita e non è riuscita ad uscire subito dall’auto. Un agente sulla ventina le ha urlato tre volte: “Allora esci, o no?”. Prima che potesse rispondere l’ha tirata fuori dalla macchina, l’ha trascinata in una stanzetta del tribunale e l’ha buttata su una sedia. Nel tragitto i piedi avevano sfregato per terra e la maglietta si era sollevata andandole a ricoprire la faccia impedendole di respirare, inoltre la parte superiore del corpo era rimasta completamente scoperta.

Dopo aver ripreso fiato ha detto all’agente più giovane: “Non hai nessun anziano in famiglia? Se tua nonna fosse umiliata in questo modo che cosa diresti? Di quale crimine mi accusate? E perché mi dovete trattare così? Come ti chiami?”. Lui le ha detto di chiamarsi Zhang di cognome.

Quando si è rifiutata di entrare nell’aula del tribunale i giudici e il cancelliere sono andati nella stanzetta e le hanno riferito che era stata condannata a 12 mesi più 15 di libertà vigilata e 10.000 yuan (circa 1.300 euro) di multa. Il suo crimine era quello di “minare l’applicazione della legge servendosi di un’organizzazione di culto”, il pretesto standard usato per incastrare i praticanti del Falun Gong.

Quando ha fatto ricorso, il 22 dicembre, la polizia e l’ufficio giudiziario l’hanno molestata e minacciata di riportarla in custodia. Il 28 dicembre un funzionario del tribunale è andato a casa sua con un avvocato, ma Luo non c’era, allora hanno costretto suo figlio a firmare la lettera per ritirare il ricorso. Poi è stata portata al carcere femminile provinciale dell’Hunan, anche se non era stata prevista l’incarcerazione, ma la libertà vigilata.