(Minghui.org)La signora Qiu Tieyan residente a Shenyang, nella provincia del Liaoning, è stata imprigionata per tre anni dopo la sua quarta detenzione perché è una praticante del Falun Gong. La sua richiesta d’appello in carcere è stata infruttuosa.
Arrestata e falsamente accusata
Il 7 agosto 2014 ho parlato in pubblico dei fatti del Falun Gong e sono stata denunciata alle autorità. Tornando a casa due poliziotti si sono avvicinati ed hanno cercato di arrestarmi, ma ho resistito.
Ben presto è arrivata un'altra volante della polizia. Quattro agenti mi hanno presa e spinta in una delle auto. Mi sentivo soffocare e il mio cuore batteva veramente veloce. Un poliziotto vedendo le mie condizioni ha riso, sostenendo che stavo fingendo di avere un malore.
All'arrivo alla stazione di polizia ero assetata e avevo le vertigini. Avevo ancora le palpitazioni, ma si sono rifiutati di darmi dell'acqua. Sono stata poi ammanettata e incatenata a un attrezzo di tortura. Due ore dopo quattro poliziotti mi hanno portata a casa mia e l'hanno saccheggiata. Hanno sequestrato tre libri del Falun Gong e una foto del suo fondatore.
Alla stazione di polizia sono stata rinchiusa in una grande gabbia d'acciaio. Poi sono stata tirata fuori e ammanettata di nuovo a un attrezzo di tortura. Più tardi il direttore della divisione sicurezza interna ha ordinato al capo della stazione di polizia di assicurarsi che venissi condannata.
Mi hanno preso le impronte digitali e portata all'ospedale per degli esami. Un medico ha detto alla polizia che avevo una malattia cardiaca grave. Nonostante il referto, verso l'una sono stata portata al centro di detenzione n.1 di Shenyang.
Al centro sono stata interrogata due volte da alcuni agenti di polizia in borghese. Mi hanno minacciata e chiesto di firmare il verbale, ma ho rifiutato.
Pochi giorni dopo il capo della stazione di polizia è venuto da me con due funzionari della Procura locale. Mi hanno chiesto alcune informazioni personali e cosa provavo per la Falun Dafa, e ho detto loro che la Falun Dafa è buona. Mi hanno detto che era tutto quello che avevano interesse a sapere.
Due settimane dopo due poliziotti mi hanno mostrato la lettera di conferma dell'arresto. Mi hanno chiesto di firmarla, ma ho rifiutato e ho detto loro che stavano agendo illegalmente. Il procuratore mi ha accusata di “utilizzo di un'organizzazione di culto per minare l'applicazione della legge”, un'accusa generica usata contro i praticanti del Falun Gong.
Processo illegale
Nel gennaio del 2015 sono stata informata che il mio processo era programmato per le ore quindici di quel giorno. Mi hanno portata in tribunale con la divisa della prigione, ammanettata e incatenata.
Il processo è stato tenuto nella corte distrettuale di Xinqu a Shenyang. C'erano sei persone in abiti civili in aula, ma non ho visto nessuno dei miei familiari. Mi è stato detto che non avevano i loro recapiti per contattarli e che non era necessario fossero presenti.
Il giudice ha portato due grandi borse contenenti le prove del mio “crimine”. Tra tutti gli oggetti, inclusi oltre venti libri del Falun Gong, vari DVD di Shen Yun e alcune copie dei Nove Commentari sul Partito Comunista, solo tre libri del Falun Gong appartenevano a me.
Ho detto loro che non avevo fatto del male a nessuno e che ero innocente, che avevano agito illegalmente e commesso un crimine. Prima di venire portata via mi hanno chiesto di firmare i documenti della mia testimonianza rilasciata in tribunale, ma c’era scritto poco delle mie dichiarazioni, così ho rifiutato di firmarli.
Due mesi dopo i funzionari del centro di detenzione mi hanno informata che ero stata condannata a tre anni di carcere.
Appello bloccato
Il 24 marzo 2015 sono stata portata alla prigione femminile della provincia del Liaoning. Il primo giorno non mi è stato dato nulla da mangiare. Due praticanti hanno dovuto condividere con me un piccolo letto. Non mi è stato concesso di lavarmi e ho dovuto chiedere il permesso per usare il bagno.
Quando il giorno dopo sono stata portata in officina ho dovuto stare in piedi di fronte a un muro per diverse ore.
I funzionari del carcere hanno incaricato diverse detenute di controllarmi. Non mi hanno permesso di fare gli esercizi del Falun Gong e mi hanno spesso offesa perché non facevo le cose a modo loro.
Ho deciso di fare appello e ho parlato con la capo divisione che era tenuta a fornirmi l'assistenza legale, ma lei invece di aiutarmi si è arrabbiata e ha cercato di impedirmelo. Vedendo la mia perseveranza ha deciso di rendermi le cose molto difficili. Non mi ha permesso di prendere in prestito o di acquistare penna e carta, e quando finalmente sono riuscita a procurarmele ho potuto scrivere solo per un'ora con poca luce.
Dopo che ho terminato la lettera di appello nessuno dei funzionari della prigione voleva inviarla. Quando i miei familiari sono venuti a trovarmi la capo divisione li ha informati del mio appello. Ha detto che avrebbe inviato loro per email la mia lettera, ma non l’ha fatto e di conseguenza l'appello non è mai stato presentato.
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Categoria: Resoconti della persecuzione