(Minghui.org) [Nota dell'editore] Questa serie di articoli sono una ristampa della traduzione italiana del libro pubblicato da Epoch Times, chiamato "Come lo spettro del comunismo controlla il nostro mondo", a cura della redazione dei "Nove Commentari sul Partito Comunista".

Lista dei capitoli

Come lo Spettro del Comunismo controlla il nostro mondo: Prefazione
Come lo Spettro del Comunismo controlla il nostro mondo: Introduzione
Capitolo 1: Le strategie dello Spettro del Comunismo per distruggere l’umanità
Capitolo 2: Gli inizi europei del Comunismo
Capitolo 3: Le uccisioni di massa in Oriente
Capitolo 4: Esportare la Rivoluzione
Capitolo 5: L’infiltrazione comunista in Occidente
Capitolo 6: La ribellione contro Dio
Capitolo 7: La distruzione della famiglia
Capitolo 8: Il Comunismo semina il caos nella politica
Capitolo 9: La trappola economica del Comunismo
Capitolo 10: Utilizzare le leggi per fini malvagi
Capitolo 11: Profanare le Arti
Capitolo 12: Sabotare l’educazione
Capitolo 13: Assoggettare i mezzi di comunicazione
Capitolo 14: Cultura popolare, dall’indulgenza al declino morale
Capitolo 15: Le radici comuniste del Terrorismo
Capitolo 16: I fattori comunisti dietro l’Ambientalismo
Capitolo 17: Le radici comuniste della globalizzazione
Capitolo 18: Le ambizioni di controllo globale del Partito Comunista Cinese
Come lo Spettro del Comunismo controlla il nostro mondo: Conclusione

Cosa è incluso in questa parte?

Capitolo 9: La trappola economica del Comunismo

Capitolo 9 (Parte I): La trappola economica del Comunismo

Indice dei contenuti

1. I Paesi occidentali praticano il Comunismo, ma lo chiamano diversamente
a. Tasse elevate e un imponente Stato sociale
• Socialismo sotto copertura
• Alte tasse
• Un pesante Stato sociale
• I benefici sociali: come diffondere la corruzione e intensificare i conflitti tra ricchi e poveri
• L’utilizzo del welfare per prendere voti
b. L’aggressivo interventismo economico in Occidente
• Gli interventi statali
• La realtà e le conseguenze dell’interventismo
c. L’economia socialista porta al totalitarismo comunista

2. Il Socialismo distopico del Partito Comunista Cinese
a. L’economia cinese: il Comunismo non allenta la presa
b. La verità dietro la crescita economica cinese
c. Le conseguenze del modello economico cinese

3. Le devastazioni del Socialismo nei Paesi in via di sviluppo
a. Il Socialismo continua a infestare l’Europa dell’Est
b. L’economia socialista non ha aiutato le nazioni in via di sviluppo
• Venezuela: come il Socialismo ha portato un Paese prospero alla bancarotta
• Lo Zimbabwe: da granaio dell’Africa alla fame

Note bibliografiche

Capitolo 9 (Parte II): La trappola economica del Comunismo

Indice dei contenuti

4. Proprietà pubblica ed economia pianificata portano alla schiavitù dell’individuo
a. Proprietà pubblica: un giogo del totalitarismo
b. L’economia pianificata è destinata al fallimento

5. La teoria dello sfruttamento di Marx: una fallace inversione di bene e male

6. Odio e invidia: le origini dell’egualitarismo assoluto
a. La promozione dell’egualitarismo economico: una pietra miliare del Comunismo
b. L’impiego dei sindacati per danneggiare le società libere

7. Gli “ideali” comunisti portano in tentazione le persone, fino a distruggerle

Conclusione: prosperità e pace possono essere raggiunte solo grazie a una moralità elevata

Note bibliografiche

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CAPITOLO 9 (PARTE I): LA TRAPPOLA ECONOMICA DEL COMUNISMO

Introduzione

Più di 150 anni fa, Karl Marx ha pubblicato Il Capitale in cui sosteneva l’abolizione della proprietà privata, da tramutare in proprietà pubblica. Un secolo più tardi, la teoria della proprietà pubblica comunista è stata messa in pratica in un terzo delle nazioni del mondo.

Dopo la disintegrazione del blocco sovietico negli anni ’90, molti Paesi dell’Europa orientale si sono sottoposti a una “terapia d’urto”, per tornare all’economia di mercato. Anche altri Paesi non strettamente comunisti, che però avevano messo in atto la nazionalizzazione socialista e sofferto della miseria e della povertà causata dalla proprietà pubblica, non hanno avuto altra scelta che introdurre infine delle riforme di mercato.

Per ottenere il dominio sul globo, lo Spettro del Comunismo ha lanciato attacchi in tutto il mondo. Guardando a quei Paesi che hanno abbandonato il Comunismo o il modello economico socialista, si potrebbe pensare che lo Spettro abbia fallito, ma la realtà non è così semplice: lo Spettro non segue una serie di principi prefissati. Al contrario, i suoi metodi e le sue forme cambiano continuamente in base alla situazione. A volte abbandona o critica direttamente le proprie azioni precedenti, in vista di un obiettivo più grande: questo è particolarmente vero nella sfera economica.

Se infatti si osserva attentamente il sistema economico presente e la realtà dietro di esso, non si può che convenire che lo Spettro del Comunismo abbia esteso i suoi tentacoli in ogni angolo. L’economia di praticamente tutti i Paesi sulla Terra si sta allontanando dai principi del libero mercato, abbracciando invece politiche fantasiose e l’adorazione cieca di tutto quanto faccia parte della sfera statale. Le nazioni stanno perdendo il proprio fondamento morale e gravitano verso il Comunismo. È tempo di svegliarsi di fronte a questa realtà e di opporvisi.

1. I Paesi occidentali praticano il Comunismo, ma lo chiamano diversamente

Nel Manifesto del partito comunista, Marx ha scritto che la teoria del Comunismo può essere riassunta in una frase: abolire il sistema della proprietà privata. A livello individuale questo significa «l’abolizione della personalità, della indipendenza e della libertà del borghese». Per quanto riguarda la società in generale «il proletariato adopererà il suo dominio politico per strappare a poco a poco alla borghesia tutto il capitale, per accentrare tutti gli strumenti di produzione nelle mani dello Stato, cioè del proletariato organizzato come classe dominante, e per moltiplicare al più presto possibile la massa delle forze produttive[1]».

Per ottenere questo obiettivo, i comunisti hanno utilizzato la violenza e le uccisioni di massa. Tuttavia, quando l’uso della violenza non era più considerato “accettabile”, lo Spettro del Comunismo ha concepito altre strategie, considerate “non violente”. Una volta immesse profondamente nella società, risultano difficili da identificare.

I Paesi occidentali hanno adottato molte politiche economiche che potrebbero non sembrare affatto socialiste, né nel nome né nella loro forma, ma che nondimeno giocano il ruolo di restringere, indebolire o eliminare il diritto alla proprietà. Altre indeboliscono i meccanismi della libera impresa, aumentano il potere del governo e conducono ulteriormente la società lungo la via che porta al Socialismo. Tra questi metodi troviamo l’alta pressione fiscale, un esteso sistema di sussidi sociali e un aggressivo interventismo di Stato.

a. Tasse elevate e un imponente Stato sociale

Una caratteristica importante delle economie comuniste o socialiste nei Paesi occidentali è un esteso Stato sociale. Spesso chi si sposta da Paesi comunisti a Paesi occidentali, ha l’impressione che le differenze non siano molte.

  • Socialismo sotto copertura
    Il governo di per sé non genera valore: tutti gli aiuti sociali, infatti, sono pagati dalle persone stesse, mediante le tasse o il debito pubblico. Quando il sistema di sussidi pubblici è imponente, lo Stato in questione è di fatto uno Stato comunista, non è necessario che vi sia stata una rivoluzione violenta.
  • La tassazione elevata, del resto, non è altro che una nazionalizzazione forzata dei beni privati, allo scopo di praticare la ridistribuzione su larga scala. Allo stesso tempo, è un metodo indiretto per eliminare gradualmente il sistema della proprietà privata.

    Il risultato finale di un’alta pressione fiscale è lo stesso della proprietà statale e dell’egualitarismo imposto dai regimi comunisti; l’unica differenza sta nel quando avverrà la nazionalizzazione: se prima o dopo l’inizio delle attività produttive. Nelle economie pianificate di stampo comunista, infatti, i mezzi di produzione sono controllati direttamente dallo Stato. In Occidente, sebbene la produzione sia formalmente controllata dai privati, i ricavi che ne derivano vengono convertiti in beni statali mediante le tasse e i mezzi per la redistribuzione. È simile al furto e al saccheggio delle ricchezze altrui: nei Paesi occidentali, anziché usare la violenza per appropriarsi dei mezzi di produzione, l’utilizzo di mezzi “legali e democratici” porta allo stesso risultato.

    È ragionevole che esistano degli aiuti statali, come per esempio nel caso di disastri naturali e per le vittime di incidenti. Tuttavia, gli aspetti positivi che il sistema degli aiuti di Stato ha in sé vengono facilmente strumentalizzati, tanto che lo Stato sociale diventa una scusa per aumentare le tasse: l’ingombrante presenza dello Stato sociale ha già prodotto le stesse conseguenze distruttive dell’economia pianificata di stampo comunista, per le persone, la società e i valori morali. Per loro natura, i principi economici comunisti portano infatti alla luce il lato oscuro della natura umana: questa è la causa principale per cui lo Spettro sostiene questi valori economici nel mondo, sia nelle società libere che in quelle direttamente controllate da regimi comunisti.

  • Alte tasse
    Il welfare nei Paesi occidentali sviluppati consuma una grande porzione degli introiti fiscali. Si tratta di soldi che arrivano dai privati: non c’è, del resto, altro modo di mantenere tali livelli di “generosità” da parte del governo.
  • Negli Stati Uniti, oltre la metà degli introiti derivanti dalle tasse vengono spesi in sicurezza sociale e sanità. Di questi introiti, l’80% di essi deriva dalle tasse sugli stipendi e dalle tasse per la sicurezza sociale, mentre l’11% deriva dalle tasse sulle imprese[2].

    Molti altri Paesi occidentali hanno sistemi di welfare ancora più imponenti e quindi si spingono anche oltre, rispetto agli Stati Uniti: secondo dati del 2016 raccolti su 35 economie di mercato, pubblicati dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), 27 Paesi presentavano un livello di imposte sul reddito di oltre il 30% I due Paesi con i livelli più alti di questo tipo di tassazione, rispettivamente al 54 e al 49,4%, erano entrambi europei. In Europa molti Paesi applicano un’imposta sul valore aggiunto (l’IVA italiana) che nei settori dell’alimentare e dello shopping, può arrivare fino al 20%[3]. A questa si aggiungono anche altre imposte, come quella sulle imprese.

    Ulteriori dati mostrano che, nel 1900, solo sette dei quindici Paesi analizzati imponevano un’imposta sugli stipendi. La più alta era in Italia, ma era appena del 10%. In Australia, Giappone e Nuova Zelanda vi erano imposte sugli stipendi di circa il 5%. Nel 1950, la media tra i 20 Paesi analizzati superava il 60%. Oggi è lentamente scesa a circa il 40%[4].

    Un alto livello di tassazione non è un peso solo per i ricchi: anche i poveri ne subiscono le conseguenze, in svariati modi. Se infatti i ricchi dispongono di vari mezzi legali per difendersi dalle imposte, i benefici sociali concessi ai poveri spariscono non appena il loro reddito sale oltre una certa soglia. In altre parole, le persone vengono penalizzate se lavorano di più.

  • Un pesante Stato sociale
    Nel 1942, l’economista britannico William Beveridge sosteneva a gran voce lo “Stato sociale”: per citare le sue parole si trattava di un piano «che abbracci tutti: sia a livello di individui che di bisogni[5]». Nella società moderna, il vasto sistema di sussidi sociali copre la disoccupazione, le cure mediche, le pensioni, gli infortuni sul lavoro, l’alloggio, l’istruzione, gli asili e simili, il che va ben oltre il concetto tradizionale di carità nei confronti di chi ha un immediato bisogno.
  • Uno studio della Heritage Foundation ha mostrato che nel 2013, negli Stati Uniti, più di 100 milioni di persone (circa un terzo della popolazione) hanno ricevuto aiuti statali (questo escludendo la sicurezza sociale e le cure mediche) per un costo medio di circa 9 mila dollari a persona [5]. Secondo statistiche dello US Census Bureau, circa il 12,7% della popolazione nel 2016 viveva sotto la soglia di povertà. Eppure, le loro condizioni di vita potrebbero stupire molte persone.

    I sondaggi del governo rilevano infatti che il 96% dei genitori, nelle famiglie al di sotto della soglia di povertà, avesse affermato che i propri bambini non hanno mai sofferto la fame. Quasi il 50% di queste famiglie viveva in una casa indipendente e il 40% in appartamento. Solo il 9% viveva in una roulotte. L’80% delle famiglia aveva l’aria condizionata e il 40% una televisione LCD widescreen. Tre quarti delle famiglie considerate “pover” possedevano almeno una automobile[6]. Sembra proprio che l’etichetta della “povertà” fornisca una scusa per l’espansione del welfare.

    I benefici forniti dal governo statunitense sono inferiori alla media di quelli forniti dai Paesi OCSE. La maggior parte dei cittadini dei Paesi scandinavi e delle nazioni dell’Europa occidentale vantano uno Stato sociale molto più esteso, rispetto agli americani. In Danimarca, per esempio, persino i cittadini più ricchi godono, dalla culla fino alla fossa, di una serie di aiuti che vanno dalla sanità gratuita all’università.

    Prima del collasso economico del Paese, anche in Grecia si godeva ampiamente della quattordicesima e della pensione a 61 anni, che tra l’altro portava a una paga corrispondente a più del 90% dello stipendio precedente. Gli svedesi hanno diritto anche fino a 550 giorni di malattia consecutivi. L’ingigantimento dello Stato sociale, che dal suo tradizionale ruolo di aiutare in casi di emergenza, si è trasformato in una costante per l’intera popolazione, è in effetti parte del piano dello Spettro, volto ad imporre un’economia di stampo comunista in tutto il pianeta.

  • I benefici sociali: come diffondere la corruzione e intensificare i conflitti tra ricchi e poveri
    Da un punto di vista economico, l’essenza dello Stato sociale sta nel prendere soldi da alcune persone e trasferirne il valore ad altre. Il governo è responsabile della redistribuzione della ricchezza: questo rende meno importante il principio secondo cui bisogna lavorare, per ottenere guadagnare. Il venir meno di questo principio morale è particolarmente evidente in Nord Europa: lo studioso svedese Nima Sanandaji ha dimostrato questa idea utilizzando i dati del World Value Survey, secondo cui nei primi anni ’80, l’82% degli svedesi e l’80% dei norvegesi era d’accordo con il fatto che fosse sbagliato ricevere benefici statali, senza averne diritti. Quando lo stesso sondaggio è stato tenuto in Norvegia e in Svezia — rispettivamente nel 2005 e nel 2008 — solo il 56% dei norvegesi e il 61% degli svedesi si è detto d’accordo con la stessa affermazione[7].
  • All’interno di un generoso sistema di welfare, chi lavora duramente riceve meno profitti, mentre chi risulta essere meno produttivo e intraprendente viene premiato con dei benefici. Con l’andare del tempo, questa mentalità danneggia le tradizioni morali, dato che chi si è abituato a dipendere dai sussidi statali perde l’ingegno, l’indipendenza, il senso di responsabilità e la diligenza dei propri progenitori. Il sistema di “aiuti” viene dato per scontato, si arriva persino a considerare il welfare come un diritto umano. Si forma quindi l’abitudine a dipendere dal governo, il quale viene tenuto in ostaggio dal sistema stesso, e costretto a erogare “aiuti” in modo continuativo. I valori sociali a quel punto cambiano quasi irreversibilmente. Proprio come la rana che viene bollita lentamente senza che se ne accorga, lo Spettro del Comunismo utilizza il sistema dei sussidi sociali, per “bollire” poco a poco la saggezza e l’etica delle persone, arrivando ad annientarle.

    I forti aiuti governativi rendono quasi superflui i tradizionali enti di beneficenza, privando i donatori della possibilità di fare del bene, e sottraendo ai beneficiari il sentimento di gratitudine verso il donatore.

    Nella forma tradizionale di società, la carità era un qualcosa che il singolo faceva di propria volontà e scelta, mediante un aiuto diretto ai meno fortunati o tramite una donazione a organizzazioni che si occupano di beneficenza. I donatori e i destinatari dell’aiuto erano persone fisiche e poter ricevere un tale aiuto era considerato un privilegio, non un diritto. Chi veniva aiutato provava gratitudine per la bontà dei donatori e si sentiva motivato a usare il dono, dandosi da fare per migliorare la propria condizione. Chi, grazie alla carità, riusciva a rifarsi una vita, probabilmente finiva per restituire il favore, qualora il donatore si fosse ritrovato in futuro in difficoltà.

    Alexis de Tocqueville, filosofo e politico francese, ha osservato infatti che la carità combina le virtù della generosità e della gratitudine, che interagiscono tra loro migliorando la società ed esercitando un’influenza positiva sul livello morale della stessa. Nel frattempo, la relazione tra donatori e riceventi poteva appianare i conflitti e l’antagonismo tra ricchi e poveri: le attività caritatevoli mettevano in contatto membri di classi economiche differenti[8].

    L’inflazionato sistema del welfare moderno aliena donatori e destinatari degli aiuti, perché rende il processo della carità un processo burocratico. I ‘donatori’ di oggi sono i contribuenti, che sono costretti a rinunciare alla propria ricchezza, anziché liberi di condividerla volontariamente. Al contempo, i destinatari degli aiuti non hanno alcuna connessione con i benefattori e quindi non provano alcuna gratitudine per il loro sacrificio.

    Tocqueville riteneva che il welfare sociale esacerbasse i conflitti tra ricchi e poveri, in quanto, vedendosi sottratte le proprie ricchezza, i ricchi provano risentimento nei confronti delle classi che vengono aiutate. Secondo Tocqueville, poi, anche i poveri continuano a sentirsi scontenti, dato che iniziano a dare per scontati gli aiuti: «Una classe vede ancora il mondo con paura e disgusto, mentre l’altra considera con angoscia e invidia la propria sfortuna[9]».

    Il sistema dello Stato sociale odierno, ormai aumentato a dismisura, è invece fonte di gelosia e conflitto politico, ed è utilizzato dallo Spettro del Comunismo per distruggere l’etica delle persone e l’armonia sociale. Questo si è visto durante la crisi economica della Grecia: in quel contesto, piuttosto che tra ricchi e poveri, il conflitto avrebbe dovuto verificarsi tra la classe media e quella superiore, in quanto per i membri di quest’ultima, l’evasione fiscale era diventata uno «sport nazionale», secondo i politici greci citati in un articolo pubblicato da The Economist [10]. Allo stesso tempo, per non perdere base del suo elettorato, il governo greco è ricorso a ingenti prestiti per coprire la diminuzione del gettito fiscale; lo scopo era quello di mantenere lo stesso livello di welfare degli altri Paesi europei.

    Dopo la crisi economica, il governo greco ha cercato di ridurre la presenza dello Stato sociale, ma la popolazione si è dimostrata fortemente contraria. Il popolo ha puntato gli occhi sui ricchi, e ha chiesto tasse ancora più alte per questi ultimi, cosa che ha creato un problema che la Grecia ancora non sa come risolvere.

    Il sistema dello Stato sociale mina l’etica del lavoro tradizionale e fa sentire le persone di avere diritto a “qualcosa” che non in realtà non è stato guadagnato tramite i propri sforzi. L’imprenditorialità viene punita e l’intera economia ne soffre.

    Nel 2010, uno studio empirico effettuato da Martin Halla, Mario Lackner e Friedrich G. Schneider, tre economisti austriaci, ha prodotto dati che dimostrano come i sussidi sociali portino a disincentivare il duro lavoro nel lungo periodo. Questo risultato può essere dimostrato solo dopo un lungo periodo di tempo. I tre economisti hanno quindi concluso che le dinamiche dello Stato sociale sono in contrasto con la salute dell’economia di una nazione[11].

  • La cultura della povertà
    Nel 2012, il New York Times ha pubblicato un articolo dal titolo Profiting From a Child’s Illiteracy [Trarre vantaggio dai figli analfabeti] in cui si descrive l’impatto delle politiche sociali sulle famiglie di basso reddito sui monti Appalachi, nella parte orientale degli Stati Uniti.
  • L’articolo si sofferma sulle molte famiglie povere che avevano deciso di non mandare i figli a scuola. Il motivo? Per poter rientrare nei criteri per ricevere i sussidi statali. «I padri e le madri temono che se i loro figli imparassero a leggere, risulterebbe per loro meno probabile ottenere l’assegno mensile per la disabilità intellettiva».

    «Molte persone qui vivono in roulotte, sono povere e disperate; un assegno di 698 dollari al mese per ogni figlio, da parte del programma “Supplemental Security Income” è di grande aiuto; e l’assegno arriva fino ai 18 anni di età del figlio[12]».

    Il programma di aiuti sociali in questione è stato introdotto circa 40 anni fa con l’obiettivo di aiutare le famiglie a crescere i figli che soffrono di disabilità fisiche o mentali. Quando il New York Times ha pubblicato l’articolo, le statistiche dicevano che il 55% dei bambini destinatari dell’aiuto avevano disabilità mentali, ma senza che fosse stata loro diagnosticata una malattia mentale precisa. Negli Stati Uniti ci sono ora un totale di circa un milione e 200 mila bambini con “deficienze mentali” per le quali i contribuenti pagano circa 9 miliardi di dollari ogni anno[13].

    Si tratta di un caso tipico di come il sistema degli aiuti statali e i lati negativi della natura umana si alimentino tra loro, fino a formare in un circolo vizioso. Nonostante le buone intenzioni che animano coloro che sostengono e creano politiche per i sussidi sociali, il risultato è che si finisce per aiutare lo Spettro del Comunismo a raggiungere l’obiettivo di abbattere e distruggere l’Umanità. Più di un secolo fa, Tocqueville osservava che i programmi di sussidi sociali non fanno distinzione tra gli individui, ma solo tra gruppi, divisi per soglie di povertà. Questo rende difficile fornire aiuti in maniera efficace, dato che è impossibile sapere se gli individui che rientrano nel criterio scelto stiano effettivamente soffrendo a causa di circostanze al di fuori del proprio controllo o se la loro “sfortuna” sia stata creata intenzionalmente[14].

    Abusare degli aiuti di Stato non si ripercuote solo sulle finanze pubbliche, ma ha anche un effetto negativo sul futuro dei bambini che crescono all’interno di questo sistema. Una ricerca condotta nel 2009, ha scoperto che due terzi delle persone che avevano ricevuto sussidi da bambini avevano poi continuato a riceverli da adulti; è possibile che rimarranno in quella condizione per tutta la loro vita[15].

    Allo scopo di ottenere vantaggi elettorali, il termine “disabilità” sta ampliando sempre più il proprio raggio, arrivando a comprendere segmenti sempre più vasti della popolazione che saranno i nuovi destinatari degli aiuti. Il criterio che determina chi abbia diritto a sussidi e servizi sociali crea un’atmosfera negativa che incoraggia a utilizzare in maniera disonesta questi benefici. Quello che ne risulta è una regressione morale e un malessere economico, condizioni che aiutano lo Spettro del Comunismo a ottenere i suoi scopi.

    Il welfare sociale dovrebbe essere una misura d’emergenza, per aiutare chi ha davvero bisogno: è efficace in circostanze come incidenti sul lavoro, epidemie, disastri naturali e così via. Non dovrebbe diventare un mezzo di sussistenza normalizzato, è appurato che i sussidi statali e simili non possono risolvere il problema della povertà. Il presidente americano Lyndon B. Johnson ha lanciato la “guerra alla povertà” nel 1964. Cinquant’anni dopo il conto per i contribuenti americani ha toccato quota 2.200 miliardi di dollari per programmi di welfare sociale[16]. Eppure, stando alle statistiche dell’Ufficio del censimento degli Stati Uniti, il tasso di povertà è rimasto costante negli ultimi 40 anni[17].

    Secondo William Arthur Niskanen, un economista americano, il sistema del welfare ha generato una “cultura della povertà”. La conseguenza è circolo vizioso di dipendenza dagli aiuti governativi, di figli generati al di fuori del matrimonio, di crimini violenti, alta disoccupazione e aumento degli aborti. In una sua ricerca, su dati raccolti in tutti gli Stati Uniti per l’anno 1992, ha previsto gli effetti dell’aumentare gli aiuti alle famiglie dal basso reddito con figli a carico. I destinatari degli aiuti sono aumentati di circa il 3%; il numero delle persone sotto la soglia di povertà è aumentato dello 0,8%; le nascite in famiglie composte solo da una madre single sono aumentate di circa il 2,1%; il numero di adulti disoccupati aumentato dello 0,5%; crimini violenti e aborti sono aumentati [18]. Le scoperte di Niskanen suggeriscono che un forte sistema di welfare aumenti la dipendenza dal sistema e scoraggi la responsabilità individuale.

    La disintegrazione dell’istituzione della famiglia è un ingrediente chiave nella “cultura della povertà”. In uno studio sulla povertà tra i neri negli Stati Uniti, sia nella società contemporanea che più indietro nel tempo, l’economista Walter E. Williams ha scoperto che l’85% dei bambini neri in situazione di povertà vivevano in una famiglia composte solo da una ragazza madre single. Il sistema del welfare promuove questo fenomeno, dato che incoraggia le madri single a vivere senza prendersi la responsabilità delle proprie azioni: ottengono dal governo aiuti, sussidi per l’alloggio, buoni pasto e altro. Il welfare è stato strumentale a portare avanti il fenomeno dei genitori single, causando ulteriore povertà[19].

    Nonostante il sistema degli aiuti di Stato sia andato espandendosi sempre di più negli ultimi decenni, il divario tra ricchi e poveri è aumentato costantemente: il salario medio, corretto in base all’inflazione, è aumentato con grandissima lentezza, mentre la ricchezza fluisce sempre più verso le classi alte della società. È emersa inoltre una classe di lavoratori poveri. La Sinistra brandisce questi problemi sociali per spingere verso un governo sempre più forte, per tasse sempre più alte e un sistema di Stato sociale sempre più esteso, finendo per esacerbare ancora di più il problema della povertà che intende combattere.

  • L’utilizzo del welfare per prendere voti
    I politici di Sinistra promuovono spesso il welfare e l’alta tassazione. Mentre cercano di passare come i detentori di una sorta di superiorità morale, utilizzano una varietà di slogan elettorali per convincere chi dovrà votare della nobiltà della propria causa. Non sono di fatto loro a sostenere materialmente i costi dello Stato sociale: il loro metodo consiste semplicemente nel sottrarre la ricchezza alla classe media e a quella più ricca, per poi distribuirla a chi fa parte dei “poveri”.
  • Dato che il sistema del welfare nasconde la relazione tra donatore e destinatario dell’aiuto, i politici possono affermare tranquillamente di aver avuto un ruolo cruciale in questo processo. Ricevono quindi la gratitudine dei destinatari, sotto forma di voti alle successive elezioni.

    b. L’aggressivo interventismo economico in Occidente

  • Gli interventi statali
    Al presente, i governi del mondo libero stanno già praticando un forte interventismo nei propri sistemi economici nazionali. Una delle cause sono state proprio le politiche del welfare, sviluppatesi sotto l’influenza del Socialismo, che hanno incrementato il ruolo dello Stato nella ridistribuzione della ricchezza.
    Un evento che ha dato ulteriormente impulso a questa tendenza è stata la Grande depressione degli anni ’30. A seguito della crisi, infatti, la società occidentale è stata fortemente influenzata dalle teorie dell’economia keynesiana, che sostengono l’intervento attivo dello Stato e la regolazione dell’economia mediante la finanza.
  • Un evento che ha dato ulteriormente impulso a questa tendenza è stata la Grande depressione degli anni ’30. A seguito della crisi, infatti, la società occidentale è stata fortemente influenzata dalle teorie dell’economia keynesiana, che sostengono l’intervento attivo dello Stato e la regolazione dell’economia mediante la finanza.

    In una società normale, il ruolo del governo è limitato. Solo in situazioni eccezionali, lo Stato dovrebbe intervenire nella sfera economica; un esempio è quando si verifica un disastro naturale o qualche altra crisi. Tuttavia la teoria keynesiana ha conquistato il mondo e i governi di tutti i Paesi fanno a gara per ottenere un controllo ancora maggiore sulla propria economia.

    Quando il governo ha un ruolo attivo nell’economia, ogni suo atto ha un effetto a catena sul mercato. Nuove leggi e decreti possono fare e disfare interi settori, cosa che rende molte imprese e molti investitori dipendenti dalle decisioni del governo. Lo Stato, che tradizionalmente si limitava a promulgare e applicare leggi, è ora diventato un partecipante chiave nell’arena economica. Proprio come l’arbitro di una partita di calcio, lo Stato è diventato colui che controlla e regola il capitale in quella che un tempo era un’economia dei privati, rimpiazzando la “mano invisibile” con la sua “mano visibile”.

    Un controllo finanziario attivo, combinato con un forte Stato sociale, ha causato il grave indebitamento di molti governi. Secondo dati OCSE, infatti, più di metà degli Stati membri ha un debito pubblico vicini al 100% del PIL; il debito di alcuni Paesi ha superato il 200% della propria produzione economica[20]. Questo costituisce un grande problema per il futuro sociale ed economico di molti Paesi.

    Ronald Coase, economista e premio Nobel ha prodotto numerosi studi sull’impatto dell’intervento governativo e ha reso noto che esso produce quasi sempre risultati negativi. Coase ritiene che la crisi dell’intervento statale nella sfera economica abbia raggiunto il punto di «far diminuire i rendimenti decrescenti[21]». Nonostante tutto questo, i governi sono diventati sempre più attivi nel condizionare l’economia, portandola sempre più sotto il controllo dello Stato.

  • La realtà e le conseguenze dell’interventismo
    L’interventismo di Stato ha principalmente due grandi conseguenze.
  • La prima è che il potere dello Stato si espande, sia in termini dei compiti che arriva a svolgere, sia dell’influenza che ricopre nella società. I funzionari governativi sono quindi sempre più tracotanti nel voler interferire con l’economia e nel far giocare allo Stato il ruolo del “salvatore”. Dopo aver gestito una crisi che richiede di dare maggiore potere allo Stato, il governo vorrà mantenere queste funzioni acquisite e questo nuovo potere.

    La seconda conseguenza è che l’interventismo genera maggiore dipendenza dal governo: quando gli imprenditori o i lavoratori incontrano delle sfide, o quando il libero mercato non arriva a portare i benefici desiderati, sono le persone stesse a sostenere maggiori interventi statali: la loro aspirazione è che sia lo Stato a soddisfare le loro richieste e desideri.

    Con l’aumentare del potere dello Stato, le imprese private si indeboliscono e il libero mercato ha meno spazio per funzionare. Chi ha beneficiato dell’aiuto dei politici ne è diventato di fatto “dipendente”: è indubbio che tali persone richiederanno un ruolo sempre più attivo al governo, e che quest’ultimo si prenda il compito di distribuire la ricchezza con leggi apposite.

    In Occidente è presente una forte corrente politica che spinge la società a sinistra. Questo movimento include i seguaci della Sinistra originale (come i socialisti e i comunisti), ma anche coloro che non vi sono tradizionalmente associati, ma che sono stati “attirati” dai primi. Queste forze, seppur in apparenza diverse, incoraggiano il governo a intervenire maggiormente nel comparto economico e a influenzare il funzionamento delle imprese private.

    Queste difficoltà create all’attività economica normale sembrano essere causate da movimenti sociali diversi, ma di fatto è lo Spettro del Comunismo a gestirne le redini.

    I governi occidentali, per difendere la propria autorità nel settore pubblico, battono sul tamburo dell’uguaglianza e usano scuse politiche; il tutto è volto ad aumentare l’interventismo statale. Da non dimenticare che vengono emanate leggi e regolamenti appositi, per mantenere questo sistema in modo permanente. Non vi è alcun dubbio che questo comportamento privi le economie di mercato dei loro principali giudici e arbitri: la libera volontà di ciascuna persona. Espandere l’autorità statale sul mercato libero significa trasformarlo gradualmente in una economia pianificata. Le implicazioni a lungo termine sono che tutti gli aspetti dell’economia e della vita sociale saranno sotto il controllo pubblico. Verranno utilizzati mezzi economici per consolidare il potere politico, schiavizzando così la società e i suoi cittadini.

    Mediante l’impiego di politiche che in apparenza sembrano benigne, ma che di fatto portano gradualmente la struttura economica a diventare centralizzata, lo Spettro sta accompagnando passo dopo passo l’umanità verso il Comunismo vero e proprio.

    c. L’economia socialista porta al totalitarismo comunista

    Alte tasse, esteso welfare sociale e forte interventismo dello Stato sono tutti elementi del Socialismo all’interno del sistema capitalista occidentale. Il Socialismo e l’economia pianificata hanno in comune la stessa natura: entrambi utilizzano l’autorità statale per manipolare l’economia. Alla base di entrambi c’è la fede nell’onnipotenza del governo, a cui viene concesso di giocare a fare Dio.

    Per come stanno le cose, l’unica differenza tra il forte interventismo statale in Occidente e l’economia pianificata dei Paesi comunisti è che, nei Paesi liberi, la legge e alcuni aspetti basilari del sistema capitalista proteggono i diritti umani, impedendo un controllo totale dei cittadini da parte del governo.

    Friedrich Hayek, un importante economista e filosofo austriaco, ha messo in guardia contro la pianificazione economica e la redistribuzione della ricchezza — attività gestite unicamente dallo Stato — affermando che sarebbero entrate in conflitto con il libero mercato. La conseguenza sarebbe stata la nascita di un totalitarismo, indipendentemente dal fatto che il sistema di partenza fosse democratico o meno. Hayek credeva che nonostante il Socialismo praticato in Europa e Nord America fosse diverso dalla proprietà pubblica e dall’economia pianificata presenti nei Paesi comunisti, il risultato sarebbe stato lo stesso: le persone avrebbero perso sia la loro libertà che i mezzi per la propria sussistenza; l’unica differenza è che sarebbe successo più lentamente e in modo meno diretto[22].

    Come è stato già fatto notare precedentemente, Marx, Engels e Lenin vedevano il Socialismo come un passo fondamentale sul sentiero che porta al Comunismo. Il percorso di un treno verso la sua destinazione non viene influenzato dal fatto che si debba fermare a una stazione. Allo stesso modo, lo Spettro del Comunismo è la forza portante dietro un Paese che si muove verso il Socialismo.

    Una volta che l’umanità dimentica la tradizione – che sia nella sfera economica o in altre aree – e accetta l’ideologia comunista, la velocità degli sviluppi successivi è irrilevante: prima o poi, la destinazione verrà raggiunta.

    La destinazione non sarà certo il paradiso in Terra, ma la distruzione dell’Umanità. Lo Spettro non si preoccupa di realizzare realmente un “paradiso”: non è altro che un’esca per attirare le persone e condurle alla rovina.

    2. Il Socialismo distopico del Partito Comunista Cinese

    Dopo che l’economia pianificata aveva causato disastri e ridotto la Cina alla povertà, alla fine degli anni ‘70 il PCC si è trovato costretto ad imbarcarsi in un processo di “riforme e apertura”: ha quindi introdotto elementi del libero mercato nella società cinese. Molti ritengono che oggi il PCC sia diventato capitalista, ma questo è molto lontano dalla verità.

    a. L’economia cinese: il Comunismo non allenta la presa

    Per convenienza, il PCC ha liberalizzato alcuni aspetti dell’economia cinese: per esempio ha permesso l’esistenza di imprese private. Tuttavia, questo non significa che i comunisti abbiano allentato la presa: al contrario, la riforma economica non è nient’altro che una strategia per continuare a mantenere il potere, e per ingannare il mondo.

    Il modello comunista cinese è una mostruosa combinazione di Socialismo, interventismo statale ed economia di mercato. Nonostante le imprese private esistano, il PCC non ha mai concesso al popolo alcun reale diritto alla proprietà privata: tutte le risorse e i terreni, infatti, sono a disposizione del Partito. Allo stesso tempo, il PCC impiega il potere statale per imporre uno stretto controllo sulle questioni economiche. Ancora oggi attua la pianificazione nazionale su larga scala, in quella che dovrebbe essere considerata una vera e propria economia del potere. Il “libero mercato”, infatti, è solo un mezzo impiegato dello Stato per stimolare la produzione: non è realmente indipendente e non sono nemmeno presenti delle istituzioni che lo sostengano per garantirne il funzionamento.

    La divisione dei poteri è assente e non vi è alcun chiaro sistema che regoli il diritto alla proprietà. Il tasso di cambio non si regola in maniera naturale, il flusso di ricchezza nel Paese e dal Paese è controllato, le aziende che operano sul mercato globale sono strettamente sorvegliate. Il PCC sostiene le aziende cinesi tramite sussidi governativi e rimborsi sulle aliquote che i Paesi stranieri applicano sulle merci cinesi. Lo scopo del PCC è battere nella gara dei prezzi le aziende straniere che sono concorrenti di quelle cinesi. In questo modo, ha distrutto quello che era il normale ordine del commercio mondiale. In Cina, le attività economiche di una certa dimensione contribuiscono al raggiungimento di fini politici: le libertà economiche delle imprese e degli individui sono subordinate ai capricci dello Stato e possono venire revocate in qualunque momento.

    È precisamente per queste ragioni che l’Organizzazione Mondiale del Commercio ha rifiutato per lungo tempo di riconoscere alla Cina lo status di economia di mercato.

    Molti governi occidentali speravano ingenuamente che lo sviluppo economico avrebbe portato la liberalizzazione politica e la democrazia in Cina. Al contrario, il Capitalismo statale, in Cina, è stato impiegato per alimentare l’organismo socialista e per rafforzare la posizione di comando del Partito, perché potesse proseguire sul suo sentiero malvagio.

    Provvisto di maggiori mezzi finanziari, il PCC ha sottoposto il popolo a forme di repressione più brutali e sofisticate. Nel luglio del 1999 regime ha dato avvio alla persecuzione del Falun Gong, che ha colpito 100 milioni di persone. Questa guerra contro i principi universali di verità, compassione e tolleranza continua fino ad oggi.

    Dal 2009, il PCC ha speso più di 500 miliardi di yuan all’anno (circa 65 miliardi di euro) per poter “mantenere la stabilità sociale”, ovvero mantenere il controllo sulla popolazione.

    b. La verità dietro la crescita economica cinese

    Negli ultimi 40 anni il PIL cinese è cresciuto in maniera estremamente rapida. Ciò ha portato un gran numero di persone, dal cittadino comune all’esperto di economia, a credere nella superiorità dell’economia socialista: in Occidente varie personalità del mondo accademico e politico sono rimasti meravigliati dall’efficienza di questo sistema totalitario.

    La realtà è che il modello economico costruito dal PCC non può essere duplicato. Da un lato, le ragioni alla base della sua crescita economica dimostrano l’instabilità interna del sistema socialista; dall’altro, sono evidenti un’abbondanza di anomalie e perversioni create dalla sua economia del potere, priva di una base morale.

    La crescita economica cinese negli ultimi 40 anni è dovuta in gran parte ad alcuni fattori, di seguito delineati.

    1. L’alleggerimento dei vincoli dell’economia statale e l’abbandono della pianificazione centrale. A seguire il settore privato è stato rivitalizzato, il che ha dato all’economia cinese una potente spinta produttiva. I cinesi sono un popolo di persone intelligenti e che lavorano duramente; per decenni il PCC aveva ostacolato la possibilità di poter lavorare in proprio e mantenuto la popolazione in uno stato di povertà; una volta aperta la porta al settore privato la fiammella della motivazione a mettersi al lavoro è divampata, e con questa l’enorme potere economico cinese.

    2. L’enorme influsso di capitale e di tecnologia proveniente dall’Occidente, durante il periodo delle riforme. Sotto l’economia pianificata, molte risorse non venivano del tutto utilizzate, come la terra, la capacità lavorativa e il mercato in generale. Era come se la Cina fosse seduta su una montagna d’oro, il cui prezzo non era stato ancora determinato. La combinazione degli investimenti di capitale e di tali risorse, che ancora non erano del tutto sviluppate, hanno innescato la miccia della crescita economica cinese. Se non fosse stato per il governo totalitario del PCC, questo “fuoco” si sarebbe acceso decenni prima, in modo più controllabile e sostenibile.

    La portata degli investimenti occidentali nel Paese del Dragone è immensa. Secondo dati pubblici, gli investimenti diretti dagli Stati Uniti alla Cina hanno raggiunto gli 800 miliardi di dollari tra il 2000 e il 2016[23]. Il valore totale del capitale straniero che è entrato in Cina dal 1979 al 2015 è stato di 1.640 miliardi [24].

    I Paesi occidentali hanno persino garantito al regime cinese lo status di “Paese di origine preferenziale per il commercio”, oltre a un ampio accesso al mercato internazionale. A maggio del 2000 il governo statunitense ha approvato una serie di normative per regolare gli accordi commerciali con Pechino; l’11 dicembre 2001 la Cina è entrata formalmente nell’Organizzazione Mondiale del Commercio, entrando quindi nel mercato internazionale dalla porta principale.

    3. L’utilizzo di metodi immorali per sviluppare la propria potenza economica. Alcuni esempi sono lo sfruttamento dei lavoratori e dei contadini; la demolizione coatta delle abitazioni dopo aver sfrattato forzatamente chi ci viveva. Per raggiungere una crescita economica in breve tempo, il PCC non si è preoccupato delle conseguenze di inquinare l’ambiente: ha voluto succhiare ogni goccia che potesse portare un profitto materiale, che provenisse dalla Terra o dai cittadini cinesi.

    Il PCC si è approfittato dei capitali, delle tecnologie, dell’ingresso ai mercati occidentali, delle relazioni commerciali favorevoli e della produzione interna a basso costo: il tutto per ottenere grandi somme in riserve di valuta estera. Il disavanzo commerciale tra Stati Uniti e Cina è cresciuto infatti da circa 80 miliardi nel 2000 a più di 375 miliardi nel 2017.

    4. Capovolgere le convenzioni presenti nel commercio internazionale.

    Il PCC ha messo le mani su ogni possibile opportunità disponibile, senza preoccuparsi di cosa fosse corretto e di cosa non lo fosse. Ha adottato e portati avanti una strategia per derubare sistematicamente gli altri Paesi delle loro proprietà intellettuali, con l’obiettivo di superare l’Occidente nei settori manifatturieri e tecnologici: si tratta del più grande furto in tutta la Storia.

    Nel 2017 la Commissione sul Furto della Proprietà Intellettuale Americana [un gruppo indipendente costituito membri provenienti dal mondo diplomatico, politico ed economico NdT] ha pubblicato un rapporto nel quale sostiene come i beni contraffatti, i software pirata e il furto di segreti commerciali da parte della Cina causano agli Stati Uniti una perdita stimata tra i 225 e i 600 miliardi di dollari all’anno.

    Questa stima non include le perdite dovute al furto della proprietà intellettuale (principalmente da parte della Cina), che si stima abbia portato alla perdita di altri 1.200 miliardi di dollari tra il 2014 e il 2017[25][26].

    Un rapporto prodotto della Direzione del Servizio di Intelligence Nazionale americano afferma inoltre che il 90% degli attacchi informatici contro aziende statunitensi proviene dal governo cinese, causando un danno annuale all’economia di 400 miliardi di dollari [27].

    Riassumendo i quattro punti qui sopra vediamo che la crescita economica cinese è stata il risultato dell’aver allentato le maglie dell’ideologia socialista nel campo economico; dell’aver permesso ai Paesi occidentali di investire in Cina e dalla condotta immorale del PCC nel gestire le relazioni commerciali, sia all’interno che all’esterno della Cina stessa.

    In nessun modo questo indica una superiorità del Socialismo, come non indica che il Partito si stia sviluppando su un sentiero che può essere considerato capitalista.

    Gli “osservatori” e gli “esperti” occidentali a volte descrivono questo modello economico senza scrupoli come “Capitalismo di Stato”, ma si tratta di un complimento immeritato: sotto il regime totalitario del PCC, non vi è vero Capitalismo. L’economia non è altro che uno strumento politico nelle mani del PCC. L’economia di mercato è infatti soltanto un’apparenza superficiale che il PCC usa per ingannare il mondo.

    Nel modello economico utilizzato dal PCC l’autorità dello Stato forza un rapido sviluppo economico, con l’ausilio di trucchi disonesti. Avendo notato un iniziale successo di tale modello, altri Paesi lo hanno copiato, mettendo quindi in atto interventi statali sempre più pesanti. Così facendo hanno commesso il terribile errore di idolatrare il modello del Partito, ignorando le tragedie umane e morali che lo accompagnano.

    c. Le conseguenze del modello economico cinese

    Il modello economico utilizzato dal PCC ha portato al collasso dei valori morali. Il tutto è esattamente in linea con l’obiettivo dello Spettro del Comunismo di distruggere l’umanità: la potenza economica del PCC va di pari passo con l’erosione dei principi etici e spinge le persone verso un pozzo senza fondo, dove il nichilismo e il vizio la fanno da padrone.

    La Cina moderna è inondata di beni fasulli, cibo avvelenato, pornografia, droghe, gioco d’azzardo e bande criminali: la corruzione e la prostituzione sono diventate conquiste di cui vantarsi, mentre la fiducia a livello sociale è praticamente inesistente. Il divario tra ricchi e poveri è in aumento e va di pari passo con i conflitti sociali e gli abusi giuridici.

    In questa economia del potere, è considerato “normale” per i cinesi chiudere entrambi gli occhi davanti alla sofferenza dei propri concittadini; mentre i funzionari del Partito sfruttano la propria autorità per accumulare ricchezze, l’enormità della corruzione aumenta quanto più la posizione sociale è elevata. L’appropriazione indebita di cifre stratosferiche — milioni di dollari — non scuote gli animi. Non vi è alcun governo che possa essere altrettanto corrotto ed eticamente degenerato come il regime comunista cinese.

    Ottobre 2011: il mondo è rimasto scioccato dalla morte di Yueyue, una bambina di 2 anni della Provincia del Guangdong, investita da un camion. Invece che cercare aiuto, l’autista ha inserito la retromarcia e ha investito di nuovo la piccola, per assicurarsi che morisse. Diciotto persone sono passate di lì senza fermarsi. La bambina, ancora in vita, è deceduta in seguito in ospedale.

    Sulla stampa internazionale non sono mancati articoli per chiedersi cosa fosse successo all’anima del popolo cinese, ma non dovrebbe essere una sorpresa per chi si ritiene un “esperto di Cina”. La morte della piccola Yueyue, schiacciata da un camionista senza cuore, anche se non poneva alcuna minaccia, è riflesso lampante della società cinese nel suo complesso.

    Una crescita economica così potente e rapida come quella cinese, non può che essere caotica, di breve durata e portare a disastri, dato che non va di pari passi con il mantenimento di valori etici.

    A causa delle politiche disumane del PCC, i conflitti sociali abbondano e gli equilibri ambientali sono sull’orlo del collasso; le conseguenze del degrado morale saranno fatali.

    Il governo cinese si definisce un Paese potente, ma la sua forza è illusoria: la sua prosperità superficiale, costruita sulla ricerca irresponsabile del guadagno, è destinata a crollare sotto i colpi della crisi morale e del conflitto sociale che ne scaturisce. Non vi è alcun futuro radioso per la Cina, fintanto che si trova all’interno della trappola dello Spettro del Comunismo. L’intenzione non è garantire una crescita sana e sostenibile: il suo scopo è distruggere la Cina.

    3. Le devastazioni del Socialismo nei Paesi in via di sviluppo

    a. Il Socialismo continua a infestare l’Europa dell’Est

    Al giorno d’oggi i Paesi occidentali sviluppati praticano un Socialismo “nascosto”, al contrario del Partito Comunista Cinese, che invece impone il suo pungo di ferro alla luce del sole. Nell’Europa dell’Est, lo Spettro del Comunismo continua a infestare la regione: il motivo è che i crimini commessi dai regimi dell’ex blocco sovietico non stati pienamente riconosciuti e condannati.

    La persistente presenza del Comunismo nell’Est Europa può essere osservata tramite vari aspetti, presenti nella politica e nell’economia. In Russia e in Bielorussia sono tutt’ora presenti potenti imprese statali, forte welfare e politiche interventiste aggressive.

    Durante il periodo di transizione dopo la fine “ufficiale” del Comunismo, i Paesi dell’Est Europa hanno vissuto delle crisi caratterizzate da crescita lenta e alta disoccupazione. Questo ha incoraggiato un ritorno al Comunismo e al Socialismo, ma utilizzando nuove modalità. Lo Spettro del Comunismo non è ancora stato scacciato: i partiti di Sinistra sono stati animati da un nuovo vigore e hanno alimentato la nostalgia delle persone verso il passato socialista[28].

    b. L’economia socialista non ha aiutato le nazioni in via di sviluppo

    Negli anni ’60, molte delle le nazioni in via di sviluppo in Asia, Africa e America Latina, da poco diventate indipendenti, aprirono le porte all’ideologia socialista; il risultato fu un caos sociale ed economico. Esempi più recenti includono il Venezuela e lo Zimbabwe.

    Il Venezuela era il Paese più ricco dell’America Latina, prima che anni di Socialismo portasse l’economia al collasso: la crisi che affligge il Paese — povertà, crimine e fame — è un esempio del lavoro dello Spettro del Comunismo. Stesso discorso per lo Zimbabwe, che a sua volta, era il Paese africano più ricco. Si sta rialzando lentamente dopo il dominio di Robert Mugabe, che ha soffocato l’economia del Paese utilizzando l’ideologia marxista-leninista e portando l’inflazione a livelli disastrosi.

  • Venezuela: come il Socialismo ha portato un Paese prospero alla bancarotta
    Il Venezuela possiede considerevoli riserve di petrolio. Negli anni ’70, era il Paese dalla crescita più rapida in America Latina, dal più basso livello di disuguaglianza dei redditi e dal più alto PIL pro capite nella regione [29]. L’economia relativamente libera del Venezuela aveva attratto personale qualificato dall’Italia, dal Portogallo e dalla Spagna.
    Insieme alla protezione dei diritti di proprietà, dal 1940 al 1970, i fattori sopra esposti hanno permesso una rapida crescita dell’economia della nazione[30].
  • Il disastro è arrivato nel 1999, quando un nuovo presidente è salito al potere, e il Paese si è votato a un programma di nazionalizzazione che ha finito per portare nel caos l’economia. Il presidente aveva dichiarato pubblicamente di voler praticare «un Socialismo del XXI secolo [21].

    Per costruire questo “sogno socialista”, il governo ha requisito o nazionalizzato molte aziende private in svariati settori: petrolio, agricoltura, finanza, industria pesante, acciaio, telecomunicazioni, energia, trasporti, turismo.

    Questo processo è stato ulteriormente accelerato ulteriormente dopo la rielezione del suddetto presidente nel 2007, a seguito della quale il governo ha espropriato e messo le mani su 1.147 imprese private (tra il 2007 e il 2012) con effetti catastrofici.

    Imprese che un tempo erano produttive vennero rimpiazzate da imprese statali inefficienti, con la conseguenza di mettere fuga gli investitori, sia nazionali che internazionali. Con la produzione a picco, il Venezuela ha deciso di basarsi principalmente sulle importazioni. Il disastro è arrivato con il crollo del prezzo del petrolio e la messa in atto di una serie di interventi governativi legati alle riserve estere e al controllo dei prezzi.

    C’è chi ha attribuito questa tragedia alla crisi del petrolio stessa, ma le ragioni del drammatico fallimento del Venezuela non sono queste. Dati della Banca mondiale ci dicono che il quel periodo, tra il 2013 e il 2017, ben sette Paesi che si basavano ancor più del Venezuela sulle esportazioni di petrolio, hanno registrato una crescita economica[32].

    La radice del problema sta nel sistema economico socialista. La politica economica venezuelana è stata portata avanti secondo le richieste rivoluzionarie che Marx ha formulato nel Manifesto del Partito Comunista[33]. Il Venezuela, quindi, è semplicemente andato incontro a un destino che era inevitabile.

  • Lo Zimbabwe: da granaio dell’Africa alla fame
    Dopo la dichiarazione di indipendenza, avvenuta nel 1980, lo Zimbabwe ha deciso di costruire uno Stato socialista seguendo i principi del Marxismo-Leninismo.
  • Il suo primo presidente era stato un seguace del Marxismo in gioventù e aveva partecipato ad azioni di guerriglia portando avanti il pensiero di Mao Zedong. Per tutto questo si era prima guadagnato il sostegno incondizionato da parte del Partito Comunista Cinese, per poi mantenere buone relazioni con la Cina anche in seguito, durante i suoi quasi 40 anni di dominio, prima di essere stato costretto ad “abdicare”, nel novembre 2017.

    Da notare che, diversamente dagli altri Paesi africani che avevano abbracciato il Socialismo, lo Zimbabwe non ha immediatamente imposto delle politiche di nazionalizzazione.

    I problemi economici dello Zimbabwe sono cominciati nel 2000, a seguito dell’inizio della riforma dei terreni, per la quale la terra appartenente ai contadini bianchi è stata sequestrata e consegnata ai neri senza terra, o a chi apparteneva a una sponda politica ritenuta “corretta” dal regime. Il risultato è stato un forte calo della produttività agricola. Nel tentativo di evitare la crisi, la Banca Centrale dello Zimbabwe ha iniziato a stampare sempre più moneta, portando il Paese in una spirale senza fine di inflazione.

    I dati della Banca Centrale dello Zimbabwe indicano infatti che a giugno 2008, l’inflazione annuale aveva raggiunto un aumento di 231 milioni punti percentuali. A metà novembre del 2008 era quasi all’80 miliardi per cento, dopodiché le autorità hanno semplicemente smesso di pubblicare statistiche mensili. Un anno dopo, il tasso di cambio del dollaro dello Zimbabwe rispetto al dollaro degli Usa aveva raggiunto il rapporto di 35 mila miliardi a uno. Alla fine, lo Zimbabwe è stato costretto ad abbandonare la propria moneta e a crearne una nuova di zecca[34].

    Nel 2008, una grande carestia ha colpito il Paese. Su una popolazione di 16 milioni di persone, 3 milioni e mezzo erano in stato di inedia e ancora oggi la malnutrizione cronica è molto diffusa.

    Il Comunismo danneggia il mondo in modi che possono essere osservati e previsti in tutti i Paesi. Le nazioni sviluppate dell’Occidente stanno già iniziando ad avvertire le crisi, mentre, nel mondo in via di sviluppo, la tragedia del Socialismo è già realtà. Il principio è in sintesi il seguente: lo Spettro del Comunismo utilizza lo strumento dell’economia per promettere felicità immediata e benessere duraturo, attirando le persone nella trappola del degrado morale, per poi spingerle nell’abisso.

    Note bibliografiche

    [1] Karl Marx e Friedrich Engels, “Il Manifesto del Partito Comunista”, https://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1848/manifesto/index.htm.

    [2] Max Galka, “The History of U.S. Government Spending, Revenue, and Debt (1790-2015)”, Metrocosm, 16 febbraio 2016, http://metrocosm.com/history-of-us-taxes/.

    [3] “OECD Tax Rates on Labour Income Continued Decreasing Slowly in 2016”, OCED Report, http://www.oecd.org/newsroom/oecd-tax-rates-on-labour-income-continued-decreasing-slowly-in-2016.htm.

    [4] Kenneth Scheve e David Stasavage, Taxing the Rich: A History of Fiscal Fairness in the United States and Europe (Kindle Locations 930-931) (Princeton: Princeton University Press, Kindle Edition).

    [5] Rachel Sheffield e Robert Rector, “The War on Poverty after 50 Years”, Heritage Foundation Report, September 15, 2014, https://www.heritage.org/poverty-and-inequality/report/the-war-poverty-after-50-years.

    [6] Ibid.

    [7] Nima Sanandaji, Scandinavian Unexceptionalism: Culture, Markets, and the Failure of Third-Way Socialism (London: Institute for Economic Affairs, 2015), 132.

    [8] Alexis de Tocqueville, Memoir on Pauperism, tradotto da Seymour Drescher (Lancing, West Sussex, UK: Hartington Fine Arts Ltd, 1997).

    [9] Ibid.

    [10] “A National Sport No More”, The Economist, 3 novembre 2012, https://www.economist.com/europe/2012/11/03/a-national-sport-no-more.

    [11] Martin Halla, Mario Lackner, e Friedrich G. Schneider, “An Empirical Analysis of the Dynamics of the Welfare State: The Case of Benefit Morale”, Kyklos, 63:1 (2010), 55-74.

    [12] Nicholas Kristof, “Profiting from a Child’s Illiteracy”, New York Times, 7 dicembre 2012, https://www.nytimes.com/2012/12/09/opinion/sunday/kristof-profiting-from-a-childs-illiteracy.html.

    [13] Ibid.

    [14]Alexis de Tocqueville, Memoir on Pauperism, trans. Seymour Drescher (Lancing, West Sussex, UK: Hartington Fine Arts Ltd, 1997).

    [15] Nicholas Kristof, “Profiting from a Child’s Illiteracy”, New York Times, 7 dicembre 2012, https://www.nytimes.com/2012/12/09/opinion/sunday/kristof-profiting-from-a-childs-illiteracy.html.

    [16] Robert Rector, “The War on Poverty: 50 Years of Failure”, Heritage Foundation Report, 23 settembre 2014, https://www.heritage.org/marriage-and-family/commentary/the-war-poverty-50-years-failure.

    [17] U.S. Census Bureau, “Annual Social and Economic Supplements”, Current Population Survey, 1960 to 2016.

    [18] Niskanen, A., “Welfare and the Culture of Poverty”, The Cato Journal, 16:1(1996).

    [19] Walter E. Williams, “The True Black Tragedy: Illegitimacy Rate of Nearly 75%”, cnsnews.com, 19 maggio 2015, https://www.cnsnews.com/commentary/walter-e-williams/true-black-tragedy-illegitimacy-rate-nearly-75.

    [20] “OECD Data”, https://data.oecd.org/gga/general-government-debt.htm.

    [21] Thomas Winslow Hazlett, “Looking for Results: An Interview with Ronald Coase”. Reason, (January 1997), https://reason.com/archives/1997/01/01/looking-for-results.

    [22] F. A. Hayek, The Road to Serfdom (London: Routledge Press, 1944).

    [23] “Direct Investment Position of the United States in China from 2000 to 2016” , Statistica.com, https://www.statista.com/statistics/188629/united-states-direct-investments-in-china-since-2000/.

    [24]“Report on Foreign Investments in China, 2016”, A Chronicle of Direct Foreign Investments in China, The Ministry of Commerce of China [〈中国外商投资报告 2016〉, 《中国外商直接投资历年概况》,中國商務部]

    [25] Liz Peek, “Finally, a President Willing to Combat Chinese Theft”, The Hill, 26 marzo 2018, http://thehill.com/opinion/finance/380252-finally-a-president-willing-to-combat-chinese-theft.

    [26] The Commission on the Theft of American Intellectual Property, Update to the IP Commission Report, 2017, http://www.ipcommission.org/report/IP_Commission_Report_Update_2017.pdf.

    [27] Chris Strohm, “No Sign China Has Stopped Hacking U.S. Companies, Official Says”, Bloomberg News, 18 novembre 2015, https://www.bloomberg.com/news/articles/2015-11-18/no-sign-china-has-stopped-hacking-u-s-companies-official-says.

    [28] Kurt Biray, “Communist Nostalgia in Eastern Europe: Longing for the Past”, 10 novembre 2015, https://www.opendemocracy.net/can-europe-make-it/kurt-biray/communist-nostalgia-in-eastern-europe-longing-for-past.

    [29] John Polga-Hecimovich, “The Roots of Venezuela’s Failing State”, Origins, 10:9 (June 2017), http://origins.osu.edu/article/roots-venezuelas-failing-state.

    [30] José Niño, “Venezuela Before Chavez: A Prelude to Socialist Failure”, Mises Wire, 4 maggio 2017, https://mises.org/wire/venezuela-chavez-prelude-socialist-failure.

    [31] John Bissett, “Hugo Chavez: Revolutionary Socialist or Leftwing Reformist?” Socialist Standard No. 1366 (giugno 2018) https://www.worldsocialism.org/spgb/hugo-chavez-revolutionary-socialist-or-leftwing-reformist.

    [32] Julian Adorney, “Socialism Set Fire to Venezuela’s Oil Crisis”. Real Clear World, 29 agosto 2017, https://www.realclearworld.com/articles/2017/08/29/socialism_set_fire_to_venezuelas_oil_crisis_112520.html.

    [33] José Niño, “John Oliver is Wrong About Venezuela – It’s a Socialist Country”, Mises Wire 30 maggio 2018, https://mises.org/wire/john-oliver-wrong-about-venezuela-%E2%80%94-its-socialist-country.

    [34] “10 Numbers Tell You What Is Going On in Zimbabwe”, BBC edizione cinese (11 novembre 2017), http://www.bbc.com/zhongwen/trad/world-42077093.

    CAPITOLO 9 (PARTE II): LA TRAPPOLA ECONOMICA DEL COMUNISMO

    4. Proprietà pubblica ed economia pianificata portano alla schiavitù dell’individuo

    Il Cielo ha creato gli esseri umani, fornendo loro saggezza e forza: nel corso della loro vita avrebbero raccolto i frutti del proprio lavoro, i quali sarebbe più che sufficienti per assicurare loro una vita dignitosa.

    Nella Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America si legge: «Noi riteniamo che sono per sé stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità[1]».

    Tra questi diritti vi è il poter disporre e utilizzare proprietà e attività. In contrasto, nel Manifesto del partito comunista, si legge che: «In questo senso i comunisti possono riassumere le loro teorie in questa proposta: abolizione della proprietà privata[2]».

    Marx si riferisce indirettamente alla creazione di un sistema di proprietà pubblica, che è intrinsecamente legato al sistema dell’economia pianificata. L’essenza di questi sistemi viola i principi del Cielo, va contro la natura umana e costituisce una forma di schiavitù.

    a. Proprietà pubblica: un giogo del totalitarismo

    Fred Schwartz, medico australiano e attivista politico anti-comunista, nel suo libro You Can Trust the Communists … to Be Communists [Puoi credere ai comunisti… che saranno comunisti] è raccontata una storiella divertente. Per esemplificare il concetto di proprietà pubblica, Schwartz immagina che un giornalista parli con gli operai di una fabbrica di automobili, prima in Unione Sovietica, poi negli USA.

    «Di chi è questa fabbrica?», chiede il reporter.
    «È nostra», rispondono gli operai sovietici.
    «A chi appartiene la terra su cui è costruita?»
    «A noi»
    «A chi appartengono i prodotti della fabbrica, una volta ultimati?»
    «A noi»
    All’esterno della fabbrica c’è un parcheggio, dove ci sono solo tre auto malandate.
    Il giornalista chiede: «Di chi sono quelle auto là fuori?».
    «Sono nostre, ma una di loro è utilizzata dal direttore della fabbrica, una dal commissario politico e l’altra dalla polizia segreta».

    Il giornalista quindi fa le stesse domande agli operai americani:
    «Di chi è questa fabbrica?»
    «Di Henry Ford», rispondono gli operai.
    «A chi appartiene la terra su cui è costruita?»
    «A Henry Ford»
    «A chi appartengono i prodotti della fabbrica, una volta costruiti?»
    «A Henry Ford».
    All’esterno della fabbrica c’è un parcheggio, pieno di ogni tipo e varietà di automobili.
    «Di chi sono tutte quelle auto là fuori?», chiede il reporter.
    «Oh, sono nostre».

    Questa storiella immaginaria mostra le differenti conseguenze dell’avere un sistema di proprietà pubblica e uno di proprietà privata. Nel sistema della proprietà pubblica, le risorse e i proventi del lavoro sono nazionalizzati; di conseguenza non sussistono più i meccanismi che motivano l’entusiasmo individuale, l’impegno, l’innovazione e il senso di responsabilità, in quanto sono tutti legati ai diritti alla proprietà privata. A parole, la proprietà pubblica significa che la ricchezza di un Paese è condivisa da tutti i cittadini, ma nei fatti significa che la classe privilegiata monopolizza le risorse e pensa prima a sé.

    Il fattore più importante in assoluto per uno sviluppo economico sono le persone. La proprietà pubblica strozza la vitalità e la voglia delle persone di essere produttive. Nuoce al loro morale, promuove l’inefficienza e provoca sprechi.

    Dalle piantagioni collettive sovietiche alle comuni del popolo in Cina – passando per le collettivizzazioni fallite in Cambogia e Corea del Nord – il sistema della proprietà pubblica ha portato la fame ovunque. In Cina decine di milioni di persone sono morte, a causa di carestie “prodotte” dall’intervento umano, riconducibili al sistema dell’economia pianificata e della proprietà pubblica.

    La proprietà privata è in accordo con il principio per cui l’Umanità debba lavora per il proprio pane. Al contrario, la proprietà pubblica viola questo principio.

    Tra gli esseri umani, esistono sia il bene che il male. La proprietà privata permette di sviluppare la propria natura benevola, in quanto incoraggia il lavoro e la parsimonia. La proprietà collettiva, invece, incoraggia la parte malvagia della natura umana, in quanto promuove l’invidia e la pigrizia.

    Friedrich Hayek, economista e sociologo britannico, ha scritto che la civiltà in quanto tale si basa sulle tradizioni sociali che mettono al centro la proprietà privata, tradizioni che hanno prodotto il moderno sistema capitalista e la crescita economica che ne è derivata. Si tratta di un ordine olistico e naturale che non richiede l’intervento di un governo, per funzionare. Al contrario i movimenti comunisti e socialisti vogliono prendere il controllo di questo ordine: un fatto che Hayek definisce come una «catastrofica arroganza[4]».

    Proprietà privata e libertà sono elementi inseparabili; lo stesso vale per proprietà collettiva, dittatura e repressione. Il sistema della proprietà collettiva nazionalizza le risorse, peggiora la produttività economica e trasforma le persone in servi e schiavi del Paese. Tutti devono obbedire ai comandi del Partito centrale e ogni idea o voce che non sia in armonia con il regime può essere messa a tacere con punizioni economiche. Le persone non possono fare nulla contro l’intervento dello Stato.

    Eliminare la proprietà privata per sostituirla con quella collettiva porta inevitabilmente al Totalitarismo. Il collettivismo è un giogo al collo delle persone, imposto da uno Stato totalitario. La popolazione viene privata delle sue libertà – compresa la libertà di essere brave persone – e tutti sono costretti a seguire i dettami “morali”del regime comunista.

    Vari autori considerano che il potere non vada privatizzato e che la ricchezza non vada resa collettivizzata, altrimenti avverrà un disastro. Gli esempi storici al riguardo non mancano.

    b. L’economia pianificata è destinata al fallimento

    Sotto il sistema dell’economia pianificata, la produzione, l’allocazione delle risorse e la distribuzione dei prodotti nell’intera società è basata su un piano stabilito dallo Stato: una situazione molto diversa dalla naturale pianificazione su piccola scala condotta da aziende e individui.

    L’economia pianificata ha dei difetti naturali evidenti.

    Prima di tutto, richiede di raccogliere un’enorme quantità di dati per poter programmare in modo “sensato” i livelli di produzione per ogni settore. In un Paese dalla grande popolazione, la quantità di informazioni necessarie è gigantesca. Esempio: nell’Unione Sovietica l’ufficio per i prezzi dei beni di consumo doveva decidere i prezzi finali di circa 24 milioni di prodotti[5]. Arrivare a concludere tali calcoli in modo ragionevole appare impossibile.

    La complessità e la variabilità di una società — delle persone che la compongono — non possono essere riassunte e gestite con i meccanismi di un’economia pianificata [6]. Persino al giorno d’oggi, utilizzando l’intelligenza artificiale e i big data, non è comunque possibile inserire i pensieri umani tra le variabili: i calcoli prodotti saranno sempre incompleti e il sistema sarà sempre fallimentare.

    L’economista Ludwig von Mises ha discusso la relazione tra Socialismo e Libero mercato nel suo articolo Economic Calculation in the Socialist Commonwealth [Calcolo economico in un Commonwealth socialista]. La sua conclusione è che, senza un vero mercato, una società socialista non potrà produrre calcoli economici ragionevoli. Di conseguenza, la distribuzione delle risorse non potrà essere razionalizzata e l’economia pianificata fallirà[7].

    In secondo luogo, la pianificazione economica richiede un controllo coercitivo delle risorse. Il governo arriva quindi a detenere un potere assoluto: stabilisca gli obiettivi e impartisce gli ordini.

    Un’economia del potere è interessata prima di tutto agli aspetti politici, e non ai reali interessi del popolo: quando le esigenze del mondo reale non vengono soddisfatte dalla pianificazione statale, il potere dello Stato si impone sulle tendenze economiche naturali, causando l’allocazione inappropriata di grandi quantità di capitale, con tutti i problemi che ne derivano.

    L’economia pianificata impiega il potere e la saggezza limitata del governo per giocare a fare Dio. È un approccio destinato a fallire.

    La pianificazione economica è inseparabile dalle politiche stringenti. Dato che la pianificazione centrale statale avrà inevitabilmente delle falle, quando sorgono dei problemi, i piani verranno messi in dubbio, sia da chi è dentro il governo, che da chi vi è fuori. Chi ha il potere, dunque, avrà la sensazione che la propria autorità venga messa in discussione e si “difenderà” con pressioni e purghe politiche.

    Mao Zedong, per esempio, ha ignorato le leggi dell’economia e costretto il Paese al cosiddetto Grande balzo in avanti, che ha portato a una carestia durata tre anni e costata decine di milioni di morti. Le conseguenti sfide che Mao ha dovuto affrontare lo hanno portato a “difendersi” lanciando la Grande rivoluzione culturale.

    Gli effetti disastrosi dell’economia pianificata e della proprietà pubblica sono evidenti se si osservano le attuali condizioni delle imprese statali cinesi. Negli anni recenti, infatti, un gran numero di queste aziende hanno fermato o rallentato la produzione, hanno subito perdite ogni anno o sono diventate insolventi.

    Si basano sui sussidi governativi e sui crediti bancari aperti per sostenere le proprie operazioni; di fatto sono diventate dei parassiti dell’economia nazionale, molte di loro vengono definite “aziende zombie”[8].

    Tra le 150 mila imprese statali presenti in Cina — con l’eccezione di quelle che operano nel contesto dei monopoli di Stato in settori molto redditizi come il petrolio e le telecomunicazioni — la grande maggioranza ha profitti minimi e grosse perdite.

    Alla fine del 2015, le attività complessive di queste aziende ammontavano al 176 per cento del PIL, i debiti al 127 per cento e i profitti solo al 3,4 per cento. Alcuni economisti ritengono che in sostanza le aziende zombie abbiano deviato e rovinato l’economia cinese [9].

    Infine, la pianificazione economica priva le persone della loro libertà e costringe lo Stato ad occuparsi di loro. In essenza, si tratta di trasformare le persone in schiavi o in macchine: tutti gli aspetti della vita del popolo finiscono sotto il controllo dello Stato.

    Lo Stato rinchiude le persone in una prigione invisibile, per poter abolire il libero arbitrio e alterare i parametri della vita umana definiti da Dio. Questa è un’ulteriore manifestazione della rivolta dello Spettro contro Dio e contro la legge naturale.

    5. La teoria dello sfruttamento di Marx: una fallace inversione di bene e male

    Secondo quanto sostenuto da Marx, solo il lavoro crea valore. Se il proprietario di un’azienda investe 10 milioni oggi, e i ricavi dopo un anno sono di 11 milioni, allora l’utile di un milione è stato creato dai lavoratori.

    Secondo le teorie marxiste, il capitale – le sedi dell’azienda, i beni e gli altri mezzi di produzione – non crea valore, ma è trasferito semplicemente nel costo dei beni.

    Il valore creato dagli impiegati dell’azienda (11 milioni nell’esempio precedente) è più alto dei costi (che includono gli stipendi, ovvero il costo del loro lavoro); secondo la teoria marxista, il profitto, un milione in questo caso, è il cosiddetto “plusvalore”, creato dagli impiegati e ingiustamente espropriato dal capitalista.

    Marx sosteneva di aver scoperto il segreto di come i capitalisti si arricchissero e riteneva che questo segreto — lo sfruttamento della classe operaia — costituisse il peccato originale della borghesia. Per Marx l’investimento capitalistico per avviare un’azienda viene chiaramente effettuato con lo scopo ultimo di raggiungere un profitto; per poterci arrivare il proletariato verrebbe necessariamente sfruttato.

    Questo presunto “peccato originale” sarebbe dunque intrinseco al sistema capitalistico, il cui protagonista è l’intera borghesia. Marx ha quindi concluso che per poter eliminare il peccato, l’intera società capitalista doveva essere distrutta: la borghesia andava eliminata, le sue proprietà confiscate e l’avanguardia del partito comunista avrebbe dovuto collettivizzare la proprietà e istituire il Comunismo.

    La teoria marxista dello sfruttamento è assurda, principalmente per due motivi.

    1. Divide il popolo in due classi opposte: la borghesia con il suo capitale e il proletariato che ne è privo. In realtà, da quando le società industrializzate sono emerse, la mobilità di classe è aumentata rapidamente.

    Per esempio, negli anni di Marx (inizio del 1800, fino agli anni ’50 del 1800) la mobilità di classe era simile a quella che poi ci sarebbe stata negli Stati Uniti e nel Regno Unito negli anni ’70 del 1900.

    Il movimento tra le classi è un processo dinamico: un membro del proletariato non vi fa più parte nel momento in cui acquista dei titoli azionari di un’azienda. Se è così facile passare a un’altra classe, allora i tentativi di dividere le persone in simili gruppi non hanno altro scopo che incitare all’odio e alla lotta di classe

    2. Rimpiazza i valori morali tradizionali con degli standard surrogati, che invertono quello che è giusto e quello che è sbagliato. Le persone vengono ingannate, tramite una serie di “elaborate teorie” ad accettare la visione marxista: un individuo viene giudicato buono o cattivo non in base alla sua etica e alle sue azioni, ma in base alla sua posizione nella gerarchia (inversa) del capitale.

    Chi appartiene alla classe capitalista ha quindi la colpa “innata” di sfruttare il proletariato (la classe lavoratrice). Dato che il proletariato viene represso e sfruttato “naturalmente”, chi ne fa parte ha un vantaggio morale rispetto ai “padroni”.

    Non importa come i proletari trattino i capitalisti: possono camminare a testa alta, sicuri di essere nel giusto.

    Per la teoria marxista possedere delle proprietà equivale a un crimine; mettere le mani sulle ricchezze altrui è “giustizia”e ha portato a giustificare e persino legalizzare le espropriazioni violente. Questa inversione di giusto e sbagliato, di bene e male, porta gli esseri umani in una spirale di malvagità senza fine.

    In Cina, nell’ex Unione Sovietica e negli Stati comunisti dell’Europa dell’Est, i partiti comunisti hanno rubato terreni e proprietà, linciato i proprietari terrieri e sottratto le aziende ai loro proprietari. I partiti comunisti di quei Paesi hanno assassinato i “nemici di classe”, incendiato o confiscato le proprietà personali — tramandate di generazione in generazione — distrutto la base morale della natura umana e indetto un vero e proprio terrorismo di Stato contro il popolo.

    Tutta questa malvagità è stato il risultato delle teorie appena esposte. Al contempo, i valori morali tradizionali, così come la fede in Dio, nei santi e in altri importanti autori e figure storiche, è stata considerata come un fenomeno appartenente alle “classi sfruttatrici“, da attaccare e rovesciare.

    Le teorie di Marx, del resto, sono state abbondantemente criticate nei circoli economici e filosofici[11]. Di seguito alcuni esempi che illustrano l’assurdità della teoria dello sfruttamento.

    Marx sostiene che il lavoro crei valore e che il valore sia determinato dal tempo di lavorazione necessario per la produzione. Questa teoria è ridicola in quanto il valore di un bene non è una proprietà intrinseca del bene stesso: nella maggior parte dei casi, le persone attribuiscono un elemento soggettivo a ogni bene, come quello determinato dalla domanda e dall’offerta.

    Molti economisti hanno esplorato il processo della creazione di valore e, diversamente dalla ristrettezza di vedute di Marx — che identifica un solo elemento che determinerebbe il valore di una merce — la maggior parte dei pensatori in ambito economico ritiene che i fattori coinvolti nella creazione del valore siano molteplici. Il capitale, il lavoro, la scienza e la tecnologia, la gestione amministrativa, il rischio dell’investimento e così via.

    Le attività economiche sono un sistema complesso, che coinvolge diversi anelli della catena di produzione. Fattori di produzione diversi hanno requisiti di gestione diversi così come persone diverse giocano ruoli diversi — ciascuno importante per l’intera catena produttiva — contribuendo quindi alla creazione del valore residuo.

    Un esempio: un imprenditore pianifica di spendere un milione di euro per assumere due ingegneri per la progettazione di un nuovo giocattolo; viene assunto anche un esperto di marketing per promuoverlo.

    Due anni dopo, il nuovo giocattolo raggiunge un certo successo: il profitto dalle vendite è di 50 milioni di euro. È il lavoro degli ingegneri e dell’esperto di marketing ad aver creato il “valore residuo“ di 50 milioni? Ovviamente no. La ragione per cui il nuovo giocattolo ha raggiunto tali livelli di vendite è perché i consumatori hanno voluto comprarlo.

    La conoscenza del mercato da parte dell’imprenditore, la sua abilità nell’organizzare e gestire i collaboratori, il suo coraggio nel correre un rischio; tutti elementi che hanno contribuito al valore del giocattolo.

    Supponiamo che l’idea creativa alla base del modello del giocattolo sia merito di uno dei due ingegneri: si può dire che il valore residuo di 50 milioni sia il risultato dell’imprenditore che ha sfruttato la creatività dell’ingegnere, senza dargli nulla in cambio? Certamente no.

    In generale si può dire che è un caso in cui l’ingegnere si accorda con l’azienda per ricevere un compenso per la sua creatività e può negoziare un salario più alto o dei bonus a seconda dei risultati ottenuti.

    In un libero mercato, si tende a raggiungere un equilibrio che mette insieme l’abilità e l’ambizione con il capitale. Gli imprenditori che si focalizzano unicamente sul raggiungere alti profitti a ogni costo, non avranno la meglio sulla competizione o non riusciranno ad attrarre talenti da inserire in organico.

    Ci sono anche molti fattori “casuali“ coinvolti nella decisione del valore di un bene, i quali possono essere spiegati ragionevolmente solo tenendo conto della cultura esistente nei vari Paesi e nelle preferenze personali di questo o quel gruppo di consumatori. In certe situazioni, infatti, la creazione o la perdita di valore può essere del tutto scollegata dal lavoro: il diamante che oggi vale 10 milioni potrebbe essere stato giudicato del tutto inutile cinquemila anni fa. Un appezzamento di terra sterile, ereditato dalla famiglia, può vedere il suo valore aumentare in modo sproporzionato nel momento in cui una città vicina diventa importante o se se nel terreno vengono scoperto metalli necessari alla moderna industria tecnologica.

    In questi casi il valore non ha nulla a che fare con il lavoro.

    Una tale ricchezza, vasta e inaspettata, non può che essere chiamata “fortuna”. Le tradizioni culturali, sia occidentali che orientali, ritengono che la fortuna sia una benedizione fornita dalle divinità agli umani.

    Allo scopo di dimostrare la “razionalità”e “necessità” della proprietà pubblica, Marx ha tirato fuori la teoria dello sfruttamento basata sul plusvalore. Questo approccio ha portato a vedere le attività economiche, che le persone conducono come parte naturale della loro vita, in comportamenti negativi e non etici. La sua teoria ha riversato odio e disprezzo sull’ordine economico esistente, nel tentativo di rovinarlo e rovesciarlo.

    I capitalisti e i lavoratori, i proprietari terrieri e i contadini, formano tutti una comunità che condivide degli interessi; le loro relazioni dovrebbero essere basate sulla cooperazione e l’interdipendenza, in quanto ognuno sostiene gli altri per sopravvivere. Marx ha intenzionalmente diffuso il concetto che i conflitti tra le due parti debbano essere assoluti, estremi ed esagerati, come se fossero nel mezzo di una battaglia per la vita o la morte.

    La realtà e che ci sono brave persone e cattive persone tra gli imprenditori, così come tra gli impiegati. Durante lo svolgimento delle relazioni economiche quello che dovrebbe essere valutato è il comportamento di ogni singola persona e non il suo essere parte di un gruppo o di un altro. La base secondo cui si giudica dovrebbe essere la qualità morale delle persone, non la loro ricchezza o status sociale.

    Le persone possono cambiare il proprio status economico e sociale con i propri sforzi: i lavoratori possono diventare investitori, accumulando e utilizzandola ricchezza; allo stesso tempo gli investitori possono vedere i loro investimenti fallire ed essere costretti a diventare lavoratori. La società è in costante cambiamento e scorre come un fiume. Il ruolo del lavoro e degli investitori nella società moderna cambia spesso. La maggior parte delle persone gioca inoltre entrambi i ruoli, in quanto investe i propri risparmi per creare una futura capacità produttiva, dando vita a nuovi posti di lavoro, arricchendo portando beneficio alla società.

    Il fondatore di un sindacato americano aveva detto: «Il peggior crimine contro i lavoratori lo fa un’azienda che non riesce a fare profitti[12]».

    L’assurda “teoria del plusvalore” affigge l’etichetta dello “sfruttamento” alle normali attività dei proprietari terrieri, degli investitori, degli imprenditori. Ha incitato e continua a incoraggiare le persone a provare un odio enorme e irrazionale; ha dato vita a ragionamenti confusi e a lotte intestine, distruggendo le vite di milioni di persone.

    6. Odio e invidia: le origini dell’egualitarismo assoluto

    Il Comunismo sostiene l’egualitarismo assoluto. In superficie potrebbe sembrare un nobile ideale, il che spinge le persone a credere ciecamente nella rettitudine morale di questa teoria. Tuttavia provoca odio e gelosia. Una conseguenza dell’egualitarismo è infatti che le persone non riescono a tollerare il successo degli altri, il fatto che qualcuno sia più ricco, che abbia una vita migliore, un lavoro più facile e via così. Secondo questa visione del mondo tutti dovrebbero essere uguali, seguendo un pensiero del genere: dovrei avere quello che hai e dovrei ricevere quello ricevi. In una situazione del genere tutti sono allo stesso modo, il mondo è uguale dappertutto.

    L’egualitarismo assoluto si riflette nella società in almeno due modi.

    Il primo è che quando le persone che non sono ancora “uguali” si sentono insoddisfatte della loro situazione economica: questo stato d’animo aiuta i malfattori a fomentare l’invidia e l’odio. Le persone cominciano a desiderare quello che hanno gli altri e cercano anche di ottenerlo in tutti i modi, anche mezzi impropri o violenti. In casi estremi, distruggono le proprietà altrui e arrivano persino a uccidere, pur di diventare ricchi.

    La peggiore manifestazione di queste tendenze è proprio la rivoluzione violenta. Allo scopo di provocare uno stato di insoddisfazione, Marx divide la società in due classi opposte: quella di chi ha la proprietà dei mezzi di produzione e quella di chi non ce l’ha. Nelle campagne, l’opposizione era tra proprietario terriero e contadino; nelle città, tra capitalista e lavoratore.

    Il risultato è quello di incitare l’odio di classe e usare i presunti emarginati per portare avanti la rivoluzione violenta con slogan del tipo: “I padroni sono ricchi e i contadini sono poveri: confiscate i loro beni! Perché i padroni sono ricchi? Tutti dovrebbero essere ricchi”. Il Partito Comunista Cinese ha soffiato su questo fuoco, spingendo i contadini a portare avanti una “riforma della terra”, ovvero attaccare i proprietari terrieri, prendersi le loro proprietà e dividersele. Se i proprietari terrieri rifiutavano, venivano uccisi. Il Partito Comunista ha in primo luogo incitato i teppisti a creare il caos; per poi spingere i contadini a ribellarsi e ad attaccare la classe dei proprietari terrieri. In Cina decine di milioni di persone sono state uccise.

    Il secondo modo con cui l’egualitarismo assoluto si manifesta è tipico dei gruppi che già hanno raggiunto, nella sostanza, uno “stato di uguaglianza”: quando ci sono dei benefici, tutti ne vogliono una parte. Chiunque abbia modo di distinguersi dagli altri viene messo a tacere e guardato in malo modo. Tutti vengono trattati nella stessa maniera, indipendentemente da chi lavori di più, di meno, o non lavori affatto.

    Le persone possono sembrare uguali in superficie, ma sono diverse. Ci sono differenze nella personalità, intelligenza, forza fisica, etica, lavoro, ruolo svolto, livello di istruzione, condizioni di vita, capacità di sopportare le difficoltà e perseverare, spirito d’innovazione e così via.

    Di conseguenza, il contributo che ognuno dà alla società è diverso. Perché, dunque, ogni persona dovrebbe arrivare a raggiungere gli stessi risultati? In questo senso la disuguaglianza è invece la vera uguaglianza; mentre l’uguaglianza promossa e diffusa dal Comunismo è la vera disuguaglianza e la vera ingiustizia.

    Gli antichi cinesi dicevano che il Cielo premia chi lavora duramente, in base agli sforzi compiuti. Arrivare a un egualitarismo assoluto è impossibile nel mondo reale.

    Sotto l’egualitarismo assoluto si ottiene lo stesso risultato sia se si fanno le cose bene che se si fanno male, che si lavori di buona lena o si sia pigri. Sotto la copertura dell’egualitarismo, coloro che sono inattivi ci guadagnano, mentre i capaci e i laboriosi vengono penalizzati, e visti persino con odio e risentimento.

    Quando tutti rallentano il proprio ritmo per adeguarsi agli standard della persona più “lenta” quale sarà il risultato? Una società inerte, nella quale le persone attendono che sia qualcun altro a contribuire, attendono di poter mettere le mani su dei vantaggi che non meritano, di guadagnare senza dare niente in cambio, di prendere quello che appartiene agli altri con la scusa di esserne sprovvisto.

    La conclusione è un diffuso e persistente declino morale.

    L’odio e l’invidia che motivano l’assoluto egualitarismo sono radici velenose, presenti nella visione dell’economia comunista. La natura umana contiene sia il bene che il male.

    Nelle fedi occidentali si parla dei sette peccati cardinali, mentre la cultura orientale afferma che l’uomo ha sia la natura di Budda che la natura demoniaca; la prima si manifesta nella bontà, nella capacità di sopportare le sofferenze e nella considerazione degli altri; la seconda, invece, si mostra nell’egoismo, nella pigrizia, nell’invidia, nella malizia, nel saccheggio, nell’odio, nella rabbia, nella lussuria, nella tirannia, nell’indifferenza verso la vita, nell’incitare conflitti, nella diffusione di dicerie, nell’ottenere qualcosa senza dare nulla in cambio e così via.

    La visione economica comunista stimola deliberatamente la natura demoniaca e amplifica l’invidia, l’avarizia, la pigrizia e altri fattori malvagi, che provocano la perdita di umanità e l’abbandono dei valori tradizionali millenari. Amplifica il peggio della natura umana e trasforma le persone in rivoluzionari comunisti.

    Nel libro Teoria dei sentimenti morali Adam Smith afferma che l’etica è la base della prosperità dell’umanità e l’osservazione delle regole morali «è richiesta per l’esistenza stessa della società umana, che si disintegrerebbe nel nulla se l’umanità non fosse nel complesso caratterizzata dall’osservazione di queste importanti regole di condotta»[13].

    Lawrence Kudlow, direttore del Consiglio nazionale economico degli USA, ritiene che la prosperità economica dovrebbe coesistere con l’etica. Kudlow sostiene che se gli Stati Uniti avessero seguito il «principio più importante», ovvero quello di seguire i valori morali su cui l’America è stata fondata, allora lo sviluppo della nazione non avrebbe avuto fine[14].

    Le conseguenze negative causate dall’egualitarismo assoluto nei Paesi del mondo non devono sorprendere. L’egualitarismo comunista utilizza l’autorità dello Stato per derubare i cittadini delle loro proprietà e ricchezze. Questo, d’altra parte, rafforza l’autorità e il potere dell’ideologia comunista e al contempo convince le persone che sia loro diritto ottenere qualcosa in cambio di nulla. Questo è precisamente il modo con cui lo Spettro del Comunismo inganna le persone.

    a. La promozione dell’egualitarismo economico: una pietra miliare del Comunismo

    Sotto l’influenza dell’egualitarismo assoluto, in Occidente molti pretendono quella che viene chiamata “giustizia sociale”, come una leggi che regolino il salario minimo e lo stesso stipendio per lo stesso ruolo, indipendentemente dai risultati raggiunti. Quello che è presente dietro queste richieste è il desiderio di arrivare all’uguaglianza tra le persone, un’idea che nasconde elementi comunisti. Se si agisce incautamente su queste questioni, infatti, si rischia facilmente di ritrovarsi in trappola.

    Dal punto di vista comunista, che questi gruppi considerati vulnerabili ottengano l’uguaglianza o meno, o che il loro status sociale migliori o meno, poco importa. Sono semplicemente visti e usati come delle pedine per far crescere il risentimento sociale. Quello che succede è che una volta che i comunisti ottengono quello che avevano chiesto, non passerà molto tempo prima che formulino ulteriori richieste “egualitarie”; scivolando in un processo senza fine.

    Se invece non ottengono quello che vogliono, dichiarano una “guerra dell’opinione pubblica”, fanno crescere il risentimento, rafforzano le idee delle persone su quanto sia giusta l’uguaglianza: trasformano queste idee in un potente mezzo per influenzare l’opinione pubblica.

    Lo Spettro del Comunismo incita al risentimento in numerosi campi e con numerosi mezzi: arriva un momento in cui tutto questo risentimento esplode, si arriva al caos sociale, forse persino a una rivoluzione violenta. I comunisti riusciranno sempre a individuare gruppi vulnerabili per i quali chiedere alla società una uguaglianza economica, e ripeteranno il processo fino a cercare di raggiungere un’uguaglianza assoluta. Le richieste di questa cosiddetta “giustizia sociale” diventano perciò una pietra miliare del percorso della società verso il Comunismo. I Paesi liberi dell’Occidente sono stati lentamente corrosi dall’ideologia comunista: questa è una semplice realtà sotto i nostri occhi.

    Va fatto notare che l’applicazione di queste politiche “egualitarie” porta spesso al risultato opposto a quello inteso: chi doveva essere protetto, subisce invece discriminazione e attacchi. Si prendano per esempio le leggi sullo stipendio minimo. L’obiettivo dovrebbe essere quello di proteggere i diritti dei lavoratori, ma il risultato è che molte aziende smettono semplicemente di assumere perché ne sono economicamente danneggiate. Di conseguenza, ancora più lavoratori perdono il loro posto.

    Le abilità personali non possono essere apprese da un giorno all’altro: vi è un continuo processo di miglioramento e affinamento delle competenze relazionali, delle conoscenze del proprio mestiere e dell’etica del lavoro. Il risultato dell’applicazione del salario minimo è che i lavoratori non vengono – come invece sarebbe naturale – formati per poi raggiungere posizioni migliori e quindi dallo stipendio più alto. Questo approccio generalizzato, inoltre, risulta in un intervento eccessivo del governo nell’economia.

    Un’altra giustificazione usata per scatenare conflitti sociali è “stessa paga per lo stesso lavoro”. In questo caso i gruppi che incitano al conflitto citano certe statistiche e studi per rimarcare come lo stipendio medio dei maschi neri sia inferiore a quello dei maschi bianchi; e che lo stipendio medio delle donne sia inferiore a quello medio degli uomini. Secondo loro sarebbe la conseguenza del razzismo e del sessismo che permea la società.

    In realtà questi confronti non sono appropriati e i risultati sono infatti diversi quando i confronti sono più precisi. Alcune ricerche hanno per esempio scoperto che se si confrontano le famiglie americane di etnia africana — in cui sia marito che la moglie si sono almeno laureati — con delle famiglie di bianchi nella stessa situazione, il reddito delle prime risulta più alto[15]. Tuttavia, il fatto che ci siano meno famiglie di questo tipo tra i neri determina la discrepanza “razziale” che si osserva facendo un confronto generico. Sarebbe necessario, e sintomo di onestà intellettuale, che i paragoni effettuati fossero precisi e appropriati. Con gli elementi comunisti che incitano invece al conflitto e alla discordia, non deve sorprendere che le persone diventino cieche davanti a come la realtà si manifesti.

    Il Comunismo non è interessato al benessere dei gruppi considerati “vulnerabili”, ma a far sì che gli slogan di “uguaglianza” che diffonde in lungo e in largo riescano a portano le persone lungo la via del Comunismo stesso, che porta infine alla distruzione.

    b. L’impiego dei sindacati per danneggiare le società libere

    È noto che il settore manifatturiero negli Stati Uniti sia in questi anni in crisi, con una forte perdita di posti di lavoro. Molti, tuttavia, non comprendono che tra i principali colpevoli vi sono proprio i sindacati, nonostante la loro missione dovrebbe essere quella di aiutare la classe lavoratrice a ottenere dei vantaggi. La realtà ci mostra l’opposto; questo è chiaro se si osserva la storia dei sindacati e come il loro campo di azione sia cambiato nel corso del tempo.

    Inizialmente i sindacati erano stati fondati da membri della classe lavoratrice dalle capacità limitate (se non nulle), allo scopo di negoziare con i dirigenti dell’azienda. In qualche modo, il sindacato è in grado di svolgere il ruolo di intermediario, per risolvere i problemi che possono nascere tra lavoratori e imprenditori. Tuttavia, gli elementi comunisti hanno trasformato i sindacati in un mezzo per promuovere i movimenti e le politiche comuniste.

    Su questo argomento Friedrich Engels ha scritto: «Inoltre si avvicina rapidamente il tempo in cui la classe lavoratrice avrà compreso che la lotta per stipendi alti e minori ore di lavoro e l’intera azione che i sindacati al momento portano avanti, non costituisce un fine in sé, bensì un mezzo, un mezzo assolutamente necessario ed efficace, ma solo uno dei tanti mezzi verso un fine più alto, che è l’abolizione dell’intero sistema degli stipendi[16]».

    Lenin riteneva che la formazione e la legalizzazione dei sindacati fosse un mezzo importante perché la classe lavoratrice ottenesse il comando della rivoluzione democratica, sottraendolo alla classe capitalista. Allo stesso tempo, riteneva che i sindacati sarebbero diventati la colonna portante del partito comunista di ciascun Paese, e una forza chiave nella lotta di classe. Lenin propose che i sindacati diventassero «una scuola di Comunismo» e un anello tra il partito comunista e le masse. Il lavoro giornaliero dei sindacati sarebbe diventato quello di convincere le masse e di portarle a passare dal Capitalismo al Comunismo: «I sindacati sono un ‘serbatoio’ del potere statale[17]».

    Dalla metà del XIX secolo in poi, le forze comuniste e di sinistra hanno utilizzato i sindacati per incitare i lavoratori a organizzare scioperi su larga scala, a formulare richieste pressanti in termini monetari e persino ad agire con violenza arrivando alla distruzione di macchinari e fabbriche. I sindacati sono diventati una potente arma dei comunisti per combattere il Capitalismo e portare avanti la lotta politica, diffondendo il caos nel mondo.

    Ottobre 1905: in Russia oltre un milione e 700 mila lavoratori hanno partecipato a uno sciopero politico in tutta la nazione e paralizzato l’economia del Paese. Durante questo periodo si è formato il Soviet di Pietrogrado, un’organizzazione sindacale ancora più aggressiva. Lenin lo definì come il germoglio di un governo rivoluzionario e riteneva che, una volta sbocciato, sarebbe diventato il centro politico della Russia. In altre parole, il regime sovietico nato con la Rivoluzione d’Ottobre del 1917, è stato concepito dal sindacato[18].

    I sindacati nei Paesi occidentali presentano ampie infiltrazioni di elementi comunisti. In teoria lavoratori e imprenditori dovrebbero formare una simbiosi, mentre lo Spettro del Comunismo lavora per provocare e intensificare i conflitti tra le due parti: i sindacati sono uno strumenti naturale per arrivare a questo scopo. Vengono impiegati per rendere conflittuale il processo di negoziazione tra direzione e personale, fino ad arrivare alla lotta tra classi diverse. Razionalizzano e intensificano il lato conflittuale della relazione e lo usano per legittimare la propria esistenza. Di lì in poi, i sindacati infiammano i malumori e le insoddisfazioni dei lavoratori, incolpando gli imprenditori di qualsiasi cosa. Così facendo provocano conflitti che saranno poi chiamati a mediare, è anche uno dei metodi che i sindacati utilizzano per garantire la propria esistenza.

    I sindacati riescono a portare dei vantaggi ai lavoratori, ma si tratta di qualcosa che funziona nel breve periodo. Dal punto di vista degli eventi economici di lungo termine, le principali vittime dei movimenti sindacali — guidati dagli elementi comunisti — sono proprio i membri della classe operaia: quando le aziende soffrono, o chiudono, il danno maggiore è subìto dai lavoratori, che perdono il posto e di che vivere. In superficie, i sindacati lottano per l’interesse dei lavoratori, ma di fatto danneggiano la competitività industriale.

    Ci sono due ragioni per questo: la prima è che con il pretesto di proteggere i diritti e gli interessi dei lavoratori, i sindacati rendono difficile, se non impossibile, per le imprese licenziare gli impiegati che hanno dimostrato di non essere produttivi. Questo elemento incoraggia la negligenza e l’apatia: non solo è ingiusto per gli impiegati che lavorano diligentemente, ma tende a rendere quest’ultimi meno proattivi. Il fattore più importante nella crescita di una compagnia sono le persone che vi lavorano, ma lo scudo del sindacato, proteggendo gli impiegati che non sono all’altezza del compito richiesto, causa all’azienda la perdita di produttività.

    La seconda ragione è che con il pretesto di proteggere il welfare dei lavoratori (come la pensioni, l’assicurazione sanitaria ecc ) i sindacati fanno crescere costantemente i costi per le imprese. Il risultato finale è che le aziende sono costrette a ridurre gli investimenti, come ad esempio nel settore di ricerca e sviluppo, e quindi la propria competitività.

    Altra conseguenza è che le aziende si ritrovano a dover aumentare i prezzi dei prodotti, cosa che danneggia i consumatori finali. Vari studi sull’industria automobilistica mostrano che questo è il motivo per cui le aziende senza sindacati, come Toyota e Honda, hanno prodotto auto di alta qualità a costi più bassi; mentre le aziende automobilistiche americane con base a Detroit, con potenti sindacati al loro interno, sono diventate sempre meno competitive[19].

    Edwin Feulner è stato uno dei fondatori della American Heritage Foundation, tra i maggiori think tank conservativi negli Stati Uniti. Feulner ha così commentato il ruolo dei sindacati: «Sono diventati una palla al piede: rendono l’azienda meno flessibile, più lenta e meno capace di reagire alle domande di un mercato che cambia costantemente[20]».

    Tutto questo è aggravato dal fatto che i sindacati hanno di fatto raggiunto una posizione di monopolio nelle trattative tra lavoratori e aziende: alcune richieste da loro effettuate sono irragionevoli ed estremamente rigide. Le imprese che non accolgono le richieste dei sindacati diventano un bersaglio: i sindacati danno il via alla “lotta” — include scioperi e proteste — il che danneggia ulteriormente l’economia nel suo complesso.

    La United Automobile Workers è un grande sindacato americano che rappresenta i lavoratori del settore automobilistico. Prima della crisi finanziaria del 2008, il sindacato richiese alle aziende di pagare 70 dollari all’ora agli operai, tra stipendi e benefit, cosa che ha portato il settore della produzione di automobili statunitense quasi alla bancarotta[21].

    Fino al 2017 le opportunità di lavoro nel settore manifatturiero erano in forte calo negli Stati Uniti ma molti non sanno che i sindacati sono stati tra i maggiori responsabili di questo fenomeno. La tendenza si è invertita con l’insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti: a fine 2018 è stato registrato un massiccio aumento dei lavori nell’industria: 284 mila nuovi posti, miglior risultato dal 1997

    Secondo la Heritage Foundation, i posti di lavoro del settore manifatturiero, riguardo alle aziende con una forte presenza sindacale, sono scesi del 75 per cento tra il 1977 e il 2008; mentre le aziende manifatturiere prive di sindacati hanno visto aumentare gli occupati del 6 per cento.

    La situazione al di fuori del settore manifatturiero è simile. Si prenda ad esempio l’immobiliare: «Diversamente dal settore manifatturiero, il settore immobiliare è cresciuto considerevolmente dalla fine degli anni ’70. Tuttavia, nel complesso, la crescita è avvenuta esclusivamente per i posti di lavoro in aziende senza sindacati: dal 1977 vi è stata una crescita del 159 per cento[22]».

    I sindacati sono strumenti impiegati dagli elementi comunisti per promuovere l’egualitarismo nelle imprese. A questo riguardo, la Heritage Foundation fa notare una richiesta dei sindacati: le aziende devono aggiustare gli stipendi in rapporto all’anzianità di servizio dell’impiegato (come avviene nei Paesi socialisti) Il contributo di ogni singolo lavoratore, in rapporto ai risultati raggiunti dall’azienda, non è tenuto in considerazione. «Gli accordi contrattuali raggiunti dai sindacati portano a comprimere i salari. I lavoratori più produttivi vengono penalizzati, quelli meno competenti vedono il loro stipendio aumentare[23]».

    Quanto sopra esposto è una applicazione della teoria dell’egualitarismo assoluto, attuata nei Paesi comunisti: ovvero la ridistribuzione della ricchezza tra gli impiegati di una stessa impresa. Interferire nel processo decisionale interno delle aziende, e portare avanti un monopolio del mercato del lavoro, sono entrambi fattori che indeboliscono il libero mercato.

    I sindacati difendono aggressivamente quello che a loro dire sarebbe il benessere dei lavoratori, ma il risultato finale è che alcuni lavoratori ci guadagnano a spese di altri: questo crea un peso aggiuntivo alle singole imprese e per l’economia nel complesso. Un sondaggio condotto nel 2005 ha mostrato che «la maggior parte delle famiglie che hanno un membro appartenente a un sindacato, ha un’opinione negativa dei sindacati americani» e che «la principale ragione dell’opinione negativa non viene mai discussa apertamente sui mezzi di informazione del sindacato, né affrontata nelle assemblee del sindacato[24]».

    I lavoratori davvero diligenti sono diventati delle vittime degli elementi comunisti, mentro lo Spettro del Comunismo ne è uscito come principale vincitore. A livello fondamentale, i comunisti usano i sindacati per distruggere l’economia libera capitalista, per sovvertire il sistema capitalista e per danneggiare il normale corso di esistenza degli esseri umani. Il tutto avviene in maniera graduale, passo dopo passo.

    I sindacati, infiltrati dai comunisti e guidati dal movimento progressista, si sono evoluti in un gruppo portatore di particolari interessi, simile a un’enorme società privata con fine di lucro e fortemente corrotta, la cui leadership detiene forti interessi nell’impresa stessa[25].

    Nei Paesi democratici, i sindacati sono diventati in gran parte uno strumento impiegato dagli esponenti della Sinistra per combattere il Capitalismo. Chiedono con forza “giustizia sociale” ed “equità”, il che porta all’imposizione di un grosso peso sulla società e sull’industria, costituito dagli aiuti sociali. I sindacati diventano un ostacolo alle riforme e ai tentativi di migliorare l’efficienza della produzione, dei servizi e dell’educazione, così come del governo. Quando le condizioni non sono ideali si nascondono, ma quando diventano favorevoli escono fuori e mobilitano vari gruppi sociali per promuovere i loro fini. I sindacati sono quindi diventati un cuneo che il Comunismo utilizza per aprirsi un varco all’interno delle società libere.

    7. Gli “ideali” comunisti portano in tentazione le persone, fino a distruggerle

    Nonostante la teoria comunista sia piena di mancanze e contraddizioni, in molti ne sono ancora ingannati. Il motivo è il sogno descritto da Marx: raggiungere un paradiso comunista all’interno del quale tutti avrebbero avuto una vita felice, questa è la principale illusione alla quale le persone tendono a credere.

    Tra le fantasie che dovrebbero popolare il paradiso di Marx troviamo: una incredibile abbondanza materiale, alti standard morali, il classico «da ciascuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni», l’assenza della proprietà privata, nessuna differenza tra ricchi e poveri, nessuna classe dominante, nessuno sfruttamento, libertà e uguaglianza per tutti, piene possibilità di sviluppare i propri talenti. Sembra proprio una vita meravigliosa. Cosa può andare storto?

    Questa illusione ha ingannato e spinto generazioni a combattere per arrivare a vivere “il sogno”. La maggior parte degli occidentali al giorno d’oggi, non hanno toccato con mano la tragica esperienza di vivere in uno Stato totalitario comunista. Per questo continuano a conservare l’illusoria speranza di poter raggiungere il paradiso comunista; soffiano quindi sul fuoco dell’ideologia socialista, sostenendo il Comunismo.

    Tuttavia, ogni singola idea proposta da Marx è una pura illusione.

    Il Marxismo sostiene che in una società comunista si può godere di una sovrabbondanza di beni materiali. Il problema, però, è che i desideri umani non hanno fine. Ci sono dei limiti all’interno dei quali l’essere umano si trova a vivere: la conoscenza limitata del mondo che lo circonda, le risorse naturali finite, le ore di veglia e di sonno, le capacità fisiche di ognuno e via così. È inevitabile che persone diverse debbano affrontare privazioni e mancanze diverse. Questo è il punto di partenza più basilare di tutti gli studi economici.

    Se queste limitazioni non ci fossero, non ci sarebbe bisogno di studiare e scegliere quale possa essere il metodo di produzione più efficiente: questa fantomatica “sovrabbondanza” potrebbe soddisfare, in modo “naturale”, i bisogni di tutti, e potrebbe essere sperperata a volontà.

    Il Marxismo sostiene inoltre che in una società comunista si avrebbe un netto miglioramento dei valori morali presenti nella società. Tuttavia, in ogni persona esistono sia fattori positivi che fattori negativi: il miglioramento dell’etica di una persona richiede di seguire valori corretti, e di impegnarsi nel miglioramento di sé stessi sulla base di essi. Quello che il Marxismo invece sostiene è l’ateismo e la lotta di classe, che alimentano il lato malvagio dell’uomo.

    Sotto il Comunismo le persone non hanno libertà di credo e la religione viene unicamente preservata come strumento politico del partito comunista: le sue istituzioni vengono sfruttate per salvaguardare la tirannia, per portare fuori strada le persone del mondo, per resistere e opporsi a Dio e per portare le persone sempre più lontano da Dio. Senza una retta fede in Dio — e senza l’autodisciplina che ne deriva — il livello morale delle persone può solo scendere più in basso. Non deve sorprendere che tutti i leader comunisti siano stati dei tiranno arroganti, volgari e completamente immorali. Aspettarsi che i seguaci di questi tiranni migliorino notevolmente il proprio livello morale è un controsenso.

    Il Marxismo attira le persone con l’illusione dell’uguaglianza Eppure per poter garantire la ridistribuzione delle risorse raccolte e prodotte è necessario controllarne strettamente il processo; la distribuzione del potere sotto il totalitarismo è ingiusta al massimo grado. Di conseguenza, la distribuzione delle risorse sotto il totalitarismo sarà anch’essa ingiusta al grado massimo. In tutti i Paesi in cui vi è o vi è stato un governo di stampo socialista, si può osservare la formazione di una casta di privilegiati, grandi differenze tra ricchi e poveri e la repressione delle persone da parte dello Stato.

    Il Marxismo inganna con la promessa di «da ciascuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni[26]». Tuttavia, le economie socialiste sono legate al potere: il cittadino comune non gode delle libertà più basilari, per non parlare della possibilità di agire secondo le proprie volontà e capacità. Dato che i desideri umani sono senza fine, nemmeno la persona più ricca sulla Terra potrà mai avere tutto quello che vuole; per non parlare di una persona media. È impossibile raggiungere una sovrabbondanza di beni, data la naturale scarsità di risorse, per non parlare poi di quanto sia difficile mettere in pratica una distribuzione”equa” delle risorse, a chiunque ne abbia bisogno.

    Lo Spettro del Comunismo inganna le persone promettendo che ogni membro della società potrà sviluppare ed esprimere in pieno le sue capacità. Il Marxismo afferma che la divisione del lavoro crea alienazione, ma di fatto la divisione del lavoro è necessaria in ogni società.

    Nel trattato La ricchezza delle nazioni Adam Smith sostiene che la divisione del lavoro possa aumentare fortemente la produttività e promuovere la prosperità. Le differenze create da questa ripartizione delle capacità non portano necessariamente allo scoppio di conflitti, né devono per forza produrre alienazione e depersonalizzazione. Le persone di qualsiasi classe sociale possono migliorare il proprio livello morale, contribuire alla società in modo positivo, ed essere felici.

    La visione economica comunista è immorale. I danni che provoca sono già stati osservati nei Paesi socialisti e comunisti, così come anche nelle varie forme di economia comunista camuffata, che si trovano in Occidente. Il Comunismo crea inevitabilmente una tirannia totalitaria, povertà e fame. I suoi fattori ingigantiscono inevitabilmente la parte malvagia della natura umana, e danneggiano l’etica presente nella società. È la controcultura peggiore e più malvagia nella Storia umana.

    Guardando agli eventi storici accaduti negli ultimi 100 anni circa, il Comunismo ha mostrato una cruda realtà: incitamento all’odio, uccisioni di massa, malvagità. Tutti i Paesi totalitari comunisti hanno portato a uccisioni crudeli e genocidi, e concesso ai cittadini i livelli più bassi di libertà e diritti umani. Mentre le risorse vengono esaurite per scopi militari, le proprietà del popolo vengono requisite da una classe privilegiata e potente; la maggior parte della popolazione è in uno stato di miseria.

    Lo Spettro del Comunismo non solo uccide le persone fisicamente, ma annienta i valori tradizionali e la cultura presente nel Paese, causando perdite gigantesche e non rimediabili.

    Gli standard morali sono già crollati a un terribile livello, toccando un fondo che è persino difficile da immaginare, in particolare nella Cina comunista: il prelievo forzato degli organi da persone ancora in vita — tra le quali praticanti del Falun Gong, uiguri e cristiani — è diventata una remunerativa operazione commerciale, portata avanti dagli apparati statali cinesi.

    Lo Spettro del Comunismo ha trasformato gli umani in mostri: i medici, che dovrebbero aiutare i malati, sono diventati degli assassini senza anima, mentre i Paesi che dovrebbero sostenere i diritti umani vengono convinti a chiudere un occhio, spinti da “incentivi” economici.

    Nello scorso secolo, i comunisti hanno utilizzato gli insegnamenti originali del Comunismo per attrarre le masse proletarie, gli intellettuali e i più giovani.

    Dopo il crollo dei regimi comunisti dell’Europa dell’Est, i Paesi nei quali lo Spettro del Comunismo controlla il governo direttamente hanno cambiato forma, cambiando l’immagine del Comunismo violento che li aveva contraddistinti.

    Tali Paesi hanno invece assorbito ed rielaborati elementi del sistema economico capitalista, cambiando il pelo ma non il vizio. I regimi comunisti hanno in essere un sistema con tassazione asfissiante, un forte sistema di sussidi sociali e la redistribuzione della ricchezza.

    Affermano di lavorare per migliorare gli standard di vita della popolazione, ripetendo la storiella che tutti quanti godranno dei frutti del “vero” Socialismo. L’inganno va avanti sotto un’altra forma.

    Il Comunismo si fa strada nel cuore delle persone sfruttando il desiderio umano di ricercare il bene. L’individuo che apre il suo cuore agli elementi dello Spettro si trasforma a poco a poco in un fanatico religioso, seguendo la dottrina comunista. Lo Spettro utilizza il desiderio di perseguire il bene per allontanare le persone da Dio. Inquina la mente delle persone, rafforza la loro parte malvagia e le porta a commettere tutti i tipi di crimini. Le persone vengono spinte nel vortice del “piacere” materiale, rifiutando di conseguenza aspirazioni più elevate e nobili, legate allo scopo più alto della vita umana. Lo Spettro del Comunismo chiede alle persone di sputare sangue e dedicare la loro vita per gli “ideali” della bandiera rossa; ma in cambio la loro anima viene avvelenata e il loro corpo fisico viene ucciso.

    Conclusione: prosperità e pace possono essere raggiunte solo grazie a una moralità elevata

    Prosperità e pace possono essere ottenute solo grazie ai valori morali. È naturale che gli esseri umani cerchino di raggiungere la felicità. Un’economia prospera può portare benessere, ma il settore economico non è un mondo isolato: sul sentiero di sviluppo economico, deviare dai valori etici e dalla morale, porterà allo scoppio di crisi. Una società che sia solo ricca è incapace di portare gioia e felicità alla popolazione, la prosperità materiale durerà poco. Quando i fondamenti etici e morali crollano, il risultato può essere disastroso.

    Nel 2010, il giornale cinese Quotidiano del Popolo — organo di stampa del PPCC — ha affermato che nonostante i balzi in avanti nello sviluppo economico, in Cina l’Indice di felicità nazionale ha continuato a scendere anno dopo anno. La seconda più grande economia del pianeta è infatti infestata dalla corruzione, dall’inquinamento e dai continui scandali alimentari: tutti elementi che hanno reso i cittadini cinesi molto insicuri sulla qualità della propria vita e sul futuro. In questo caso, sebbene la ricchezza pro capite possa essere aumentata, si può affermare che il livello morale della società e la felicità dei cittadini sono diminuiti.

    Quanto detto è il riflesso di uno dei difetti più disastrosi del Comunismo: considerare gli umani come se fossero fatti solo di carne e ossa. Ma la mente e lo spirito sono molto più importanti. Prima che una persona venga al mondo, Dio ha già creato il sentiero da intraprendere durante la sua vita.

    I cinesi hanno un detto sul senso di destino: “non c’è sorso, non c’è morso, che non sia predestinato!” Allo stesso modo in Occidente i credenti pregano prima di mangiare, per ringraziare la provvidenza divina. Chi ha fede comprende che la ricchezza è una grazia concessa da Dio, il che aiuta a mantenere un cuore umile e grato; la persona si sentirà quindi appagata e felice.

    Tra i passeggeri del Titanic vi era il milionario John Jacob Astor IV. Era talmente ricco che si dice avrebbe potuto far costruire altre 30 navi come quella sulla quale viaggiava, diretta verso il disastro. Davanti alla morte, ha scelto di fare quello che riteneva moralmente corretto: ha protetto donne e bambini e ha lasciato il suo posto su una scialuppa a due bambini terrorizzati[27].

    Stessa situazione per il milionario Isidor Straus, anche lui morto sul Titanic, rifiutò un posto su una scialuppa dicendo «Non prenderò un posto prima degli altri uomini». Sua moglie Ida non lo lasciò, diede il suo posto sulla scialuppa alla loro domestica, dicendo «Non voglio separarmi da mio marito. Come abbiamo vissuto insieme, così moriremo, insieme[28].»

    Persone di grande ricchezza hanno scelto di attribuire maggiore importanza ai valori tradizionali e alla loro fede, piuttosto che utilizzare l’opportunità di salvare sé stessi e le proprie ricchezze materiale. La loro scelta, basata su un senso etica e di giustizia, è una manifestazione della meraviglia che è la civiltà umana e della natura umana: un carattere nobile è ancora più importante della vita, la quale è a sua volta più importante della ricchezza.

    Il signor Li Hongzhi, fondatore della Falun Dafa, ha scritto, nell’articolo Ricchezza e virtù:

    «Portare la ricchezza alla popolazione è il dovere di governanti e amministratori, ma promuovere la venerazione del denaro è la peggiore azione che si possa compiere. La ricchezza senza la virtù danneggerà tutti gli esseri senzienti, mentre la ricchezza con la virtù è ciò che sperano tutte le persone. Perciò, uno non può avere la ricchezza senza promuovere la virtù.

    La virtù è stata accumulata nelle vite precedenti. Diventare un re, un ufficiale, un ricco o un nobile, tutto proviene dalla virtù. Nessuna virtù, nessun guadagno; la perdita della virtù significa proprio la perdita di ogni cosa. Perciò, quelli che cercano il potere e la ricchezza devono prima accumulare la virtù; soffrendo avversità e compiendo buone azioni, si può accumulare tanta virtù. Per questo, si deve comprendere il principio di causa/effetto. La conoscenza di questo principio può mettere in grado i governanti e la popolazione di esercitare l’autocontrollo; la prosperità e la pace prevarranno allora sotto il cielo[29]».

    Quando gli esseri umani riescono a mantenere i valori menzionati qui sopra nel gestire la loro ricchezza e la loro vita, i problemi economici innescati dall’avarizia, dalla pigrizia e dalla gelosia umana verranno ridotti considerevolmente. Quando l’umanità riesce a trattenere i propri desideri egoistici, l’ideologia dello Spettro del Comunismo non sarà più capace di indurre in tentazione il cuore delle persone.

    Sarà allora che Dio porterà benedizione agli esseri umani, a coloro che avranno standard morali elevati. Di conseguenza, per l’umanità verrà realizzata un’economia ideale: ricchezza per il mondo, calma nei cuori e pace nella società.

    Lo Spettro del Comunismo ha messo in atto piani intricati per distruggere l’Umanità: l’aspetto economico ne è solo una parte. Per liberarci dal controllo degli “ideali” comunisti è necessario esporre questa cospirazione nella sua interezza, essere chiari sui messaggi volti a indurre in tentazioni e smettere di riporre alcun tipo di speranza in questa ideologia fallimentare.

    È anche necessario riportare in auge i valori tradizionali, l’etica e la virtù. In questo modo, l’Umanità potrà ottenere una prosperità e una felicità di lunga durata, oltre che una vera pace sociale. Solo allora la civiltà umana potrà irradiare una nuova vitalità.

    Note bibliografiche

    [1] “La dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti”, http://www.ushistory.org/declaration/document/.

    [2] Karl Marx e Friedrich Engels, “Manifesto del Partito Comunista”, https://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1848/manifesto/mpc-2c.htm.

    [3] Fred Schwartz e David A. Noebel, You Can Trust the Communists… to Be Communists (Socialists and Progressives too) (Manitou Springs, CO: Christian Anti-Communism Crusade, 2010), 43–45.

    [4] Friedrich Hayek, The Fatal Conceit: The Errors of Socialism (Routledge, Agosto 2013).

    [5] Thomas Sowell, Intellectuals and Society, Revised and Expanded Edition (New York: Basic Books, 2012), Capitolo 2.

    [6] F. A. Hayek. “The Use of Knowledge in Society”, The American Economic Review, Vol. 35, No. 4. (settembre 1945), 519–530.

    [7] Ludwig von Mises. “Economic Calculation in the Socialist Commonwealth”, Mises Institute. Consultato il 26 luglio 2018 https://mises.org/library/economic-calculation-socialist-commonwealth.

    [8] Shi Shan. “Quagmire in the Reform of China’s State-Owned Enterprises”, Radio Free Asia, 22 settembre 2015, https://www.rfa.org/mandarin/yataibaodao/jingmao/xql-09222015103826.html.

    [9] Linette Lopez, “Zombie Companies Are Holding China’s Economy Hostage”, Business Insider, 24 maggio 2016 https://www.businessinsider.com/chinas-economy-is-being-held-hostage-2016-5.

    [10] Jason Long, “The Surprising Social Mobility of Victorian Britain”, European Review of Economic History, Volume 17, Issue 1, 1 febbraio 2013, 1-23, https://doi.org/10.1093/ereh/hes020.

    [11] John Kenneth Galbraith, The Good Society: The Humane Agenda (Boston, MA: Houghton Mifflin Co., 1996), 59–60; Karl Popper, The Open Society and Its Enemies (Routledge, 2012).

    [12] Michael Rothschild, Bionomics: Economy as Business Ecosystem (Washington, D.C.: BeardBooks, 1990), 115.

    [13] Adam Smith, The Theory of Moral Sentiments (Philadelphia: Anthony Finley, J. Maxwell Printer, 1817).

    [14] Lawrence Kudlow, American Abundance: The New Economic and Moral Prosperity (New York: Harper Collins Publishers, 1997).

    [15] Thomas Sowell, Economic Facts and Fallacies (New York: Basic Books, 2008), 174.

    [16] Friedrich Engels, “1881: Trades Unions,” Marxists.org, 20 maggio 1881, https://www.marxists.org/archive/marx/works/1881/05/28.htm.

    [17] Vladimir Lenin, n.d., “The Trade Unions, The Present Situation and Trotsky’s Mistakes” Consultato l’8 luglio 2018, https://www.marxists.org/archive/lenin/works/1920/dec/30.htm.

    [18] Lü Jiamin, “A History of Leninist Theory on Unions”, Liaoning People’s Press (1987).

    [19] James Sherk, “What Unions Do: How Labor Unions Affect Jobs and the Economy”, sito della Heritage Foundation, 21 maggio 2009, https://www.heritage.org/jobs-and-labor/report/what-unions-do-how-labor-unions-affect-jobs-and-the-economy.

    [20] Edwin J. Feulner, “Taking Down Twinkies”, sito della Heritage Foundation, 19 novembre 2012, https://www.heritage.org/jobs-and-labor/commentary/taking-down-twinkies.

    [21] James Sherk, “What Unions Do: How Labor Unions Affect Jobs and the Economy”, sito della Heritage Foundation, 21 maggio 2009, https://www.heritage.org/jobs-and-labor/report/what-unions-do-how-labor-unions-affect-jobs-and-the-economy.

    [22] Ibid.

    [23] Sherk (2009) Ibid.

    [24] Steve Inskeep, “Solidarity for Sale: Corruption in Labor Unions”, National Public Radio, 6 febbraio 2007, https://www.npr.org/templates/story/story.php?storyId=5181842.

    [25] Ibid.

    [26] Karl Marx, “Critica del programma di Gotha”, https://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1875/gotha/cpg-cp.htm.

    [27] Children on the Titanic (documentario, 2014).

    [28] Isidor Straus, Autobiography of Isidor Straus (The Straus Historical Society, 2011), 168–176.

    [29] Li Hongzhi, “Ricchezza e Virtù”, Elementi essenziali per un ulteriore avanzamento, 27 gennaio 1995, http://it.falundafa.org/imported/92Essenziali-I/Essenziale-1-2017.pdf.