(Minghui.org) Una vedova con molti problemi di salute lottava per guadagnarsi da vivere vendendo frutta. La sua era una vita miserabile fino a che, nel 1995, ha iniziato a praticare il Falun Gong, tuttavia la nuova vita felice di Dong Lingui è caduta in pezzi quando il Partito Comunista Cinese ha iniziato a perseguitare il Falun Gong nel luglio 1999.

Dong, settantenne della città di Jiamusi, provincia dell'Heilongjiang, è stata ripetutamente arrestata per aver sostenuto la sua fede nel Falun Gong. Nel 2002 è stata condannata a dodici anni di prigione e brutalmente torturata. Di recente ha inviato un articolo al sito Web Minghui che riassume le sofferenze che ha dovuto sopportare.

Quella che segue è la sua testimonianza.

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Mio marito è morto di malattia nel 1992, lasciandomi piena di debiti. A quel tempo avevo quarantatré anni, non avevo un posto dove vivere e mi era difficile anche soltanto trovare un riparo. Oltre allo stress mentale ho sviluppato molti problemi di salute, tra cui l'aterosclerosi, malattie cardiache, calcoli biliari, malattie renali, ipertensione e artrite, tuttavia dovevo lavorare sodo per guadagnarmi da vivere, il che ha fatto sì che la mia salute peggiorasse. Mi chiedevo spesso perché dovevo soffrire così tanto.

Nell'aprile 1995 qualcuno mi ha fatto conoscere il Falun Gong, una pratica di coltivazione nota anche come Falun Dafa. Ho iniziato a leggere i suoi insegnamenti principali nel libro Zhuan Falun e ho capito che le sofferenze della nostra vita non sono casuali. Assimilandoci ai principi di Verità, Compassione e Tolleranza del Falun Gong, possiamo ottenere una buona salute e l'illuminazione spirituale. Mentre continuavo a leggere il libro e a fare gli esercizi, i miei disturbi sono scomparsi ed il miglioramento del mio carattere morale mi riempiva di felicità ogni giorno.

Arresti multipli in pochi anni

Nel luglio 1999 l'ex leader comunista Jiang Zemin ha lanciato una campagna nazionale contro il Falun Gong, riempiendo le trasmissioni radiofoniche di una massiccia propaganda diffamatoria. Mi sono unita ad altri praticanti con lo scopo di andare a Pechino per fare appello per il diritto di praticare il Falun Gong.

Prima che potessi dire ad alta voce: «La Falun Dafa è buona» in Piazza Tiananmen, la polizia di Pechino mi ha arrestata e mi ha portata allo stadio Fengtai. Insieme a molti altri praticanti detenuti lì sono stata costretta a rimanere all'aperto sotto il sole cocente per un'intera giornata, mentre venivo maltrattata verbalmente e picchiata. Non ho mangiato né bevuto per trentasei ore di fila. Mentre venivo riportata dalle autorità, sono riuscita a scappare ed a tornare a casa.

Sono andata più volte a Pechino per fare appello per il Falun Gong e sono stata condotta nei centri di detenzione per un totale di quattro volte. Quando sono andata nuovamente in Piazza Tiananmen, gli agenti in borghese mi hanno picchiata e mi hanno messa in un furgone della polizia. In seguito sono arrivati degli agenti di polizia della mia zona e mi hanno riportata al centro di detenzione di Jiamusi, dove sono rimasta tre mesi. Ci veniva dato da mangiare pollo e pane di mais mescolati con escrementi di topo. Durante la notte più di trenta persone dovevano stringersi su un grande letto fatto di mattoni. Sono stata anche picchiata e sottoposta ad alimentazione forzata.

Per far conoscere a più persone la verità sul Falun Gong, ho deciso di recarmi nuovamente a Pechino. Siccome ero stata diligente nell’alzarmi presto e lavorando come venditrice ambulante, ho risparmiato abbastanza soldi per il viaggio. Ancora una volta, sono stata arrestata, picchiata e portata all'ufficio di collegamento di Jiamusi a Pechino. Dopo essere stata riportata al centro di detenzione di Jiamusi, le guardie e i detenuti mi hanno picchiata e mi hanno insultata verbalmente.

Dato che ho fatto uno sciopero della fame per protestare, sono stata alimentata forzatamente con un tubo lungo che mi è stato inserito dal naso fino allo stomaco e lasciato appositamente nel corpo giorno dopo giorno. Era estremamente doloroso. Le guardie mi hanno anche legata al pavimento con braccia e gambe aperte.

Una volta, nel centro di detenzione ero sul punto di morire. Per evitare di essere ritenuti responsabili, i funzionari del centro di detenzione mi hanno portata in un campo di lavoro “per tre anni”. Notando le mie condizioni di salute disastrose, i funzionari del campo di lavoro hanno rifiutato di ammettermi e sono tornata a casa.

Dopo aver pagato l'affitto di un mese, ho visto che avevo abbastanza soldi per un altro viaggio, così sono andata nuovamente a Pechino. In Piazza Tiananmen ho sollevato uno striscione con la scritta: "La Falun Dafa è buona". La polizia ha arrestato i praticanti vicino a me, quindi ho sollevato un altro striscione con su scritto “Verità-Compassione-Tolleranza sono buone". Circa otto agenti in borghese mi sono venuti subito incontro prendendomi a calci, colpendomi e trascinandomi in un furgone della polizia.

Quel giorno molti di noi sono stati arrestati, quindi la polizia ci ha portati in un posto a circa ottanta chilometri di distanza. Hanno riferito che le prigioni di Pechino, i campi di lavoro ed i centri di detenzione erano tutti pieni. Non abbiamo dato loro i nostri nominativi e nel cuore della notte ci hanno portati in una zona rurale dell'Hebei e ci hanno rilasciati.

Tre confinamenti solitari in prigione

L'8 gennaio 2002, quando sono uscita, la polizia mi ha arrestata e mi ha colpita duramente alla testa. Sono stata condannata a dodici anni e, nel settembre 2002, sono stata trasferita nella prigione femminile dell'Heilongjiang.

L'agente Wang Yali mi ha costretto ad accovacciarmi per potermi picchiare ed umiliare. Anche Xiao Linqiang dell'Ufficio 610 mi ha picchiata, tentando di costringermi a scrivere una dichiarazione di rinuncia alla mia fede. Xiao mi ha schiaffeggiato in faccia venti volte e mi ha messa in isolamento.

Oltre a farci fare delle esercitazioni militari, le guardie ci costringevano a saltare come delle rane. Chiunque avesse rifiutato di conformarsi veniva colpito con bastoni elettrici. Ci lasciavano fuori al sole per dodici ore al giorno e poi ci sottoponevano alla tortura di volare come l'aereo: dovevamo piegare la schiena mentre le gambe rimanevano dritte con i piedi uniti e le braccia dovevano essere portate nella posizione più alta possibile, con le mani che toccavano il muro. Ci venivano concesse soltanto due ore di sonno a notte e ci torturavano, nell’intento di costringerci a rinunciare alla nostra fede.

Illustrazione della tortura: "Volare come l'aereo"

In seguito sono stata mandata in un altro reparto la cui responsabile era Yang Hua che ci costringeva a correre sotto il sole ardente per dodici ore al giorno, poi ad accovacciarci ed a "volare come l'aereo" di notte. Questo è andato avanti per dodici giorni consecutivi. Quando non ce la facevo più a continuare, mi hanno lasciato dormire per due ore. A quel punto, avevo un forte mal di testa, vertigini e spesso inciampavo. Sono stata messa in una cella d'isolamento e di nuovo alimentata forzatamente.

Un mese dopo essere stata mandata in prigione, l'ufficiale Wang Yali, incaricato dell'isolamento, ha ordinato a Lin, un ufficiale uomo, di picchiare e interrogare le praticanti. Lin era ubriaco e mi ha dato un pugno in testa, stendendomi a terra. Quando in seguito ho ripreso conoscenza, ho scoperto che molti dei miei denti erano caduti: me ne restavano soltanto otto. Le guardie in seguito mi hanno legata ad una sedia di metallo e Zhang Shufan, che era stata condannata per omicidio, mi ha coperto il naso e la bocca. Quando ha visto che avevo smesso di respirare, mi ha portata fuori dalla cella d'isolamento.

Il giorno seguente, quando ho ripreso conoscenza, diverse detenute pensavano fossi morta. Sapevo che, anche se ero sopravvissuta miracolosamente, molti praticanti erano morti in quel modo in prigione.

Dopo qualche tempo sono stata trasferita in un altro reparto il cui responsabile era Zheng Jie. Era un inverno gelido e sono stata costretta a sedermi sul pavimento freddo di cemento per otto mesi. Ci veniva dato solamente mezzo panino al vapore per pasto. Nonostante il freddo estremo della Cina nordorientale, ogni notte ci veniva data una bacinella di acqua fredda in cui fare il bagno all'aperto: eravamo congelate fino all'osso. Tutto ciò veniva fatto per costringerci a rinunciare alla nostra fede.

Poiché non avevo infranto alcuna legge, mi sono rifiutata di seguire le regole della prigione e sono stata messa in isolamento per la terza volta. Ancora una volta, sono sopravvissuta a malapena.

La situazione era ancora peggiore nel reparto in cui era al comando Zhao Yingling. Dovevamo alzarci alle cinque e sederci su uno sgabello, immobili, fino a mezzanotte. La nostra biancheria da letto veniva lasciata all'aperto per far sì che fosse il più fredda possibile. Zhao seguiva la routine ogni giorno senza eccezioni, specialmente nei giorni in cui nevicava. La nostra biancheria da letto era come il ghiaccio, il ché rendeva l'idea di andare a dormire una terribile prospettiva.

Ustionata con una stufa elettrica

Un giorno, Zhao ha detto che faceva troppo freddo, quindi ha portato una stufa elettrica per tenermi “al caldo”.

Le detenute mi hanno tolto tutti i vestiti e mi hanno tenuto la stufa contro il viso ed il petto per bruciarmi. Potevo sentire il suono sfrigolante e faceva tremendamente male. Zhao ha anche istigato le altre detenute a picchiarmi a piacimento, a volte con manganelli, a volte buttandomi per terra.

A causa dell’ustione il mio petto è rimasto ferito, così come i miei occhi. Nemmeno ora riesco ad avere una visione chiara.

All'interno della prigione sono stata tenuta in isolamento più volte, per diversi anni in totale. Quando facevo lo sciopero della fame per protestare, venivo alimentata forzatamente con il vino, il che mi faceva vomitare sangue. Venivamo anche appese ad una corda o, ammanettandoci le mani dietro la schiena, ci incatenavano a terra.

Illustrazione della tortura: ammanettata con le catene

L'alimentazione forzata era brutale. Una manciata di farina di mais veniva aggiunta all'acqua calda e ci veniva somministrata cruda. Una guardia ha detto che alcuni, dopo essere stati alimentati forzatamente per sessanta giorni, ne uscivano distrutti ed in effetti dopo sessanta giorni alcuni di noi praticanti erano in pericolo di vita e quindi sono stati portati in isolamento.

Non sono potuta uscire per settantadue giorni. Spesso c’era sangue nelle mie feci. I nostri apparati digerenti sono stati danneggiati dall'alimentazione forzata e poiché usavano il vino, i nostri stomaci erano feriti e spesso vomitavo sangue.

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