(Minghui.org) Un’amica praticante, dopo l’inizio della persecuzione del 1999, ha smesso di praticare la Falun Dafa. Anni dopo, con l’aiuto di altri praticanti, è però tornata sui suoi passi. Mi ha detto che il suo problema era stato il non studiare a sufficienza la Fa.

Più avanti, durante una sessione di condivisione, ha ripetuto di nuovo che il suo problema era stato non aver studiato abbastanza la Fa. Nel corso degli anni è diventata la sua frase preferita dire che si era guardata dentro e aveva capito che il suo problema era stato l’insufficiente studio della Fa. Lo diceva per mostrare che aveva fatto ciò che viene richiesto ai coltivatori, vale a dire guardarsi dentro, eppure aveva costantemente fallito nel correggere il problema che aveva identificato.

Non fermarsi nell’identificare gli attaccamenti

Ci sono anche altri praticanti che si sono affrettati a fornire un lungo elenco dei loro attaccamenti prima ancora che altri potessero indicare dove non fossero riusciti a coltivare. Sebbene fossero bravi a identificare i loro attaccamenti, non hanno mai fatto uno sforzo per cambiare sé stessi, anche dopo anni di coltivazione.

Il Maestro ci ha detto nella Fa che guardarsi dentro è uno strumento magico, ma non dovremmo fermarci a questo. Una volte scoperte, dovremmo coltivare attivamente i nostri attaccamenti e le nozioni umane.

Quando ci guardiamo dentro e troviamo i nostri attaccamenti, non significa che abbiamo coltivato bene o che possiamo usarla come scusa per proteggerci dall’ascoltare gli altri.

Lo scopo di guardarsi dentro

Alcuni praticanti non si guardano dentro finché non arrivano al punto di non avere altra scelta. Rimangono bloccati nella loro coltivazione e stanno affrontando un conflitto che non può essere risolto se non si correggono da soli. In tal caso il loro scopo di guardarsi dentro non è puro. Lo fanno solo per risolvere i loro problemi.

Ad esempio quando i figli o i nipoti di alcuni praticanti si imbattono in qualche tribolazione si guardano dentro di sé molto attentamente e affermano di non coltivare bene; altrimenti i loro figli non avrebbero incontrato tali tribolazioni. Il loro scopo è garantire ai loro figli una vita felice e pacifica, non il proprio miglioramento.

Un’amica praticante ha perso tutti i suoi risparmi a causa della cattiva gestione del denaro da parte di suo figlio, ma è comunque riuscita a spremere denaro dalla sua pensione per darlo al ragazzo, sostenendo anche che egli l’aveva aiutata a eliminare il suo karma. Si coltivava diligentemente e desiderava che, attraverso la sua scrupolosa coltivazione, suo figlio avesse una vita migliore. Questo è il suo attaccamento, ma le ci girava intorno per evitare di vedere il suo vero cuore umano.

Un altro problema comune che vediamo spesso nei praticanti è quando il proprio karma di malattia dura a lungo, allora si cerca disperatamente di guardarsi dentro. In quel caso lo scopo della propria coltivazione non è quello di migliorare veramente sé stessi, ma di eliminare il karma di malattia.

Lo scopo di guardare dentro di sé è quello di trovare i propri attaccamenti ed eliminarli. Solo quando coltiviamo veramente noi stessi possiamo raggiungere un’elevazione costante nei nostri regni.

Sforzi incerti nel guardarsi dentro

Conosco un altro praticante a cui non è mai importato di identificare gli attaccamenti radicati. Ogni volta che si imbatteva in tribolazioni si guardava anche dentro, ma quando gli chiedevi cosa avesse identificato rispondeva: “Oh, è solo il mio cuore umano”.

“Qualche altra cosa?”

“Beh, l’egoismo”.

“Cos’altro? Tutti gli attaccamenti sono dovuti al cuore umano. Questo è tutto”. Poi diventava impaziente.

Questo tipo di sforzo incerto nel guardarsi dentro non porterà a nulla. Se non si ha alcun interesse a cercare la causa principale del proprio attaccamento, diventa difficile liberarsene.

Io stesso ero così. Anche se mi sbagliavo, discutevo e mi spiegavo, facevo qualsiasi cosa tranne ammettere la mia colpa.

Con lo studio continuo della Fa e coltivando il mio cuore ho gradualmente capito che ciò che volevo proteggere era il mio egoismo. Le parole “egoismo” e “morte” sono omofoni in cinese. Ero abbastanza consapevole che se mi fossi ancora ostinatamente aggrappato a questo “egoismo”, sarebbe diventato un vicolo cieco per la mia coltivazione.

Grazie a un’ulteriore coltivazione sono gradualmente maturato. Ogni volta che mi guardo dentro e trovo il mio attaccamento lo eliminerò immediatamente senza indugio. Mi rifiuto di lasciarlo lì per anni e anni.

Non posso dire di poter eliminare i miei attaccamenti in modo pulito e completo in una volta sola, ma posso sentire che quando mi elevo, e quando appare lo stesso attaccamento, riesco a gestirlo con una mentalità diversa. Ricascarci è una cosa frequente, ma cerco di non scoraggiarmi, di imparare dai miei errori e dalle lezioni e a resistere, non importa quanto sia difficile. Di solito lo supero studiando molto la Fa.

La coltivazione è un processo dove ci si tempra ripetutamente e, alla fine, ne uscirà l‘oro vero.

Questa è la mia comprensione al mio livello. Vi prego di farmi notare qualsiasi cosa inappropriata.

Nota dell’editore: questo articolo rappresenta solo l’attuale comprensione dell’autore destinata alla condivisione tra i praticanti in modo da permetterci di seguire le parole del Maestro: “confrontatevi nello studio e nella coltivazione”. (“Coltivazione salda”, Hong Yin).