(Minghui.org) Nel mese di dicembre dell’anno scorso, dopo aver subito tre anni e mezzo di frequenti torture per non aver rinunciato alla sua fede nella Falun Dafa, una donna di 70 anni della città di Chuxiong, nella provincia dello Yunnan, è stata finalmente rilasciata. Dopo oltre sei mesi dal ritorno a casa, Wang Meiling ha ancora dolori persistenti in tutto il corpo, soprattutto nella zona del bacino e alla parte bassa della schiena. Ha anche mal di testa e spesso si sente letargica e sonnolenta.

Secondo Wang, le guardie e le detenute della seconda prigione femminile provinciale dello Yunnan hanno fatto di tutto per rendere la sua vita miserabile, nel tentativo di costringerla a rinunciare alla sua fede nella Falun Dafa, una pratica per il benessere della mente e del corpo che viene perseguitata dal regime comunista cinese dal 1999.

Le detenute le hanno somministrato farmaci sconosciuti, spruzzato gli occhi con acqua al peperoncino e aggredita fisicamente. Aveva quasi 60 anni mentre era in prigione ed era ancora costretta a svolgere lavori pesanti, senza pause per andare in bagno. Le guardie le limitavano anche l’acqua potabile, il bucato e lavare la biancheria. Anche la sua pensione e l’assicurazione medica, come parte dei suoi benefici pensionistici, sono state sospese.

Sintesi della persecuzione

Nata nel 1953 Wang vive nella città di Chuxiong ed è una contabile in pensione di un’azienda locale che produce spilli. Nel febbraio 1999 ha iniziato a praticare la Falun Dafa. Cinque mesi dopo l’inizio della persecuzione ha subito numerosi arresti, molestie e incarcerazioni per aver sostenuto la sua fede.

Nel 2002, prima della sua ultima incarcerazione, era stata messa per tre anni in un campo di lavoro forzato (il suo termine è stato prolungato di otto mesi perché non aveva rinunciato alla Falun Dafa) e, nel 2011, ha trascorso tre anni in carcere. Di seguito sono riportati i dettagli del suo ultimo arresto e delle torture subite in prigione.

Arresto e irruzione in casa

Quando la mattina del 21 giugno 2019 Wang è tornata a casa dopo aver fatto la spesa, otto agenti in borghese che la aspettavano fuori le hanno preso la borsa, le chiavi e sono entrati nel suo appartamento. Uno di loro le ha sventolato davanti agli occhi un pezzo di un mandato di perquisizione in bianco. Gli agenti hanno detto che qualcuno l’aveva denunciata per aver distribuito volantini della Falun Dafa. Le sono stati confiscati il computer, i libri della pratica, i volantini, i DVD e la carta moneta stampata con informazioni sulla Falun Dafa (come modo per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla persecuzione, data la rigida censura dell’informazione in Cina).

Dopo l’irruzione, quando la polizia l’ha trascinata al piano di sotto, ha gridato “La Falun Dafa è buona!”, in segno di protesta. Di conseguenza, gli agenti le hanno tappato la bocca.

Interrogatori e visite negate durante la detenzione

Gli agenti hanno portato Wang alla stazione di Xicheng per essere interrogata, ma lei si è rifiutata di rispondere alle loro domande. Nel pomeriggio è stata trasferita alla stazione di Niujiezhuang. Un agente voleva farle firmare una lista di oggetti confiscati, ma lei si è rifiutata perché non le era stato permesso di verificare ciò che le era stato sequestrato. La polizia le ha scattato delle foto, l’ha portata in ospedale per un esame fisico e, la sera stessa, l’ha condotta nel centro di detenzione della città di Kunming.

Due agenti della stazione di Niujiezhuang si sono recati più volte al centro di detenzione per interrogarla. Quando lei si rifiutava di rispondere alle domande, la insultavano.

Le guardie del centro di detenzione l’hanno ripetutamente costretta ad accovacciarsi e ad alzarsi. Il terzo giorno è svenuta per l’elevata pressione sanguigna.

Subito dopo l’arresto i suoi familiari hanno assunto un avvocato per difenderla ma quando, nel mese di luglio, il legale si è recato al centro di detenzione per parlare con lei, le guardie non glielo hanno permesso, sostenendo che il suo caso era speciale.

I familiari hanno presentato un reclamo all’agenzia di supervisione del centro di detenzione, ma sono stati minacciati dalla polizia che ha vietato loro di creare problemi. La famiglia non si è tirata indietro. L’avvocato ha ottenuto di poterle fare visita in agosto.

Processo e condanna alla prigione

Il 17 ottobre 2019 Wang è stata incriminata dal Procuratore distrettuale di Wuhua. È stata accusata di far parte di un “organizzazione di culto per minare l’applicazione della legge”, il pretesto standard usato per criminalizzare i praticanti del Falun Gong in Cina.

Poco dopo l’incriminazione, un funzionario del tribunale distrettuale di Wuhua ha chiamato i familiari per chiedere loro di assumere un avvocato. I familiari hanno chiesto di poterla rappresentare come difensori non avvocati e il funzionario ha risposto affermativamente. Ma quando hanno presentato la domanda, il presidente del tribunale Qin Xiaoying ha chiesto loro di fornire la prova di non avere precedenti penali, cosa non richiesta dalla legge. La famiglia si è comunque recata alla stazione di Xicheng, per richiedere tale documento, ma il funzionario si è rifiutato di rilasciarlo. Il giudice ha quindi negato alla famiglia la richiesta di rappresentare Wang.

Tra agosto e ottobre 2020 sia il suo avvocato che i suoi familiari, per tre volte hanno richiesto il rilascio su cauzione. Le prime due volte il giudice ha respinto la domanda senza fornire una motivazione. La terza volta l’ha negata, sostenendo che la donna avrebbe potuto non presentarsi in tribunale una volta rilasciata.

Il 13 novembre 2020, durante un incontro pre-processuale, l’avvocato ha chiesto al giudice di rilasciare Wang su cauzione, ma la richiesta è stata ancora una volta respinta.

Alcune ore prima dell’udienza del 19 novembre 2020 Wang è stata portata all’ospedale Xinhua per un esame del sangue e un test COVID-19. Più tardi è stata condotta in aula, senza aver fatto colazione.

Il suo avvocato ha chiesto al giudice di ricusarsi perché ha violato le procedure legali in diversi ambiti: 1) Wang è stata detenuta per 13 mesi, superando di molto il limite di 3 mesi, senza procedure ufficiali per estendere la detenzione; 2) il giudice ha negato la richiesta dell’avvocato di rilasciare Wang su cauzione, senza fornire alcuna motivazione; 3) il giudice ha rifiutato di permettere all’avvocato di fotocopiare il materiale del suo caso prima del processo. Il giudice non ha accettato e ha proceduto con l’udienza.

Il pubblico ministero non ha presentato alcuna prova durante l’udienza, né alcun testimone si è presentato in aula per accettare il controinterrogatorio. Ha anche suggerito di dare all’imputata una sentenza pesante perché era una “recidiva”, dato che aveva già scontato un campo di lavoro e una pena detentiva per aver praticato la Falun Dafa. Il 23 novembre il giudice ha annunciato di aver condannato Wang a tre anni e mezzo di prigione, oltre a una multa di 5.000 yuan (circa 640 euro).

Wang ha presentato ricorso in appello presso il tribunale intermedio di Kunming. I suoi familiari hanno chiesto nuovamente di rappresentarla e hanno invitato il tribunale a tenere un’udienza aperta sul suo caso di appello. Yang Qiang, il giudice che presiede la corte d’appello, ha anche ordinato alla famiglia di presentare una prova per attestare l’assenza di precedenti penali. Yang ha detto che, anche con la prova, potrebbe comunque negare alla famiglia di fare da difensore non avvocato, soprattutto se essi stessi praticano la Falun Dafa.

La famiglia ha presentato un reclamo contro la Yang, sia al Procuratore della provincia dello Yunnan che al Procuratore di Kunming, chiedendo al giudice di ritirare la sua decisione. Nessuno dei due istituti ha risposto alla denuncia. Senza tenere un’udienza, il 21 aprile 2021 il tribunale intermedio ha deciso di confermare il verdetto originale.

Torture in prigione

Il 19 maggio 2021 Wang è stata portata nella seconda prigione femminile provinciale dello Yunnan. Per le prime due settimane, le donna è stata isolata nell’ottavo reparto e le è stato ordinato di memorizzare le regole della prigione e di scrivere dichiarazioni di rinuncia alla sua fede. Lei si è rifiutata di farlo. Ha invece scritto di come abbia tratto beneficio dalla pratica e di come il regime comunista cinese perseguiti i praticanti.

Dopo che Wang è stata trasferita nel nono reparto, la guardia ha assegnato a due prigioniere (collaboratrici) il compito di sorvegliarla costantemente. Le collaboratrici le imponevano quando poteva lavarsi e usare il bagno al mattino, perché i praticanti non potevano incontrarsi tra loro e dovevano fare i turni per usare certi servizi.

Dopo essere tornata dal bagno, doveva rimanere seduta su un piccolo sgabello, dalle 6:00 del mattino fino alle 21:00. Questa posizione le creava problemi alla schiena, alle gambe e alle natiche. Poteva andare in bagno solo tre volte al giorno, esattamente alle 10:30, alle 14:00 e alle 16:00. Le collaboratrici le hanno detto che, in caso di emergenza, avrebbe dovuto fare i bisogni nelle mutande.

Alla donna venivano date solo quattro tazze di acqua potabile (meno di un litro in totale) al giorno e si doveva affidare alle collaboratrici per i pasti. Doveva finire tutto il cibo che le portavano.

Dopo la tortura seduta, le guardie la costringevano a partecipare alle sessioni di allenamento fisico del mattino, per le quali doveva marciare o correre, nonostante avesse quasi 70 anni.

Gestione rigorosa

Due mesi dopo, Wang è stata messa sotto stretta sorveglianza, perché si rifiutava ancora di rinunciare alla sua fede. Le sessioni di allenamento sono state spostate dalla mattina al pomeriggio, per esporla al sole cocente. Se non era in allenamento doveva sedersi su un piccolo sgabello dalle 5:40 del mattino fino alle 22:00.

Ran Tao, direttore del nono distretto, incaricato di perseguitare i praticanti della Falun Dafa, ha gridato alla signora Wang: “Tutti voi che venite qui siete dei criminali! Avete un’unica possibilità: di dichiararvi colpevoli e di trasformarvi! Non avete la possibilità di non rinunciare al Falun Gong. Sono qui per eliminare il Falun Gong!”.

Wang ha cercato di chiarire a Ran che la pratica del Falun Gong non viola alcuna legge e che si è diffusa in tutto il mondo, ma solo in Cina viene perseguitata. Ran l’ha minacciata dicendo che avevano tutti i tipi di metodi per “raddrizzarla”.

Nel mese di luglio 2021 un’altra guardia, Wang Xin, ha calunniato la Falun Dafa durante una sessione di allenamento fisico e Wang ha cercato di fermarla. Wang Xin le ha spruzzato gli occhi con acqua al peperoncino e non le ha permesso di lavarseli.

Le guardie permettevano a Wang di fare la doccia e di lavarsi la biancheria e i calzini solo una volta alla settimana. Aveva solo sette minuti per farlo. Le era consentito fare il bucato due volte al mese e lavare la biancheria da letto una volta ogni due mesi. Ogni sera aveva poca acqua fredda per lavarsi i denti e i capelli, il viso e i piedi.

Un giorno di ottobre, Wang soffriva di ipertensione e vertigini, così si è rifiutata di andare alla sessione di addestramento. Una guardia le ha fatto scrivere una dichiarazione in cui prometteva che avrebbe obbedito alla direzione. Da allora le è stato concesso di bere una tazza d’acqua in più al giorno, di lavarsi e andare in bagno dopo aver fatto rapporto alle guardie.

A un certo punto una guardia le ha vietato di proposito di andare in bagno all’ora prevista. Lei ci è andata lo stesso perché non riusciva più a trattenersi. Un capitano l’ha chiamata nel suo ufficio e le ha detto che aveva violato le regole. Ha quindi minacciato di rimandarla a una gestione rigorosa.

Presentazione di reclami

Nel dicembre 2021 ha ricevuto una risposta dalla Procura provinciale dello Yunnan, in merito alla denuncia presentata ad agosto dalla prigione. Nel reclamo ha spiegato di non aver commesso alcun reato per aver esercitato il suo diritto di praticare il Falun Gong. La Procura della provincia le ha comunicato che il suo caso era stato trasmesso alla Procura di Kunming. La Procura della città ha risposto alla famiglia affermando che non avrebbe preso in carico il suo caso.

Restrizione degli acquisti

Oltre alle persecuzioni fisiche, come “tortura morbida” le guardie limitavano anche l’acquisto di beni di prima necessità. Chiunque sia stato sottoposto a una gestione rigorosa può spendere solo 100 yuan (circa 13 euro) al mese per le necessità quotidiane, tranne il cibo.

Prima di fare un acquisto, la praticante deve compilare una domanda e dichiarare nella stessa che ha infranto le leggi per la pratica della Falun Dafa. Senza questa dichiarazione, la guardia negherà la domanda. In altre parole, una praticante solida non avrebbe mai potuto acquistare beni di prima necessità, come carta igienica o assorbenti. Quando era sotto stretta sorveglianza, per un mese Wang ha dovuto usare la carta igienica usata da altre prigioniere.

Le guardie istigano le collaboratrici a maltrattare le praticanti tutto il giorno

Le collaboratrici, nel tentativo di compiacere le guardie, escogitavano vari metodi per torturare le praticanti, in modo da guadagnare punti per ridurre la pena detentiva. Le insultavano o rendevano la loro routine quotidiana il più difficile possibile.

Le collaboratrici incaricate di sorvegliarla non riferivano alla guardia quando aveva bisogno, fuori degli orari previsti, di andare in bagno. Rimandavano il più a lungo possibile e, quando finalmente poteva andarci, le urlavano di uscire in fretta. La situazione le causava disagio psichico e le provocava minzioni e movimenti intestinali anomali.

Durante l’orario previsto per la doccia settimanale, le collaboratrici facevano lo stesso. Le urlavano che il tempo a disposizione era scaduto o aveva usato troppa acqua, che doveva essere detratta alla prossima doccia. Lei andava nel panico e non riusciva a finire di lavarsi o lavare correttamente la biancheria intima.

Una sera di ottobre 2021 non le è stato permesso di lavarsi finché tutti le altre non avessero finito. Mentre si lavava, le detenute hanno iniziato a insultarla, accusandola di essersi lavata troppo tardi e di aver disturbato il loro sonno.

Il giorno successivo Wang ha iniziato uno sciopero della fame per protestare contro la persecuzione. Si è accorta che l’acqua potabile che le fornivano le collaboratrici aveva un sapore strano. Per diversi giorni si è sentita male e sonnolenta, dopo averla bevuta. In seguito, ha scoperto che avevano dato l’acqua a una guardia prima di darla a lei. Sapendo che la guardia doveva averle aggiunto una sostanza tossica, si è rifiutata di bere ulteriormente. Le collaboratrici hanno quindi smesso di dare l’acqua alla guardia e le vertigini sono scomparse.

Un fine settimana, una delle collaboratrici l’ha spintonata di proposito mentre faceva il bucato. La donna è caduta e si è fatta male al dorso, peggiorando il suo mal di schiena.

Nel febbraio dell’anno scorso una delle collaboratrici incaricate di sorvegliare Wang era una spacciatrice del Myanmar. Non le dava l’acqua calda in inverno, anche se la guardia aveva acconsentito. Una volta le ha detto che, una volta rilasciata, avrebbe denunciato alla polizia ogni praticante che avesse incontrato. L’altra collaboratrice diventava violenta con Wang, anche solo se le chiedeva una tazza d’acqua.

A giugno altre due collaboratrici sono state incaricate di sorvegliarla. Sapendo che soffriva di ipertensione e di forti dolori alla schiena, la costringevano ad accovacciarsi o a piegarsi per lavarsi e pulire la cella. Quando non riusciva a farlo fisicamente, veniva minacciata. Lei ha cercato di denunciarle alle guardie, che l’hanno spinta a terra.

Per anni le guardie hanno incitato di proposito le altre detenute a odiare le praticanti, coinvolgendole mentre le torturavano. Alcune detenute incolpavano le praticanti di non aver abbandonato il loro credo e di farle soffrire.

Persecuzione intensificata prima di essere rilasciata

Alcuni mesi prima che Wang venisse rilasciata, una collaboratrice le ha detto che doveva scrivere una dichiarazione di garanzia, in cui prometteva che non avrebbe praticato la Falun Dafa o contattato altri praticanti dopo il suo rilascio. La collaboratrice, dopo che la donna si è rifiutata di scrivere la dichiarazione, aveva minacciato di renderle molto difficile usare il bagno, lavarsi, prendere l’acqua potabile o fare il bucato. Una volta la collaboratrice ha preso di proposito un piatto molto piccante e l’ha costretta a finirlo.

Nel mese di settembre dell’anno scorso le autorità carcerarie hanno distribuito dolci della luna e frutta prima della festa di metà autunno. Le collaboratrici li hanno tolti a Wang insieme al piccolo snack di zucchero che aveva. Per i pasti dei giorni successivi, le hanno procurato solo riso e nessun piatto. Dopo la sua denuncia al capo guardia, si sono vendicate e non le hanno permesso di uscire per lavarsi.

Con tutti questi abusi, la salute di Wang è peggiorata. Oltre all’ipertensione e al mal di schiena, ha sviluppato anche dolore al petto, incontinenza e frequenti minzioni. Quando si è rifiutata di prendere le medicine fornite dalla prigione (temendo che potessero contenere ancora sostanze tossiche), il medico ha voluto farle firmare una liberatoria in cui affermava di essere responsabile di qualsiasi cosa le fosse accaduta. La donna ha scritto sulla liberatoria: “Quando sono arrivata in prigione, ero perfettamente in salute. Le condizioni che ho ora sono il risultato degli abusi subiti durante la rigida gestione carceraria. Non dovrei essere ritenuta responsabile di ciò che mi accade”.

Non potendo usare la toilette, nell’ottobre dell’anno scorso Wang è stata costretta a bagnarsi i pantaloni. Una collaboratrice l’ha accusata di averlo fatto di proposito e le ha vietato di lavarsi i pantaloni per due settimane. Un’altra volta le ha fatto avvolgere i pantaloni sporchi e li ha messi nell’armadio fino alla fine della settimana.

Prima di essere rilasciata, il 21 dicembre dell’anno scorso, una guardia ha cercato di farla rinunciare alla sua fede: “La sua pensione è stata sospesa e sua figlia (Hong Yizhao) è stata licenziata dalla scuola in cui insegnava, perché non lei ha rinunciato alla pratica. I tempi sono duri e non sarà facile guadagnarsi da vivere. Posso parlare con qualcuno del Comitato per gli Affari Politici e Legali per ripristinare la sua pensione e far riavere il lavoro di sua figlia, a condizione che rinunci alla Falun Dafa”.

Dopo aver rifiutato l’offerta della guardia, quest’ultima le ha negato la richiesta di chiamare la sua famiglia e non le ha permesso di usare il bagno. Ha dovuto fare i suoi bisogni nel lavandino.

Pensione e assicurazione medica sospese

Nell’agosto 2019, due mesi dopo l’arresto di Wang, le autorità le hanno sospeso la pensione. Quando è tornata a casa, l’ufficio di previdenza sociale ha voluto che restituisse la pensione ricevuta a luglio 2019, sostenendo che non avesse diritto a nessuna prestazione pensionistica mentre era in prigione. Solo allora le avrebbero ripristinato la sua pensione e lei non avrebbe potuto beneficiare dell’aumento annuale della pensione, durante il periodo di detenzione. Oltre alla sospensione della pensione, nell’aprile 2021 le è stata sospesa anche l’assicurazione medica, che al momento in cui scriviamo non è stata ancora ripristinata.

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