(Minghui.org) Il sito Minghui ha recentemente riportato che il 12° reparto della prigione femminile del Liaoning ha usato metodi brutali per perseguitare le praticanti del Falun Gong, e una di loro era della nostra città. Dopo aver letto il rapporto, una praticante che vi è stata detenuta ha detto che i metodi di tortura utilizzati erano estremamente crudeli.
A questo proposito, i praticanti locali hanno deciso di inviare pensieri retti: “Abbiamo anche trovato la famiglia della praticante e abbiamo scritto una lettera al capitano del 12° reparto, denunciando la persecuzione e chiedendo con forza di fermare le brutalità. Sulla base della Costituzione e delle leggi carcerarie, abbiamo sottolineato che tali azioni sono illegali, perché le guardie e gli agenti di polizia dovrebbero proteggere le praticanti. Li abbiamo avvertiti che avremmo presentato un reclamo alle autorità e che, se la situazione fosse continuata, l’avremmo denunciata. Abbiamo anche detto che sarebbero stati benedetti se avessero trattato i praticanti con gentilezza.
Nello scrivere la lettera, i membri della famiglia della praticante avevano un cuore puro e hanno usato i loro veri nomi. Quando è stato il momento di farle visita, hanno appreso che l’ambiente della prigione era diventato più disteso. “Abbiamo capito che, finché le nostre azioni sono in accordo con la Dafa, il Maestro gestirà tutto” hanno detto.
Il sito Minghui ha anche riportato la notizia di una praticante della città di Jinzhou, Ma Zhiru, e di molte altre detenute nel 12° distretto. Ci auguriamo che possano contattare i loro familiari e si oppongano alla persecuzione sulla base della legge, per chiarire ai familiari che i praticanti sono brave persone. Sono infatti le guardie e gli agenti a violare la legge. Il processo di aiutare i familiari a comprendere i fatti li sta anche salvando.
Il Maestro ha detto:
“Tutto ciò che stanno facendo i discepoli della Dafa ha come scopo salvare le persone e tutti gli esseri del mondo, rivelare la persecuzione e mettere fine alla persecuzione, per questo non dovete accettare nessuno dei vari atti di persecuzione malvagia e ancor meno dovete permettere che la malvagità faccia quello che vuole mentre perseguitano i discepoli della Dafa. Se i poliziotti malvagi e i malfattori non possono essere dissuasi e persistono a commettere crimini, potete fermarli con i pensieri retti. Quando i discepoli della Dafa hanno forti pensieri retti e nessuna paura, possono usare i pensieri retti per capovolgere le posizioni sui malfattori. Sia quando i poliziotti malvagi stanno usando il bastone elettrico o quando le persone malvagie stanno iniettando droghe per perseguitarvi, voi potete usare i vostri pensieri retti e far sì che la corrente elettrica e le droghe agiscano sulle persone che stanno infliggendo questa brutalità. Voi potete fare questo con o senza il palmo della mano eretto. Funziona non appena i vostri pensieri retti vengono emessi”. (Fermare gli atti criminali con i pensieri retti, Elementi essenziali per un ulteriore avanzamento III)
Ci auguriamo che un maggior numero di praticanti presti attenzione alla persecuzione che si sta verificando nel 12° reparto. Opporsi alla persecuzione in vari modi disintegrerà rapidamente il male nella prigione, poiché ha paura di essere smascherato.
Usare vari metodi per opporsi alla persecuzione
L’anno scorso tre praticanti sono state arrestate e detenute per aver distribuito calendari contenenti informazioni sul Falun Gong. Dopo aver appreso la notizia, abbiamo inviato pensieri retti e denunciato online l’arresto. Siamo anche andati con i familiari a chiarire la verità alla stazione di polizia e a chiedere il loro rilascio. Due delle praticanti sono state rilasciate, mentre l’altra è ancora detenuta, ma non ci siamo arresi. La praticante ha detto a un avvocato che è stata perseguitata duramente e non le è stato permesso di dormire e di usare il bagno. È stata costretta a restare in piedi per tutto il giorno ed era molto debole. Dopo averne discusso, abbiamo scritto una lettera al direttore del centro di detenzione, per denunciare gli abusi.
Quando, la volta successiva, l’avvocato ha fatto visita alla praticante, ha notato che era cambiata e ha appreso che l’ambiente nel centro di detenzione era più disteso. Le guardie sono state trasferite e la praticante non sentiva più tanta pressione.
Abbiamo anche scritto una lettera alle guardie per parlare del Falun Gong e chiedere loro di trattare le praticanti con gentilezza. Quando la praticante era reclusa, abbiamo continuato a chiamare il centro di detenzione, chiedendo di poterla incontrare. Inizialmente le autorità carcerarie hanno cercato di respingere la richiesta, ignorando le telefonate e dicendo che era impossibile farle visita. Abbiamo incoraggiato i familiari a chiamare più spesso e, un giorno, il centro di detenzione li ha informati che avrebbero potuto farle visita, ma che sarebbero stati ammessi solo tre membri della famiglia provvisti dei documenti d’identità e di qualche scritto che ne provasse il legame di parentela.
Poiché non facevo parte della famiglia, avevo solo il mio documento d’identità. I membri della famiglia hanno detto che volevano che andassi con loro e ho detto loro di chiedere aiuto al Maestro. Quando siamo arrivati, la guardia al cancello ha detto che non potevo entrare senza la prova di parentela. Poiché sono stato insistente e gentile, due guardie hanno discusso e alla fine mi hanno fatto entrare. Abbiamo parlato con la praticante per più di 40 minuti. Mentre la incoraggiavamo, la guardia vicina non ci ha interrotto. Ha persino ascoltato la praticante mentre diceva che aveva convinto molte persone nel centro di detenzione a lasciare le organizzazioni del Partito Comunista Cinese (PCC).
Quando è arrivato il momento di andarsene, la praticante ci ha assicurato che avrebbe continuato a fare bene. Abbiamo detto alla guardia di trattare le praticanti con gentilezza e lei ha promesso di farlo. Ho capito che, finché fossimo stati altruisti, i miracoli sarebbero accaduti.
Superare l’accordo malvagio e chiedere al carcere di consentire le visite
Molti familiari e praticanti sono rimasti impotenti quando il carcere ha rifiutato loro le visite, ma credo che questo accada perché i nostri pensieri retti non sono abbastanza forti e non ci sono chiare le leggi in materia. Non molto tempo fa, un’altra praticante è venuta nella nostra zona e ha parlato dell’uso della legge per opporsi alla persecuzione. Ha condiviso le sue esperienze, ci ha spiegato alcune leggi e ci ha dato i numeri di telefono da chiamare, qualora un ufficiale le avesse violate. La sua condivisione ci ha aiutato moltissimo.
Abbiamo anche scaricato dal pubblico dominio la legge sulle prigioni, che comprende come usarla per proteggersi durante la detenzione, come denunciare gli agenti che non rispettano le regole e come presentare reclamo alle autorità. Possiamo anche fare riferimento alla Costituzione e ad altri documenti legislativi. Non ci affidiamo alle leggi, ma possiamo usarle per opporci alla persecuzione.
In un villaggio vicino una praticante è stata arrestata e trattenuta per quasi un anno in un centro di detenzione. In seguito è stata condannata e non le è stato ancora permesso di ricevere le visite dei familiari. Dopo averne sentito parlare, li abbiamo contattati e abbiamo chiarito loro i fatti sul Falun Gong. La famiglia ha accettato di lavorare con noi e ha chiesto al carcere di permetterci di far visita alla praticante. Abbiamo continuato a parlare ai membri della famiglia della Dafa e mostrato loro articoli sulla legge scaricati da Internet, in modo che potessero avere una comprensione più chiara. Dopo aver letto gli articoli, la loro fiducia è notevolmente aumentata.
Quando siamo arrivati alla prigione, le guardie ci hanno detto di aspettare fuori. Abbiamo aspettato a lungo prima che ci permettessero di parlare. Con il vivavoce, abbiamo sentito l’interlocutore che verificava l’identità dei familiari. La donna ha detto di essere la nuora. La guardia le ha detto che la suocera non aveva rinunciato alla sua fede e che quindi non poteva ricevere visite; ci avrebbero informato quando avremmo avuto il permesso d’incontrarla. Ho preso subito il telefono e ho chiesto alla guardia se la loro azione fosse conforme alla Costituzione, dicendo che avremmo potuto denunciare immediatamente le loro azioni illegali al direttore del carcere. La guardia ha riattaccato immediatamente. Ho detto alla famiglia di richiamarli, ma la guardia ha nuovamente riagganciato. Quando siamo andati a chiedere alle altre guardie, ci è stato detto che ci avrebbe incontrato il capitano.
Nell’attesa abbiamo inviato pensieri retti e di lì a poco sono arrivate due guardie donne con due rotoli di carta in mano, che ci hanno chiesto i documenti. Poiché io e gli altri praticanti non avevamo con noi i documenti, le guardie hanno voluto che ce ne andassimo. In seguito hanno informato i familiari sulle regole della prigione, quanto la praticante stesse bene all’interno e che avrebbero potuto farle visita una volta che avesse rinunciato alla sua fede.
Il familiare ha detto: “Mia madre è una brava persona e non ha violato alcuna legge. Perché non possiamo incontrarla? La rinuncia al suo credo e la mia richiesta di incontrarla sono due cose diverse”. La guardia ha poi chiesto: “Tua madre pratica il Falun Gong. Lo accettate anche voi?”. La nuora ha risposto: “Siamo d’accordo con la sua pratica, poiché è felice e tutte le sue malattie sono scomparse, dopo che aver iniziato a praticare”. La cosa è andata avanti per più di 10 minuti, prima che io dicessi alla famiglia che avremmo dovuto far loro causa per non averci permesso di farle visita.
Dopo aver sentito questo, il capitano ha detto: “Non vi avevamo detto di andarvene?”. La guardia ha risposto: “Non vi permetterò di incontrarvi oggi, non ne ho il potere. Siete venuti qui senza preavviso. Vi garantisco che organizzerò rapidamente un incontro, ma non posso garantire quando. Siate certi che ci prenderemo cura di vostra madre”. La guardia ha indicato un’altra guardia e ha detto che avrebbe trattato la praticante con gentilezza. Qualche giorno dopo, la prigione ha informato i familiari che potevano farle visita.
L’anno scorso, due mesi dopo la condanna della praticante, un familiare mi ha raccontato che la prigione aveva negato il diritto di visita e mi ha chiesto se potevo accompagnarla al carcere. Ho accettato e le ho detto che avremmo potuto far loro causa se avessero rifiutato di farci incontrare. Entrambi, insieme ad alcuni altri praticanti, ci siamo recati alla prigione. Due giovani guardie sono venute a chiederci i documenti d’identità e la prova di parentela. Poiché solo il membro della famiglia ha fornito i documenti, il resto di noi non è stato autorizzato ad andare con lei. Le guardie hanno parlato a lungo con la parente tenendo in mano due rotoli di documenti. Abbiamo aspettato un po’ prima che tornasse e dicesse che non le era stato permesso di farle visita, poiché la praticante non aveva rinunciato alla sua fede. Quando ho voluto parlare, le guardie ci hanno mostrato un video e ci hanno chiesto di ascoltare, ma non abbiamo sentito nulla.
Sapevamo che le guardie stavano cercando di ingannarci e che non dovevamo andarcene in quel modo. Con i miei pensieri retti che aumentavano, siamo andati di nuovo dalle guardie. Vedendo il nostro ritorno, sono state prese dal panico e ci hanno chiesto perché eravamo tornati. Ho risposto che volevamo incontrare la praticante e che volevamo sapere perché non ci permettevano di farle visita. La guardia ha tirato fuori i documenti che aveva in mano e ha detto che le regole del carcere erano indicate nel documento e che loro non avevano il potere di farci entrare. Ho detto loro che quelle regole non erano la Costituzione o la legge carceraria, poiché è nostro diritto chiedere di incontrare la praticante. Ho detto loro che avremmo presentato un reclamo al direttore del carcere se quel giorno non l’avessimo incontrata.
La guardia ci ha detto di aspettare mentre cercavano il capitano. Due agenti sono arrivati e hanno chiesto chi fosse il familiare. La guardia ha detto che nessuno lì aveva il potere di farci incontrare la praticante, altrimenti sarebbe stato licenziato. Ho detto loro che avrebbero dovuto cercare di capirci, che eravamo preoccupati perché era da molto tempo che non la vedevamo.
Sentendo questo, la guardia ha detto: “Posso capirla e farò un’eccezione oggi per permetterle di fare una telefonata. La organizzerò rapidamente. Va bene?”. Abbiamo ricevuto una telefonata e abbiamo sentito la praticante piangere. Il familiare le chiesto di riferire chi l’aveva maltrattata, ma la telefonata si è interrotta bruscamente.
Un minuto dopo, la guardia ha richiamato e la praticante non ha più osato piangere, anzi ha detto che stava benissimo. La telefonata è durata più di 20 minuti e la famiglia ha cercato di rassicurare la praticante di non avere paura di parlare. Poi c’erano tre ufficiali che sembravano molto ansiosi, mentre il capitano sull’altra linea assicurava i familiari che nessuno avrebbe osato maltrattarla. Hanno detto che sarebbe stato organizzato un incontro molto presto. Sentivo che l’intero processo era una battaglia tra il bene e il male in un’altra dimensione.
Con l’aiuto del Maestro e i forti pensieri retti dei praticanti, siamo riusciti a usare la legge per opporci alla persecuzione.
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