(Minghui.org) Ho iniziato a praticare la Falun Dafa nel 1997. Per poter coltivare con costanza da oltre 20 anni, so che il Maestro Li ha dovuto compiere immensi sacrifici per me.

Vorrei condividere tre storie che hanno a che fare con l’abbandonare l’attaccamento alla vita e alla morte per convalidare la Dafa.

Fuggire dalla prigione

Il Maestro, nel 2002, ha pubblicato “Viaggio in Nord America per insegnare la Fa”. In quel periodo, ero senza fissa dimora a causa della persecuzione, perciò ho avuto l’opportunità di studiare la Fa e di condividere le mie esperienze con altri praticanti.

Non ricordo quante volte abbiamo letto questa conferenza, ma alla fine sono riuscita a recitarne diverse pagine. Nel profondo della mia anima, ho capito chiaramente che lo scopo di essere qui in questo mondo è per aiutare il Maestro a salvare gli esseri senzienti.

Alla vigilia del 16° Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese (PCC), nella nostra regione, i praticanti sono stati arrestati dalle autorità in seguito a un’estesa retata. Di conseguenza sono stati incarcerati alcune decine di praticanti, compresi quelli che gestivano un grande sito di produzione di materiale informativo per chiarire la verità. Io ero tra loro e sono stata portata in un centro di detenzione.

Le guardie usavano metodi di tortura crudeli, come “l’anatra che galleggia nell’acqua”, che consiste nel costringere il malcapitato a toccare il suolo con la pancia tenendolo con i quattro arti tirati verso l’alto. Questo metodo l’hanno usato per oltre 10 giorni su di me, per torturarmi. La decima notte, al limite della sopportazione, mi sono arresa e ho firmato le dichiarazioni diffamatorie che avevano pronte in mano.

Nei giorni successivi ero profondamente pentita per aver ceduto. Ricordo che in precedenza avevo letto una condivisione sul sito web Minghui che evidenziava le due ragioni per cui un praticante non riesce a superare una tribolazione: una era dovuta alla mancanza di fede nel Maestro, l’altra era la paura di sopportare le difficoltà e non lasciare andare l’attaccamento alla vita e alla morte.

Dopo essermi guardata dentro analizzando quei punti, ho deciso che avrei prestato maggiore attenzione ai seguenti aspetti: rafforzare la mia coscienza principale, avere fede nel Maestro e liberarmi dell’attaccamento al comfort e della paura di affrontare le difficoltà. Non ho pensato minimamente di rallentare e ho deciso di dedicarmi con più determinazione a recitare la Fa, inviare pensieri retti e a fare gli esercizi.

Una volta, mentre recitavo la Fa, ho improvvisamente realizzato quanto, in passato, fossimo determinati di venire nel mondo secolare per convalidare la Dafa.

Sono stata condannata illegalmente a due anni e mezzo in un campo di lavoro forzato. Mia madre è venuta a trovarmi da molto lontano per vedermi prima che fossi portata via. È venuto anche il vice segretario locale del Comitato politico e legale: diceva che se mi fossi comportata bene e se fossi disposta a farmi trasformare, sarei potuta tornare a casa immediatamente. Naturalmente ho rifiutato.

Nel famigerato campo di lavoro femminile provinciale ho tenuto forte il pensiero di smantellare i fattori maligni che agivano dietro le quinte e di convalidare la Dafa. La caposquadra mi ha detto: “Se non ti ‘trasformi’, renderemo la tua vita talmente miserabile che desidererai la morte”. Hanno incaricato 12 prigioniere di sorvegliarmi giorno e notte senza interruzione e hanno mandato oltre 100 persone per farmi il lavaggio del cervello. Inoltre mi hanno rinchiusa in una piccola stanza buia ricavata nella tromba delle scale, per oltre un mese.

Tuttavia, nulla di tutto questo ha potuto cambiare la mia retta fede nella Dafa.

Poiché mi sono fatta avanti per cercare di impedire alla caposquadra di istigare le detenute a picchiare e umiliare le praticanti anziane, le guardie si sono rivalse su di me.

All’inizio sono stata ammanettata e appesa con solo la punta dei piedi che toccava il suolo, e in seguito mi hanno privata del sonno per quattro notti. Ho recitato la Fa per tutto il tempo. Il quinto giorno, la caposquadra è venuta a controllarmi, ma non ho provato per lei nemmeno un briciolo di risentimento.

Davanti a suo figlio, la caposquadra era una madre gentile e non era completamente priva di cuore. Ma non appena indossava l’uniforme, lo spettro malvagio del PCC la manipolava facendole commettere crimini contro l’umanità: tutto si riduceva al suo interesse personale e pensavo che facesse veramente pena. Mentre inviavo pensieri retti per eliminare lo spettro del male, ho rafforzato i suoi pensieri gentili. Quando ho pensato alle conseguenze che avrebbe provocato su se stessa con la persecuzione dei praticanti, ho iniziato a piangere.

La mattina dopo, improvvisamente, mi ha detto che aveva deciso di rinunciare a “trasformarmi”, in modo che potessi avere un periodo di pace e tranquillità.

Ho incontrato un’altra praticante detenuta che conoscevo bene. Mi ha sussurrato: “Nella squadra accanto alla nostra, una praticante ha fatto lo sciopero della fame ed è riuscita a scappare. Se riuscissi a sopportare questa difficoltà, potresti fare un tentativo anche tu”. Ha scritto il nuovo articolo del Maestro su un pezzo di carta e me l’ha dato. È stato come ricevere un tesoro!

Quello che mi aveva detto mi risuonava come un suggerimento, ma non ero sicura di cosa fare in seguito. Volevo uscire perché così facendo avrei potuto annullare completamente la predisposizione del male. Più stavo dentro contro la mia volontà, più karma le guardie avrebbero creato.

Mi si è rivelato chiaramente che, indipendentemente dalla fine della rettifica della Fa, avrei dovuto raggiungere lo standard per essere un coltivatore autentico e rinunciare all’attaccamento alla vita e alla morte.

Un pensiero chiaro è apparso nella mia mente: “Una volta hai fatto un voto in un momento critico, quindi devi usare la tua vita per salvaguardare la Fa”. In effetti avevo fatto un voto ed ero determinata a lasciar andare la vita e la morte facendo uno sciopero della fame.

Anche se avevo questo pensiero, non è stato facile realizzarlo. All’inizio mi sono trovata di fronte ad alcune ‘detenute collaboratrici’ che erano state mandate appositamente per convincermi a cambiare idea. Mi dicevano che lo sciopero della fame non avrebbe funzionato. Alcune di loro mi hanno persino mostrato come avessero perso o danneggiato i loro denti in seguito all’alimentazione forzata.

Non appena hanno iniziato a parlare, ho capito perché loro avevano fallito: in primo luogo, non capivano che lo sciopero della fame serviva a convalidare la Fa e a spaventare le guardie per farmi uscire; in secondo luogo, forse non riuscivano a liberarsi dall’attaccamento alla vita e alla morte o temevano di essere alimentate a forza. Dopo aver capito questo ho capito che fare lo sciopero della fame significava abbandonare il pensiero della vita e della morte e opporsi alla persecuzione.

Al settimo giorno di sciopero della fame, le guardie non mi hanno nutrita a forza, probabilmente perché volevano che lo terminassi da sola. Poi è arrivata una prova in cui sentivo una forte arsura e volevo davvero bere un sorso d’acqua, magari di nascosto mentre mi lavavo, perché nessuno mi avrebbe vista. Ma il pensiero che in Cielo c’erano Dei e Budda che avrebbero visto che non ero salda nella Fa mi ha fatto desistere. Ho immediatamente percepito in bocca una sensazione di leggera dolcezza e non ho più sentito sete. Sapevo che era stato il Maestro ad aiutarmi. Quando mi sentivo affamata, non appena iniziavo a pensare alla coltivazione della materia ad alta energia, smettevo di avere fame.

Sette giorni dopo, per rendere la situazione più dolorosa, le guardie costringevano le detenute ad aprirmi i denti con un dilatatore uterino e di pizzicarmi il naso per nutrirmi forzatamente. Non appena il dilatatore toccava i denti, non potevo fare a meno di aprire la bocca. Era molto doloroso e sentivo che i denti avrebbero potuto spezzarsi. Guardandomi dentro ho scoperto di aver paura che si spezzassero e che lo strumento potesse ferirmi le gengive. Una volta aperti i denti, avrebbero potuto alimentarmi forzatamente e non sarei più stata in grado di controllare le fasi successive.

Mi sono chiesta: “Se non ho paura della morte, perché dovrei temere che mi cadano i denti? Avevo paura del dolore? Avevo forse paura che questo peggiorasse il mio aspetto? Nulla di tutto questo!”- Un essere divino dovrebbe essere solido come un diamante, e anche i miei denti sono solidi come diamanti. Ero determinata a superare la prova dell'alimentazione forzata!

Ho inviato a lungo pensieri retti per eliminare i fattori che mi perseguitavano. Tra le detenute che sono venute a nutrirmi a forza, una era una compaesana che aveva una buona impressione di me. Quando ha usato il dilatatore per aprirmi la bocca, ho pensato di avere i denti indistruttibili e che non sarebbe riuscita ad aprirli. Ha provato un paio di volte, ma non è riuscita nell’intento. Il secondino le ha suggerito di colpirmi le gengive, ma lei aveva un cuore tenero e non ha usato molta forza. La guardia carceraria le suggeriva di usare più forza. Pensavo tra me: “Tieni duro, resisti, chiedi aiuto al Maestro”.

Improvvisamente una praticante ha lanciato un forte grido che proveniva della porta accanto: “Non permettete a nessuno di perseguitare i praticanti! La Falun Dafa è meravigliosa!”. L’ha urlato tre volte. Tutti all’interno della stanza sono rimasti scioccati dalla sua voce. Improvvisamente ho sentito che i miei pensieri retti sono diventati ampi. La collaboratrice ha impugnato il dilatatore e ha dato alcuni colpi a caso, poi le guardie le hanno detto di lasciar perdere e di provare un altro modo.

Da quel momento in poi hanno smesso con l’alimentazione forzata e sono passati all’alimentazione col sondino nasogastrico. L’alimentazione nasogastrica è un metodo usato negli ospedali per salvare pazienti in stato incosciente nei reparti di terapia intensiva, ma in prigione è usata per torturare i praticanti.

Per procurarmi maggior sofferenza, le guardie carcerarie ordinavano di inserire un tubo di gomma spesso come un dito, dalle narici allo stomaco, e poi con una siringa iniettavano una sostanza nel tubo. Per impedirmi di reagire, mi hanno ammanettata al letto. Dopo ogni alimentazione nasogastrica, il tubo veniva estratto ed era completamente insanguinato. Le detenute incaricate di sorvegliarmi erano talmente nauseate che avevano lo stimolo di vomitare tanto da non riuscire a mangiare. L’alimentazione nasogastrica mi veniva effettuata due volte al giorno.

In seguito le guardie hanno incaricato qualcuno di venirmi a trovare per dirmi: “A che serve che continui con lo sciopero della fame? Hai già assunto del cibo. È doloroso assumerlo così: potresti anche mangiarlo da sola”. Ho capito che stavano cercando di abbattermi psicologicamente. Ho pensato che non fosse importante l’aspetto superficiale di ciò che mi stava succedendo: la malvagia alimentazione forzata e la mia iniziativa di mangiare, sono due cose completamente diverse. Il Maestro guarda alla base delle mie azioni.

Un giorno una guardia mi ha chiesto: “Il Falun Gong proibisce il suicidio, quindi perché rifiuti il cibo e cerchi di ucciderti?”.

Ho risposto: “Sto esprimendo me stessa in modo pacifico in questo ambiente estremamente coercitivo e spero che il mio dolore possa risvegliare la tua coscienza”. La guardia è rimasta senza parole.

Nonostante la tortura, ero ancora in grado di alzarmi senza difficoltà e mi sentivo piuttosto leggera. Sono una particella della Dafa, soffro per gli esseri senzienti. Le guardie e chiunque ci perseguiti, sono loro gli esseri più pietosi.

Qualche giorno dopo mi sono resa conto che, per oppormi all’alimentazione nasogastrica, avrei dovuto anche lasciare andare l’attaccamento alla vita e alla morte invece di sopportarla passivamente. La volta successiva che sono venute a portarmi via, nel tentativo di resistere con tutte le mie forze, ho sbattuto la testa sul lavabo procurandomi un grosso taglio.

Ero stordita, e sentivo il corpo leggero. Avevo un solo pensiero: “Maestro, ho davvero lasciato andare la vita e la morte, e la morte non ha importanza. Ma per salvare gli esseri senzienti è necessario un corpo umano, e non posso perderlo!”.

Ho sentito molto rumore intorno a me, poi sono stata letteralmente tirata su una barella e portata in ospedale. Il medico non mi ha fatto nemmeno l’anestesia, si è limitato a mettermi due punti nel taglio in testa e ha fasciato tutto con una garza. Il sangue mi colava ancora dalla testa, ma mi hanno portata nella stanza accanto per continuare con l’alimentazione nasogastrica.

Ho sentito la caposquadra chiamare il capo del campo di lavoro e altre squadre, ma è stata rimproverata per avermi trasferita in un altro posto: temevano che avrei avuto un impatto negativo sulle altre persone che dovevano essere “trasformate”. Alla fine mi ha detto: “Chiama tua madre e dille di venire a prenderti”.

Il pomeriggio successivo, dopo aver percorso qualche centinaio di chilometri, i miei genitori sono arrivati al campo di lavoro. Dopo aver espletato le pratiche burocratiche, la dicitura sui documenti era: “Uscita su cauzione per motivi medici”; a quel punto ho lasciato il campo.

Aiutare a salvare gli esseri senzienti

Dopo essere uscita dal campo di lavoro ho studiato sistematicamente la Fa, e sono giunta a una comprensione più profonda del lasciar andare la vita e la morte. Ho capito che il punto cruciale è avere fede nel Maestro ed essere completamente altruista. Ho chiarito i fatti alla gente per smascherare le autorità malvagie.

Un giorno otto praticanti stavano distribuendo copie dei Nove Commentari sul Partito Comunista nella contea, quando alcuni agenti di polizia li hanno arrestati illegalmente e hanno avviato un procedimento per condannarli ingiustamente. Durante la condivisione su come salvarli, un praticante ha detto che, negli ultimi due anni, quando abbiamo esposto il male ai residenti locali, l’abbiamo fatto in modo abbastanza completo.

Tuttavia, quando si trattava di chiarire i fatti ai funzionari di polizia, al procuratore e in generale, al sistema giudiziario, dovevamo migliorarci. Alcuni praticanti hanno suggerito di rivolgerci direttamente all’Ufficio 610, alle agenzie governative e al Congresso del Popolo per chiedere il rilascio incondizionato dei praticanti detenuti. Questo suggerimento sembrava buono, ma era difficile da realizzare.

Mi sono resa conto che avrei dovuto farmi avanti, perché i loro affari erano anche i miei: tuttavia ero riluttante. Sentivo che, dopo aver lasciato il campo di lavoro e vivendo ora in un ambiente relativamente più rilassato, ero riluttante a rivedere la questione del lasciar andare la vita e la morte.

Non mi aspettavo di dover affrontare questa prova: se potevo farmi avanti per parlare con persone delle agenzie governative, della polizia, del procuratore e del sistema giudiziario, bisognava anche confrontarsi con lo standard di lasciar andare la vita e la morte. Ciò che mi preoccupava di più era la paura di essere nuovamente perseguitata, ma sapevo che il Maestro non aveva predisposto che ciò accadesse.

Avevo davvero fede nel Maestro? No. Se lasciassi andare veramente la vita e la morte, avrei ancora paura di essere perseguitata? No, non ne avrei.

Una dozzina di praticanti locali sono andati all’agenzia governativa. All’esterno hanno inviato silenziosamente pensieri retti, mentre io e la signora Lin siamo andate direttamente all’Ufficio 610. Quando il direttore ci ha viste, è stato colto di sorpresa. Dopo aver sentito le nostre intenzioni, ha detto che avrebbe chiamato la Divisione di Sicurezza Interna e fatto venire gli agenti di polizia.

La signora Lin ha cercato di dirgli che non avevamo cattive intenzioni, ma che eravamo venute solo per raccontargli la nostra situazione. Eravamo un gruppo di brave persone, a differenza di quanto aveva appreso dalla propaganda del PCC. Ho inviato silenziosamente pensieri retti per non permettergli di chiamare la Divisione di Sicurezza Nazionale. Ci ha provato un paio di volte, ma le chiamate non sono andate a buon fine. Ha iniziato a rimproverarci e ha lasciato la stanza. Dopo aver lasciato l’ufficio, abbiamo visto i praticanti, un gruppo dopo l’altro, che continuavano a inviare pensieri retti all’esterno.

In seguito ho saputo che alcuni gruppi di praticanti si erano recati anche al Congresso del Popolo, al Comitato di Ispezione della Disciplina e all’Ufficio dei Ricorsi. Questa petizione collettiva aveva suscitato un certo scalpore nei dipartimenti competenti della città, che l’avevano considerata un grosso incidente.

Ripensando all’appello di quel giorno, è stato significativo che molti di noi si siano fatti avanti per lavorare insieme, anche se non l’abbiamo deciso in anticipo di dividerci i compiti. Ogni praticante ha visto ciò che andava fatto e l’ha fatto incondizionatamente.

Questo appello di gruppo ha scioccato tutte le agenzie governative della città e ha fatto sì che prestassero attenzione ai casi relativi alla Falun Dafa, dando loro anche l’opportunità di conoscere la verità. Nessuno di noi che ha partecipato all’appello è stato perseguitato.

Prendere i risultati con leggerezza per il bene della salvezza degli esseri senzienti

Con il progresso della rettifica della Fa, la mia comprensione della Dafa è diventata più profonda. Mi sono resa conto che lasciare andare la vita e la morte significa piuttosto lasciare andare la “vita”. Avevo bisogno di lasciar andare quei concetti ostinati che le persone comuni usano per autoproteggersi, lasciar andare l’ego e la cosiddetta vita comoda del mondo secolare per il bene di salvare le persone.

Quando ho presentato la domanda di pensionamento, l’amministrazione della sicurezza sociale mi ha detto che non avevo diritto alla pensione perché ero stata in prigione. Secondo quanto riportato sul documento provinciale, i miei 20 anni di servizio prima di scontare la pena sarebbero dovuti essere cancellati completamente. Negli ultimi cinque anni, quindi, ho difeso i miei diritti, chiedendo che venissero riconosciuti gli anni di servizio e che mi fosse permesso di andare in pensione normalmente.

Ho chiesto al Ministero delle Risorse Umane e della Sicurezza Sociale (MOHRSS) di poter accedere alle informazioni di un vecchio documento che conteneva i dati sul riconoscimento dei miei anni di servizio. Ma i funzionari del MOHRSS si sono rifiutati di darmele, quindi ho fatto causa a questi due dipartimenti in conformità con la legge. La causa è stata istruita senza problemi e la Divisione amministrativa della Corte intermedia ha accettato il ricorso.

Le informazioni del MOHRSS sono state la chiave per vincere la causa. Ero preoccupata di non riuscire a trovare informazioni sul personale del MOHRSS, ma casualmente ho avuto accesso a un documento dell’ufficio del Ministero sulla divulgazione delle informazioni che era stato recentemente pubblicato online. Era proprio quello che mi serviva, perché elencava i nomi dei vari direttori di divisione.

Ho passato due notti a rivedere la mia lettera di appello. Parlavo del mio ottimo rendimento lavorativo dopo aver iniziato a praticare la Dafa, dei riconoscimenti sul lavoro, della crudele persecuzione che subiscono i praticanti, del fatto che il bene e il male hanno il loro corso; della verità dietro le origini della Covid-19, e come ripetere le frasi sacre “La Falun Dafa è buona; Verità, Compassione, Tolleranza sono buone” aiuti a garantire la propria sicurezza.

Ho ripetutamente deliberato sul tono e sul contenuto, sforzandomi di essere calma, gentile e concisa. Ho anche chiesto a un praticante bravo a scrivere articoli di aiutarmi a correggerla. Ho poi inviato la lettera ai responsabili di queste oltre 20 divisioni e dipartimenti.

Dopo aver spedito la lettera, sono apparsi alcuni dei miei attaccamenti. Non ero sicura di quanto quei funzionari governativi conoscessero la Dafa, e quando mi sono imbattuta in un articolo sul sito web Minghui che parlava di un praticante che era stato condannato illegalmente per aver scritto una lettera per ispirare gentilezza, mi sono un po’ preoccupata; ma sapevo che era dovuto alla mia paura.

Ho esaminato attentamente il motivo di ciò che avevo fatto: era per salvarli, ma c’era anche la speranza che mi aiutassero a ottenere un buon risultato nel mio appello. Non dovevo essere motivata da un desiderio di guadagno personale; dovevo farlo per il loro bene. Allo stesso tempo, mi sono resa conto che non era un caso che mi fossi imbattuta in quella lista. Credevo che il Maestro avesse fatto in modo che li salvassi. Così ho lasciato andare la mia paura.

Capisco che la capacità di fare del male dipende dai fattori di altre dimensioni manipolano le persone.

Sono stata informata per posta che mi sarei dovuta presentare in tribunale. Gli amici praticanti mi hanno rafforzata con i loro pensieri retti, eliminando i fattori malvagi che potevano manipolare le persone coinvolte nel MOHRSS. Poco dopo ero molto meno nervosa.

Il tribunale ha ripetutamente ritardato l’apertura del mio “caso di divulgazione delle informazioni” e alla fine l’ha respinto con la motivazione che non rientrava nell’ambito del contenzioso amministrativo. Ho continuato a fare ricorso all’Alta Corte, che ha confermato il primo rigetto del mio caso. Ho quindi presentato un reclamo alla Corte Suprema del Popolo.

Nel presentare il materiale per l’appello e il reclamo, ho corretto la lettera di buona volontà che avevo precedentemente scritto ai giudici in prima istanza. Ho sottolineato che l’ingiusta sentenza dei giudici precedenti aveva gravemente danneggiato i miei legittimi diritti e aveva contribuito all’inerzia delle autorità amministrative, che avrebbero dovuto essere perseguite in conformità alla legge. Per questo motivo avevo già presentato una denuncia contro quei giudici alle autorità competenti.

Sebbene l’esito finale abbia confermato la prima sentenza: era quello che mi aspettavo, tuttavia, sono stata in grado di utilizzare il caso per far conoscere la verità sulla Dafa a più funzionari e dar loro l’opportunità di essere salvati. Forse ho fatto questo voto molto tempo fa per salvarli.

Grazie, Maestro, per le benevole predisposizioni e per avermi protetta. Dovrei sempre pensare al voto preistorico che ho fatto con la mia vita per non essere indifferente ed essere più diligente nel salvare altre persone.