(Minghui.org) Wang Jinxian, una residente della contea di Yiliang nella provincia dello Yunnan, è stata arrestata il 20 giugno dello scorso anno per aver parlato con le persone della persecuzione della sua fede, il Falun Gong. La famiglia ha recentemente confermato che è stata rinchiusa nella Prigione femminile provinciale per scontare una pena di quattro anni e mezzo, ma i dettagli sulla sua incriminazione, sul processo e sulla condanna restano poco chiari.
Questa è la quinta volta che la 69enne Wang viene condannata da quando il Partito Comunista Cinese ha ordinato la persecuzione del Falun Gong nel luglio 1999. In precedenza aveva trascorso 14 anni dietro le sbarre tra marzo 2007 e gennaio 2023. La terza condanna è arrivata solo 44 giorni dopo aver finito di scontare la seconda detenzione.
La sua prima condanna è stata di quattro anni: dal 23 marzo 2007 al 22 marzo 2011. La seconda di tre anni: dal 9 aprile 2012 all'8 aprile 2015. La terza (tre anni) è stata dal 22 maggio 2015 al 21 maggio 2018. È stata nuovamente arrestata otto mesi dopo la terza condanna e condannata ad altri quattro anni, dal 1° febbraio 2019 al 31 gennaio 2023.
Mentre era in prigione, ha subito torture fisiche, tra cui essere costretta a star seduta a lungo su un piccolo sgabello, essere tenuta in cella d'isolamento e ripetutamente schiaffeggiata in faccia. Era sempre sorvegliata dalle detenute e sottoposta a percosse costanti e insulti. In inverno, le guardie l'hanno costretta a copiare a mano le regole della prigione mentre soffiava un vento gelido che le ha fatto congelare le mani.
Le guardie le impedivano di usare la carta igienica in bagno e una coperta di notte. Non le era permesso prendere cibo dalla mensa e doveva finire qualsiasi cosa le portassero le detenute. A volte le davano pochissimo cibo, mentre altre volte gliene davano in quantità eccessiva e se non lo mangiava tutto veniva punita.
Ricostruzione della tortura: seduta sul piccolo sgabello
Durante la quarta pena nella Prigione femminile provinciale n. 2, poiché aveva gridato condannando la persecuzione, le guardie le hanno spruzzato sul viso più volte una sostanza chimica corrosiva, provocandole gravi ustioni e cicatrici scure.
Secondo Wang, prima di spruzzare la sostanza chimica, le guardie chiudevano la finestra della sua cella e ordinavano alle altre detenute di uscire. Poi indossavano mascherine e maschere antigas e le spruzzavano la sostanza chimica sul viso. Lei si sentiva soffocare e non riusciva a respirare. A volte le guardie ne spruzzavano una quantità maggiore e la sostanza chimica si diffondeva rapidamente in altre celle attraverso il sistema di ventilazione, facendo tossire le altre detenute.
Dopo lo spray le guardie le impedivano di guardarsi allo specchio. Una volta ha sentito del fluido che le usciva dal viso. Vedendo la gravità delle sue condizioni, le sue compagne di cella lo hanno riferito alle guardie, che le hanno applicato del violetto di genziana sul viso. Solo quando, due giorni dopo, le sono comparse delle grosse vesciche, le guardie l'hanno portata in ospedale per le cure.
Un medico ha usato una siringa per drenare il fluido dalle vesciche e poi vi ha applicato sopra un po' di medicinale, ma non è servito a niente. Sul viso hanno continuato a formarsi vesciche più grandi, che alla fine hanno iniziato a trasudare pus. Il medico si è consultato con alcuni colleghi che hanno raccomandato cure ospedaliere. Quando, nove giorni dopo, è stata dimessa, il viso era coperto di cicatrici scure. Per sottrarsi alla responsabilità, le guardie hanno tentato di costringerla a registrare un video in cui diceva che era stata lei stessa a causarsi le ferite e che loro non c'entravano nulla, ma lei non lo ha fatto.
Oltre alle torture fisiche è stata anche costretta a lavorare senza paga insieme ad altre detenute. Per coprire la pratica illegale del lavoro forzato, la prigione ha ordinato a lei e alle altre detenute di scrivere delle dichiarazioni in cui sostenevano di essersi offerte volontarie per lavorare e di essersi impegnate a finire la quota richiesta dalle guardie. Wang si è rifiutata di scrivere la "dichiarazione" ed è stata costretta a sedersi su un piccolo sgabello, senza potersi muovere per un giorno intero.
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