(Minghui.org) Il 22 aprile di quest’anno entrambe le famiglie di Liu Chunlan e Liu Shaojun si sono recate al tribunale intermedio della città di Fushun per presentare una mozione per far riconsiderare le condanne emesse ai loro cari, ma il giudice, dopo solo una rapida occhiata, ha lanciato loro il documento e se n’è andato.

Entrambe le donne, provenienti dalla città di Fushun, nello Liaoning, sono state arrestate un anno fa per non aver rinunciato alla loro fede nel Falun Gong, una disciplina spirituale che dal 1999 è perseguitata dal regime comunista cinese.

Mentre le famiglie cercavano un modo per ottenere il loro rilascio, le due donne sono state mandate dalla polizia e alla divisione di sicurezza interna con varie scuse, dal momento che nessuna delle due agenzie voleva assumersi la responsabilità di arrestarle.

Successivamente, la polizia ha presentato i loro casi al Procuratore del distretto dello Wanghua, che li ha poi inoltrati a sua volta alla Corte distrettuale con l'accusa di "minare le forze dell'ordine usando un'organizzazione di culto", un pretesto standard utilizzato dalle autorità comuniste per criminalizzare i praticanti del Falun Gong.

Il 18 settembre 2018 il tribunale distrettuale di Wanghua ha processato le due praticanti. I loro avvocati hanno presentato una dichiarazione di non colpevolezza e hanno affermato che le loro clienti, praticando il Falun Gong, non violavano alcuna legge, né hanno ostacolato le forze dell’ordine facendo meditazione e seguendo i principi di Verità, Compassione, e Tolleranza nelle loro vite quotidiane.

Entrambe le donne hanno respinto le accuse, e testimoniando in loro difesa hanno sostenuto che praticare il Falun Gong e la libertà di credo sono loro diritti costituzionali.

A dicembre scorso il giudice le ha però condannate entrambe a due anni e mezzo di carcere e al pagamento di una multa di 5.000 yuan (circa 650 euro).

Chunlan e Shaojun hanno presentato ricorso contro le sentenze del Tribunale Intermedio della città di Fushun, che poco dopo ha deciso di confermare le loro condanne.

Ad aprile di quest’anno le famiglie delle praticanti sono tornate al tribunale intermedio per presentare la loro richiesta di riesaminazione del caso, ma hanno ricevuto un brusco rifiuto da parte del giudice.

Nonostante ciò, hanno giurato di continuare a cercare giustizia per i loro cari.

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