(Minghui.org) Dopo aver sopportato sette anni di prigione, un residente di quarantuno anni della città di Huaian, della provincia del Jiangsu, sta affrontando di nuovo l'accusa per aver praticato il Falun Gong.

Il Falun Gong, noto anche come Falun Dafa, è una disciplina mente-corpo che è perseguitata dal regime comunista cinese dal 1999.

Condannato a sette anni, dopo un anno di interrogatorio e tortura

Lei Jiangtao, nativo della città di Shijiazhuang, provincia dell’Hebei, nel 2002 si è laureato in informatica al Hengshui Normal College. Nel 2003 si è recato a Pechino per cercare un lavoro, e ha soggiornato presso un altro professionista, il signor Sun Jiliang. Il 31 ottobre dello stesso anno, un gruppo di agenti ha fatto irruzione nell’abitazione di Sun verso le 23:00 arrestando i due e il signor Wang Xu, che era passato a fargli visita.

Un ufficiale ha coperto la bocca a Lei mentre gridava: «La Falun Dafa è una pratica giusta». Successivamente è stato portato giù e spinto dentro l'auto della polizia, dove un agente si è seduto su di lui e un altro gli ha calpestato la testa.

All'arrivo al Centro di detenzione nell'Ufficio di sicurezza nazionale, un altro gruppo di agenti lo ha picchiato. Il lato sinistro del suo viso si è gonfiato e riusciva a malapena ad aprire gli occhi. In seguito ha perso l'udito all'orecchio sinistro. È stato ammanettato e colpito con un bastone elettrico sulla schiena, sul viso e sulla bocca. Le manette erano così strette che gli hanno tagliato profondamente i polsi.

Per tutta la notte, gli ufficiali non lo hanno lasciato dormire, costringendolo a stare in piedi o accovacciato, aveva i piedi e le gambe tutti intorpiditi.

L'8 di novembre è stato riportato a Shijiazhuang, e tenuto al centro di detenzione della città di Jinzhou dove due giorni dopo è stato interrogato di nuovo. Durante l'interrogatorio gli agenti gli hanno versato dell’acqua fredda sui vestiti e lo hanno schiaffeggiato, non facendolo dormire per due notti.

Tra il 1° e il 9 dicembre del 2003, è stato trattenuto in un centro di lavaggio del cervello e sottoposto ad abusi psicologici. In seguito è stato rimandato al centro di detenzione, dove gli è stato ordinato di svolgerelavori forzati per più di 20 ore al giorno. Poteva dormire solo per due ore al giorno o non dormiva affatto. Le guardie non gli davano pause, tranne che per l'ora dei pasti. L’uomo veniva picchiato o torturato se non riusciva a finire il lavoro in tempo.

Il 27 luglio del 2004 dopo un anno di detenzione e di tortura, è stato condannato a sette anni dal tribunale di Jinzhou.

A causa dell'ambiente di vita sporco del centro di detenzione, ha sviluppato una scabbia molto pruriginosa su tutto il corpo da non riuscire a dormire per tutta la notte. Nel mese di ottobre dopo alcune settimane che aveva iniziato uno sciopero della fame per protestare contro la persecuzione, le guardie lo hanno picchiato con una mazza di gomma e gli hanno aperto la bocca con una spazzola per le scarpe, per costringerlo a mangiare. Il giorno dopo, un'altra guardia gli ha ammanettato le mani dietro la schiena.

Il 15 novembre, è stato mandato nel carcere di Jidong, dove hanno continuato con le torture ordinandogli di abbandonare la sua fede.

Recenti arresti

Dopo il suo rilascio, si è trasferito nella città di Huaian, provincia dello Jiangsu. Il 18 giugno di quest’anno è stato di nuovo arrestato. La polizia ha affermato che nel mese di aprile è stato ripreso dalle telecamere di sorveglianza mentre distribuiva materiale del Falun Gong.

Il 19 giugno la polizia lo ha messo agli arresti domiciliari, e lo ha rilasciato su cauzione il 27 giugno. Il suo caso è stato presentato ad agosto alla Procura distrettuale di Qingjiangpu.

Il 13 ottobre ha parlato con ilprocuratore Zhai Yanlan, che gli ha comunicato l’imminente incriminazione. Poi gli ha chiesto di scrivere una dichiarazione per rinunciare al Falun Gong, e di dichiararsi colpevole. Lei tuttavia si è rifiutato di farlo.

Il pubblico ministero ha continuato a fargli pressione, e due giorni dopo lo ha minacciato di incriminarlo se si fosse rifiutato di dichiararsi colpevole.

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