(Minghui.org) Nel corso della storia l'Himalaya è sempre stata una regione con molti coltivatori. In quel luogo le persone conducono una vita semplice e modesta, e tutti cantano e ballano; inoltre rispettano profondamente la Fa di Budda. Quasi un millennio fa in questa regione c'era un coltivatore di nome Milarepa. Mentre la moltitudine di Budda e Bodhisattva aveva impiegato molte vite ed era passata attraverso molte calamità prima di raggiungere il Compimento, Milarepa raggiunse un’uguale possente virtù in una sola vita, e in seguito divenne noto come il fondatore della Setta Bianca del Buddismo Tibetano.

(Continua dalla Parte II)

Rechungpa chiese: “Maestro, voi avete parlato di aver compiuto in passato cattive azioni. Che cosa è accaduto?”.

Milarepa rispose: “Prima di tutto, commettere cattive azioni ha significato produrre una grande quantità di karma cattivo attraverso le tecniche per uccidere lanciando incantesimi e quelle per scatenare grandinate”.

Rechungpa replicò: “Maestro, perché avete voluto imparare le tecniche per lanciare incantesimi?”.

Milarepa disse: “Quando studiavo con il lama della Setta Rossa, un giorno venne tenuta una festa nella piana di Kyangats. Gli abitanti del villaggio invitarono il mio maestro come ospite d'onore e lui mi portò con sé. La gente preparò un banchetto e servì al mio maestro un vino di prim'ordine. Ah, quel giorno c'era così tanto buon vino! Tutti bevvero quanto più poterono e io feci lo stesso. E alla fine, con lo stomaco pieno e la testa offuscata, mi ritrovai ubriaco”.

“Vedendomi ubriaco, il mio maestro mi disse di tornare in anticipo al tempio con le offerte e così mi incamminai brancolando su per la collina, rilassato e senza preoccupazioni. Per qualche motivo mi tornavano in mente quelle persone che avevano cantato durante la festa... le loro voci erano così belle! Mentre continuavo a pensarci la mia gola ha cominciato a solleticare e non ho potuto fare a meno di iniziare a cantare”.

“Il mio canto era ben conosciuto al villaggio; oltretutto ero ubriaco e felice, e perciò la mia voce era forte e chiara. La melodia era piacevole, come se la mia mente volasse. Le mie gambe divennero agili, e mentre continuavo a cantare e camminare, saltavo e ballavo. Senza rendermene conto mi diressi verso casa e quando arrivai alla porta stavo ancora ballando e cantando. In quel momento mia madre stava friggendo dei pani di grano. Sorpresa dalla tonalità della voce, mormorò: 'Questa persona che canta ha la voce proprio come quella di mio figlio, ma probabilmente non ci sono altri individui al mondo che hanno una vita amara come la nostra e perciò non penso che mio figlio sarebbe dell'umore per cantare in modo così felice'. Confusa e incuriosita andò quindi alla finestra per dare un'occhiata, e vedendo che ero io divenne così furiosa che il suo intero corpo cominciò a scuotersi. Lasciò cadere a terra le pinze per il camino che aveva nella mano destra e gettò via la spatola che aveva nella sinistra, incurante del fatto che i pani sarebbero bruciati. Afferrò poi un bastone nella mano destra, raccolse una manciata di cenere nella sinistra e corse al piano di sotto. Dopo essere uscita dalla porta lanciò la cenere verso il mio volto e cominciò a colpirmi selvaggiamente alla testa, urlando: 'Mila Sherab Gyeltsen, padre della nostra famiglia! Guarda tuo figlio! La mia famiglia è finita! Guardaci... poveri noi, madre e figlio!'”.

“Piangeva e urlava, e alla fine svenne per la rabbia. Mia sorella Peta corse fuori dalla casa piangendo e supplicando: 'Fratello mio! Pensa a cosa hai fatto! Guarda come è diventata nostra madre!'”.

“L'improvviso caos mi rese mezzo consapevole e le parole di mia sorella mi svegliarono. Dentro di me sorsero vergogna e afflizione, e il rimorso mi fece venire le lacrime. Mia sorella e io piangemmo mentre stringevano la mano di nostra madre, scuotendola e chiamandola. Poi, dopo molto tempo, riprese conoscenza. Con le lacrime agli occhi mi guardò e disse: 'Figlio mio, c'è al mondo qualcuno in una situazione più tragica della nostra? Come puoi essere dell'umore per cantare in modo così allegro? Se semplicemente guardi bene tua madre, questa vecchia donna, non avrai abbastanza lacrime da versare'”.

“Con quelle parole singhiozzò di nuovo, e lo stesso facemmo mia sorella e io. Dopo un po' smisi di addolorarmi e dissi in modo risoluto: 'Madre, per favore smettete di essere così triste. Quello che avete detto è vero. Ho deciso ora che, qualunque sia il vostro desiderio, per quanto sia difficile, prometto che lo realizzerò!'”.

“Voglio vendetta contro quei nemici spregevoli che indossano abiti pregiati e cavalcano cavalli robusti. Noi siamo deboli e nessuno ci aiuta, perciò l'unico modo per vendicarsi è con gli incantesimi e le formule magiche che possono uccidere. Voglio che tu impari queste formule, così come le tecniche per scatenare le grandinate. Voglio che vai ad imparare tutte queste cose e poi torni ad uccidere lo zio, la zia e quei vicini di casa crudeli e le loro famiglie. Questo è il mio unico desiderio. Puoi farlo?'”.

“Risposi con determinazione: 'Ve lo posso garantire. Potete aiutarmi con le spese per il viaggio e delle offerte per il mio maestro?'”.

“Così mia madre vendette metà della terra rimanente dalla sua dote e comprò una grande gemma molto cara. Poi acquistò un cavallo bianco, un secchio di tintura e una pelle di bue per il mio maestro e per il viaggio. Rimasi poi in una locanda nelle vicinanze per diversi giorni, aspettando qualche compagno di viaggio”.

“Non molto tempo dopo arrivarono cinque bravi giovani che si stavano recando a Ü-Tsang (nel Tibet occidentale e centrale) per imparare incantesimi e formule magiche. Ero felice di incontrarli e chiesi se potevo unirmi al gruppo, e dal momento che anche loro erano felici di avere un altro compagno di viaggio, accettarono la mia richiesta”.

“Li invitai a stare qualche giorno a casa mia. Mia madre li trattò bene e quando stavamo per partire disse: 'Ascoltatemi tutti, mio figlio è giovane e ignorante, e temo che possa non essere severo con se stesso. Spero che lo incoraggerete spesso ad imparare bene gli incantesimi; quando tornerete indietro vi ricompenserò adeguatamente'”.

“Promisero di badare a me e rassicurarono mia madre”.

“Così eravamo pronti a partire. La tintura e i bagagli erano legati al cavallo, mentre la gemma era nascosta addosso a me. Mia madre camminò con noi per un lungo tratto e per la strada ci offrì da bere per congedarci. Ancora una volta ricordò ai miei amici di prendersi cura di me, poi mi prese da parte e strinse le mie mani. Il sentimento della separazione riempì i nostri cuori, fino quasi a soffocarci, lasciandoci immobili a guardarci in silenzio. C'erano così tante parole che avremmo voluto dire, ma non sapevamo da dove iniziare”.

“Dopo un po', finalmente mia madre ruppe il silenzio e disse: 'Figlio mio, pensa solo a tutte le cose che abbiamo passato. Qualunque cosa succeda devi lanciare un incantesimo su questo villaggio. La ragione dei tuoi amici per imparare gli incantesimi è diversa dalle tue. Loro vogliono acquisire questa abilità solo per guadagnarsi da vivere, ma tu... tu devi lavorare duro. Figlio mio, se tornerai prima ancora di aver abbattuto il villaggio con gli incantesimi, morirò proprio davanti a te!'”.

“Promisi con fervore: 'Madre, se non riuscirò ad imparare, non tornerò mai più a casa! Per favore non preoccuparti'”.

“Lentamente lasciai le sue mani, tornai dai miei amici e le dissi addio. Percorsi un tratto di strada e mi voltai a guardarla, e così feci di nuovo dopo aver percorso molti altri passi. Le lacrime mi rigavano il volto, e anche mia madre era riluttante ad andarsene. Anche quando era ormai troppo lontana per vedermi chiaramente, era ancora lì che guardava nella nostra direzione. Pensai di correre indietro per guardarla ancora una volta. L'istinto mi diceva che quello sarebbe stato il nostro ultimo saluto e che non l'avrei mai più rivista”.

“Mia madre aspettò fino a quando non poteva più vedermi e poi pianse prima di tornare a casa. Nei giorni successivi tutti nel villaggio seppero che il figlio di Nyangtsa Kargyen era partito per imparare gli incantesimi”.

“I miei amici e io percorremmo la strada principale verso Ü-Tsang. In una località nel Tibet del Nord vendetti la tintura e il cavallo a un uomo facoltoso in cambio di oro, che portai con me. Dopo aver attraversato il fiume Tsangpo, continuammo fino a Ü (Tibet centrale). Incontrammo molti monaci e chiesi loro se conoscevano un maestro di incantesimi, formule magiche e tecniche per scatenare grandinate. Un monaco ci disse che un lama di nome Yungton Trogyal aveva sviluppato una completa padronanza di queste tecniche. Continuammo quindi il nostro viaggio e alla fine incontrammo il lama”.

“Ci prostrammo a lui e ognuno di noi presentò le sue offerte. Gli offrii l'oro, la gemma e tutto quello che avevo, poi mi inginocchiai e dissi: 'Non solo l'oro, la gemma e ogni altra mia cosa sono per voi, ma anche il mio corpo, la mia bocca e la mia mente... tutto ciò che ho è dedicato a voi. Maestro, i miei vicini e parenti hanno commesso azioni crudeli contro la mia famiglia e voglio punirli con gli incantesimi. Per favore mi insegni i migliori incantesimi. Spero anche che mentre studierò qui possiate fornirmi cibo e vestiario'”.

“Udite le mie parole il lama sorrise e disse: 'Aspetterò un po' per vedere se ciò che dici è vero'”.

“Il maestro non ci insegnò le magie più potenti, ma solo uno o due incantesimi, alcune formule magiche e come praticarli. Il periodo di apprendimento durò più di un anno, e alla fine i miei compagni di viaggio erano pronti a tornare a casa. Il lama diede anche ad ognuno di noi un maglione di lana prodotta localmente. Ero sfiduciato e pensai: 'Se cerco di vendicarmi con questi incantesimi potrebbe non funzionare e mia madre si suiciderà'; e così dopo aver riflettuto decisi di rimanere. I miei compagni mi chiesero: 'Topaga, non vai a casa?'”.

“Risposi: 'Sì, anch'io vorrei tornare. Ma non ho imparato abbastanza e mi vergogno a tornare ora'”.

“Tutti loro dissero all'unisono: 'Queste formule magiche sono già molto potenti. Il lama stesso ha detto che non ci sono incantesimi più efficaci e avanzati. Siamo fiduciosi che usandoli potremmo ottenere fama e un buono status sociale nelle nostre città natali. Ma se tu vuoi rimanere più a lungo, per noi va bene... decidi tu!'”.

“Così salutarono il maestro e partirono. Dopo aver indossato il maglione, li accompagnai per un paio d'ore. Sulla via del ritorno raccolsi un grosso sacco di sterco di bue, che usai per fertilizzare il miglior campo del maestro. Lui mi vide dalla sua camera da letto e disse ad un altro discepolo: 'Molti studenti vengono per imparare delle tecniche da me, ma nessuno è bravo come Topaga. Temo che non ci sarà un altro studente bravo come lui in futuro. Stamattina non mi ha salutato e questo significa che rimarrà. Ricordo il giorno in cui è arrivato, mi disse che i suoi parenti e vicini avevano maltrattato la sua famiglia e chiese di apprendere degli incantesimi per vendicarsi. Disse anche che mi avrebbe dedicato corpo, bocca e mente... è veramente un giovane sincero. Se ciò che ha detto è vero sarebbe un peccato non insegnarglieli'”.

“Il discepolo mi riferì poi quelle parole e io ero molto eccitato perché compresi che c'erano altre formule magiche da imparare. Corsi perciò felice dal maestro, che quando mi vide, chiese: 'Topaga, perché non torni a casa?'”.

“Mi tolsi il maglione e glielo restituii, prostrandomi in adorazione, poi risposi: 'Maestro, mio zio, mia zia e i vicini hanno fatto cose molto cattive contro la mia famiglia. Ci hanno sottratto le nostre proprietà con mezzi impropri e causato ogni genere di sofferenza. Non abbiamo la forza per vendicarci e così mia madre mi ha chiesto di venire qui ad imparare gli incantesimi. Mi ha anche detto che se tornerò senza averne una completa padronanza si ucciderà davanti a me... così non posso proprio tornare! Maestro, per favore abbia pietà di me e mi insegni gli incantesimi più avanzati!'”.

“Detto questo scoppiai in lacrime. Il lama mi chiese: 'In che modo i tuoi parenti e vicini vi hanno maltrattato?'”.

“Gli ho raccontato come dopo la morte di mio padre, mio zio e mia zia si sono appropriati dell'eredità e ci hanno maltrattati. Piangevo mentre parlavo e gli ho spiegato l'intera storia nei minimi dettagli. Anche il maestro era in lacrime mentre ascoltava. Poi mi ha detto: 'Se ciò che hai affermato è vero, quello che hanno fatto è molto sbagliato. Le persone che vengono qui a imparare, arrivano da ogni dove: alcuni hanno portato grandi quantità d'oro e giada, altri centinaia di migliaia di stoffe preziose e burro, c'è stato anche qualcuno che ha portato i migliori tè, seta e persino più di 1.000 capi di bestiame. Ma tu sei stato l'unico che ha dedicato il tuo corpo, la tua bocca e la tua mente. Tuttavia non posso ancora insegnarti niente. Invierò qualcuno per verificare se ciò che hai detto è vero'”.

“Tra gli altri studenti, uno era veloce quanto un cavallo e alto come un grande elefante. Il maestro lo inviò a controllare nella mia città natale e quando diversi giorni dopo tornò, riferì: 'Maestro, quello che Topaga ha detto è vero. Per favore insegnategli i migliori incantesimi'”.

“Così il maestro mi disse: 'Topaga, se ti avessi insegnato gli incantesimi all'inizio c'era il rischio che una persona modesta come te se ne sarebbe pentita. Ora sappiamo che quello che hai raccontato non è stato inventato, così te li insegnerò. Conosco due sortilegi segreti e inoltre c'è un lama di nome Yonten Gyatso che è esperto di medicina e incantesimi e conosce anche le formule magiche per scatenare la grandine. Dopo che ci siamo insegnati le nostre tecniche a vicenda siamo diventati buoni amici. Quando le persone vengono qui a imparare le mando anche da lui e lui fa lo stesso con me. Oggi tu non fai eccezione e perciò ti invierò da lui; ti farò accompagnare da mio figlio maggiore'”.

“Il maestro preparò del cibo, del feltro fatto con lana di qualità e qualche dono da portare a Yonten Gyatso, poi caricammo tutto sulla groppa di un cavallo e iniziammo il nostro viaggio”.

“Dopo essere arrivati e aver incontrato Yonten Gyatso gli diedi tutti i regali, in seguito gli raccontai le mie tragiche esperienze e perché avevo bisogno di imparare gli incantesimi, supplicandolo di insegnarmi. Il lama disse: 'Yungton Trogya e io siamo ottimi amici e daremmo ciascuno la propria vita per l'altro. Deve avere le sue ragioni per averti inviato qui e perciò ti insegnerò gli incantesimi per uccidere. Ma prima di fare questo devi costruire una sala del dharma ai piedi della collina, dove nessuno può vedere'”.

“Così trovammo un luogo tranquillo ai piedi della collina e costruimmo una semplice sala del dharma, usando una roccia grande come un bue per nascondere l'edificio”.

“Nella sala del dharma il maestro mi insegnò le formule segrete”.

“Poi, dopo aver praticato per sette giorni, mi disse: 'In passato sette giorni erano sufficienti per impararle. Tu hai praticato per sette giorni e perciò dovresti essere pronto'”.

“Tuttavia gli dissi che avevo bisogno che le formule magiche avessero effetto a lunga distanza, così chiesi di poter praticare per altri sette giorni. La sera del quattordicesimo giorno il maestro venne da me e affermò: 'Stanotte vedremo l'effetto degli incantesimi per uccidere, vicino all'altare'”.

“Proprio come aveva detto, un custode divino venne da me quella notte con le teste, i fegati e le colecisti di 35 persone, e disse: 'Questo è ciò che mi hai chiesto di fare!'”.

“La mattina seguente il lama mi chiese: 'Il divino custode ha detto che ci sono due altre persone che avrebbero dovuto morire. Dovrebbe ucciderli?'”.

“Ero soddisfatto e risposi: 'Possiamo lasciare che vivano affinché siano testimoni della retribuzione karmika. Per favore risparmiali'”.

“In questo modo mio zio e mia zia vennero lasciati in vita. Poi facemmo delle offerte al custode divino, lo rinviammo indietro e terminammo il rituale”.

“Quale era stata la manifestazione dell'incantesimo nella mia città natale di Kyangatsa? Quel giorno si celebrava il matrimonio del figlio maggiore di mio zio e avevano invitato molta gente per partecipare a un banchetto nella loro casa. Più di trenta persone erano venute a festeggiare ed erano coloro che avevano aiutato mia zia a maltrattarci. Furono invitate anche alcune persone che ci erano solidali e in quel momento erano ancora in viaggio. Mentre si dirigevano verso la casa stavano ancora pensando alle cattive azioni commesse da mio zio e mia zia. Una di loro affermò: 'Si dice che l'ospite diventi il padrone di casa, mentre quest'ultimo diventi il cane... ed è proprio ciò che è successo. Queste famigerate persone non provano la minima vergogna. Si sono impadronite delle proprietà di Topaga e hanno continuato a maltrattare la sua famiglia. Topaga è andato via per imparare gli incantesimi e anche se non dovessero abbattersi su di loro, presto o tardi incorreranno nella retribuzione karmika della Legge di Buddha'”.

“In quel momento tutta la famiglia di mio zio era occupata a servire gli ospiti, e questi stavano bevendo felicemente. Una serva che in passato aveva lavorato per la mia famiglia e ora lavorava per loro andò al piano di sotto per prendere dell'acqua, e come arrivò vide il pavimento coperto di scorpioni giganti, serpenti e granchi. Gli scorpioni giganti si arrampicavano sui pilastri della casa per arrivare al piano di sopra e uccidere gli ospiti. Terrorizzata, la ragazza scappò di corsa fuori dalla porta urlando”.

“Quel giorno fuori dalla casa c'erano molti cavalli degli ospiti. Un cavallo stava dando fastidio a una puledra, quando un terzo cavallo, infastidito dalla scena, iniziò ad agitarsi. La giumenta cercò di colpire il cavallo con un calcio, ma per qualche ragione colpì invece uno dei pilastri, e di conseguenza l'intera casa collassò istantaneamente. Ovunque si sentivano gemiti e lamenti. Il figlio di mio zio, sua moglie e altri 30 ospiti erano tutti morti schiacciati dalle macerie: la casa si era trasformata in un cumulo di rovine e polvere, con travi di legno e tegole che coprivano decine di corpi senza vita”.

“Mia sorella Peta in quel momento stava passando da quelle parti e quando vide la situazione corse immediatamente a casa: 'Madre, madre! Venite a vedere! La casa dello zio è crollata e molte persone sono morte!'”.

“Mia madre era scettica, ma dentro di sé felice. Si precipitò allora alla casa di mio zio e di fronte a lei vide ovunque mucchi di tegole rotte e polvere. Sorpresa e gioiosa strappò un pezzo di stoffa dal suo vestito lacero e lo legò in cima ad un lungo bastone. Poi si mise a correre tutto attorno, sventolando la sua bandiera e urlando: 'Venite tutti a vedere! Lama e Budda, vi venererò! Ehi vicini, lasciate che ve lo dica, Sherab Gyeltsen non aveva forse un figlio? Io, Nyangtsa Kargyen ho indossato abiti logori e mangiato spazzatura perché mio figlio potesse imparare gli incantesimi. Chi ha detto che non avremmo avuto successo?! Venite tutti a vedere! Lo zio e la zia dissero che se ne ero capace, potevo trovare delle persone per combatterli e obbligarli a restituirci le nostre proprietà; hanno detto che se non riuscivamo a trovare nessuno, avremmo potuto provare a recitare degli incantesimi. Allora ditemi voi, che ne pensate? Ora Topaga può pronunciare una semplice formula magica e il risultato è più devastante di una grande battaglia. Guardate, persone al piano superiore, tesori nel mezzo, armenti al piano terra, tutto annientato! Ho potuto sopravvivere fino ad oggi per vedere l'abilità di mio figlio. Io, Nyangtsa Kargyen, sono così felice, così felice! Ah! Ah! Ah! Non sono mai stata così contenta in vita mia. Venite tutti a vedere!'”.

“Continuò a sventolare la bandiera e a correre attorno alla casa crollata, eccitata e contenta. Tutti la sentirono nel villaggio, inclusi lo zio e la zia. Una persona disse: 'Ciò che questa donna ha detto potrebbe essere vero!'”.

“Un'altra persona affermò: 'Sembra davvero vero, ma quello che ha detto sembra un po' esagerato!'”.

“Quando la gente seppe che avevo ucciso così tante persone con un incantesimo, molti si radunarono e dissero: 'Questa donna ha causato un tale caos e ancora corre in giro urlando felice. Dobbiamo ucciderla e spremere il sangue fuori dal suo cuore e dal suo fegato!'”.

“Un anziano non era d'accordo: 'Anche se uccidete la donna, non sarà di alcun aiuto. Anzi, suo figlio ci odierà ancora di più e ucciderà ancora più persone con i suoi incantesimi. Dobbiamo pensare ad un modo per uccidere prima di tutto Topaga e poi potremo occuparci della donna!'”.

“Così non uccisero mia madre. Ma lo zio non si arrese e disse: 'Tutti i miei figli sono morti. Combatterò con lei. Non voglio più vivere!'”.

“Dette queste parole corse fuori per ucciderla, ma la gente lo fermò prontamente, dicendo: 'Questo caos è tutta colpa tua. Topaga è ancora vivo. Se uccidi Nyangtsa Kargyen in questo modo, suo figlio lancerà altri incantesimi e moriremo tutti. Se non ci starai ad ascoltare, uccideremo te per primo!'”.

“Quindi lo zio si fermò. Gli abitanti del villaggio discussero allora di come mandare qualcuno ad uccidermi. Il fratello di mia madre andò da lei e le disse: 'A causa di quello che hai detto e fatto ieri, tutti nel villaggio vogliono uccidere te e tuo figlio. Sei preparata?'. Sospirò: 'Un incantesimo era sufficiente. Perché hai fatto in modo che tutti ci odiassero?!'. Le parlò a lungo per cercare di calmarla, e alla fine mia madre sospirò e disse: 'Hai visto quello che è accaduto in tutti questi anni... naturalmente so che cosa pensa la gente, ma dovevo cercare vendetta contro le persone che hanno preso le nostre proprietà. Questo è il motivo per cui tutto questo è iniziato. Sai, questo odio è così grande che non può essere misurato chiaramente!'”.

“Continuò a piangere senza dire altro. Suo fratello sospirò e affermò: 'Ciò che hai detto è corretto, ma cosa farai se qualcuno verrà ad ucciderti? Adesso faresti meglio a serrare bene le entrate'”.

“Mia madre sbarrò le porte e continuò a pensarci, sentendosi insicura. Provando dispiacere per lei, la ragazza che era stata nostra serva la venne a trovare di nascosto e le disse: 'Non ti vogliono uccidere adesso, vogliono prima uccidere tuo figlio. Dovresti dirgli di stare attento'”.

“Sentite queste parole smise di preoccuparsi per un attimo”.

“Successivamente vendette un'altra metà della terra avuta in dote per sette tael d'oro. Voleva darli a me, ma non c'era nessuno nel villaggio di cui si fidasse per chiedergli di portarmeli. Proprio mentre stava pensando a recapitarmi l'oro lei stessa, uno yogi che veniva da Ü ed era diretto in pellegrinaggio in Nepal, attraversò il nostro villaggio chiedendo l'elemosina. Mia madre gli chiese informazioni dettagliate sul suo passato e pensò che potesse essere adatto come messaggero. Perciò gli disse: 'Maestro, per favore state qui per qualche giorno. Al momento mio figlio sta studiando il dharma a Ü-Tsang e vorrei scrivergli una lettera. Potreste portargliela?'”.

“Lo yogi acconsentì. Mia madre lo invitò allora a rimanere da lei per alcuni giorni e lo trattò bene”.

“Quella notte accese una lampada e, inginocchiandosi davanti alle divinità, espresse un desiderio: 'Se il mio desiderio si avvererà, questa lampada non si spegnerà; se invece non potrà realizzarsi, vi prego di farla spegnere immediatamente. Spero sinceramente che gli antenati di Topaga e i custodi divini possano mostrarmi l'esito'. Dopo aver espresso il desiderio la lampada continuò a bruciare l'intera notte e così mia madre credette che il suo desiderio si sarebbe avverato. Il giorno seguente disse allo yogi: 'Maestro, gli abiti e le scarpe sono molto importanti per un pellegrino. Datemi i vostri perché possa rammendarli. Voglio anche darvi un paio di suole di riserva'”.

“Così diede allo yogi un grosso pezzo di pelle da usare per fare delle suole per le scarpe, poi riparò il suo cappotto. Al centro della schiena nascose sette pezzi d'oro molto sottili e cucì attorno ad essi un pezzo di stoffa nera. Poi ricamò sei piccole stelle con del filo bianco spesso, al centro della stoffa nera, e le coprì con un altro pezzo di stoffa. Fece tutto questo all'insaputa dello yogi. Alla fine sigillò la busta, gli consegnò la lettera e gli diede tanti regali per ringraziarlo”.

“A quel punto mia madre considerò: 'Non so cosa gli abitanti del villaggio stanno pensando, ma devo trovare un modo per intimidirli'. Quindi disse a mia sorella Peta: 'Lo yogi che è partito ieri ha portato una lettera di tuo fratello'; e successivamente lei ne parlò con molte persone”.

“Poi mia madre scrisse una falsa lettera che imitava il mio tono: 'Cara madre, sono felice di apprendere che gli incantesimi per uccidere hanno funzionato bene. Se qualcuno nel villaggio maltratta te o mia sorella Peta ti prego di farmi conoscere il suo nome così che possa lanciarli contro un incantesimo. Con le abilità che ho acquisito, uccidere qualcuno è facile, così come lo è anche sradicare la sua famiglia e i suoi parenti. E se nessuno degli abitanti del villaggio è bravo con voi, spero che tu e Peta vi trasferirete qui. Quando sono partito da casa non avevo niente, ma ora sono ricco e senza preoccupazioni. Ti auguro sinceramente tutte le cose migliori, tuo figlio Topaga'”.

“Appose anche un falso sigillo sulla lettera, e dopo averla mostrata allo zio, alla zia e alla gente vicino a loro, la conservò a casa di suo fratello. In questo modo gli abitanti del villaggio non osarono più pensare di ucciderci, e oltretutto chiesero anche allo zio di restituire la terra del Triangolo di Orma a mia madre”.

“Nel frattempo lo yogi apprese dove mi trovavo e venne a farmi visita. Dopo avermi raccontato in dettaglio la situazione di mia madre, mia sorella e del villaggio, mi consegnò la lettera, che andai a leggere in un luogo appartato”.

“Nella missiva mia madre scriveva: 'Caro figlio mio, sto bene. Per favore non preoccuparti per me. Dopo aver visto quello che sei riuscito a realizzare non ho più alcun rimpianto. Anche tuo padre sarà soddisfatto nell'altro mondo. Dopo che i tuoi incantesimi hanno preso la vita di 35 nemici, ho recentemente sentito dire che gli abitanti del villaggio volevano mandare qualcuno ad uccidere te e poi me. Per favore stai attento! Dal momento che hanno intenzione di cercare vendetta non dovremmo perdonarli con leggerezza, e perciò dovresti scatenare una violenta grandinata per distruggere i loro raccolti... allora sarò finalmente soddisfatta. Se hai già speso quello che ti avevo dato, puoi avere altre ricchezze da sette famiglie di nostri parenti, sulla montagna che guarda a nord. Sono nel profondo delle nuvole scure sotto le sei stelle scintillanti. Se non sai dove trovare questi parenti o dov'è il villaggio, puoi trovarli sullo yogi. Egli è l'unico a vivere in quel villaggio e non c'è bisogno che tu vada altrove. Tua madre, Nyangtsa Kargyen”.

“Lessi la lettera ma non capivo cosa intendesse. Pensai al mio villaggio natale e a mia madre, tuttavia non sapevo nulla del villaggio o dei parenti descritti nella lettera. Senza alcuna idea di come avrei potuto avere quello che diceva, le lacrime cominciarono a scendere sul mio viso. Piansi per un po', poi asciugai le lacrime e andai a chiedere allo yogi: 'Sembra che voi passiate sapere dove vivono i miei parenti. Potete dirmi qualcosa a proposito?'”.

“Lui rispose: 'Ho sentito solo che hai dei parenti vicino all'Himalaya'. Ho continuato: 'Non sapete di qualche altro luogo? Da dove venite?'. Lo yogi replicò: 'Conosco molti altri villaggi, ma non so nulla dei tuoi parenti. Io sono di Ü'. Allora dissi: 'Se è così, per favore attendete qui, torno subito'.

“Mostrai la lettera al mio maestro e gli parlai dell'accaduto. Lui affermò: 'Tua madre è davvero tremendamente arrabbiata... per lei uccidere così tante persone non è sufficiente e vuole che scateni una grandinata.'. Poi chiese: 'Dove vivono i tuoi parenti nel nord?'. Risposi: 'Non ho mai sentito parlare di parenti nel nord, ma la lettera dice questo. Ho chiesto anche allo yogi, ma neppure lui ne sa qualcosa. Cosa sta succedendo?'.

“In quel momento era presente anche la moglie del mio maestro, che lesse la lettera e disse: 'Puoi chiedere allo yogidi venire qui?', dopo di che accese un fuoco e lo invitò a scaldarsi e bere qualcosa; poi iniziò a chiacchierare con lui del più e del meno. A un certo punto andò per caso dietro al pellegrino, gli tolse il cappotto, e dopo averlo indossato affermò: 'Portare un abito così segnato dalle intemperie per un pellegrinaggio... sarete certamente benedetto!'. Poi girò un po' per la casa e andò al piano superiore. Dal cappotto consunto tirò fuori l'oro, lo ricucì e glielo restituì. Poi invitò l'uomo a restare per la cena e fermarsi per la notte”.

“Più tardi mi chiamò: 'Topaga, per favore vieni nella stanza del maestro!' Andammo insieme da lei, e mi consegnò i sette tael d'oro. Le chiesi sorpreso: 'Da dove vengono?'. Lei rispose: 'Tua madre è molto astuta e ha nascosto l'oro in un posto sicuro. La lettera menzionava un villaggio che guarda a nord sulla montagna, e questo significa che si tratta di un luogo dove non batte il sole. Non è forse vero che gli strati interni del cappotto dello yogi non sono raggiunti dal sole? Nuvole scure significa che è coperto da una stoffa nera. Sei stelle scintillanti si riferisce ai sei ricami con il filo bianco. Sette famiglie sotto le stelle indicano i sette tael d'oro. Solo lo yogi vive là, e tu non hai bisogno di andare da nessun'altra parte perché l'oro è trasportato da lui e da nessun altro'”.

“Il maestro rise sonoramente e disse: 'La gente dice che le donne sono astute. Questo è proprio vero!'”.

“Diedi un mace (un decimo di tael) d'oro allo yogi, che ne fu molto contento; poi dedicai sette mace d'oro alla moglie del maestro e tre tael al maestro stesso. Gli dissi anche: 'Mia madre mi ha chiesto di fare un incantesimo per scatenare una grandinata. Per favore maestro, potete insegnarmi il metodo più segreto per farlo?'”.

“Lui rispose: 'Per imparare l'incantesimo per scatenare una grandinata devi chiedere a Yungton Trogyal'”.

“Così il maestro scrisse una lettera e mi diede alcuni prodotti agricoli locali da portare con me. Tornai da Yungton Trogyal, gli diedi la lettera e i regali, e gli dedicai tre tael d'oro. Spiegai in dettaglio perché avevo bisogno di imparare l'incantesimo per scatenare grandinate, e lui mi chiese: 'I tuoi incantesimi hanno funzionato?'. Risposi: 'Sì, hanno provocato la morte di 35 persone. Ho poi ricevuto una lettera di mia madre che mi chiedeva una grandinata, e così spero che mi possiate aiutare'. Lui rispose: 'Nessun problema, il tuo desiderio sarà esaudito'. Mi insegnò quindi l'incantesimo e praticai nella sala del dharma per sette giorni. Il settimo giorno una nuvola scura emerse tra le rocce della montagna di fronte a noi. C'erano tuoni e lampi, come se una tempesta fosse in arrivo. Sapevo di aver acquisito l'abilità di scatenare grandinate'”.