(Minghui.org) La cinquantottenne Gao Yuxiang, del distretto di Lianhua, città di Shulan, è stata arrestata e reclusa diverse volte solo per aver praticato il Falun Gong (o Falun Dafa). L'ultima detenzione è durata dieci anni, trascorsi nella prigione femminile di Changchun, dove è stata brutalmente torturata, e infine rilasciata il 28 gennaio scorso.

Prima di imparare il Falun Gong nel 1995, soffriva di molte malattie, tra le quali la pleurite, la tubercolosi e il rachitismo, ma dopo aver iniziato la pratica, è guarita.

Di seguito è riportata la sua testimonianza sulla persecuzione subita per non aver rinunciato a praticare il Falun Gong.

Due anni di lavori forzati

Dopo che nel luglio 1999 il Partito Comunista Cinese (PCC) ha lanciato la persecuzione contro il Falun Gong, la mia famiglia è stata spesso molestata dalla polizia. Poiché sapevo che la Costituzione cinese garantiva ai cittadini la libertà di credo e parola, sono andata a Pechino per fare appello al diritto di praticare il Falun Gong. Tuttavia, quando sono arrivata in Piazza Tiananmen sono stata arrestata da alcuni poliziotti in borghese che mi hanno trattenuta per quindici giorni.

Più tardi sono stata trasferita nella stazione di polizia della mia città. Il poliziotto Sun Hongbo ha chiesto alla mia famiglia di pagare 900 yuan (circa 117 euro), mentre Ji Xicai della Stazione di polizia di Lianhua ha raccolto il denaro rifiutando di consegnare una ricevuta, dicendo che l'avrebbe portata in autunno, ma non si è più visto.

Nell'ottobre del 1999 sono ritornata a Pechino per ottenere giustizia per il Falun Gong e sono stata di nuovo arrestata in Piazza Tiananmen e condannata a due anni di lavori forzati. Nel campo di lavoro i poliziotti mi hanno ustionata con i bastoni elettrici. Non entro nei dettagli sugli infiniti abusi che ho subito in quel posto.

Durante una visita, mia figlia mi ha riferito che i funzionari del governo di Lianhua si erano appropriati dei nostri soldi guadagnati vendendo il grano al deposito dei cereali, lasciandoci una ricevuta.

Dopo il mio rilascio ho chiesto il rimborso dei soldi al capo della stazione di polizia, il quale mi ha risposto che la persona che aveva confiscato il denaro era andata via, e ha minacciato che gli bastava una qualsiasi scusa per rimandarmi nel campo di lavoro, se avessi continuato a insistere.

Poiché venivo costantemente molestata non ero idonea a svolgere un lavoro stabile, quindi non avevo altra scelta che trovarne uno temporaneo. Per lavorare e poter contribuire alle spese, mia figlia aveva abbandonato la scuola all'età di sedici anni.

Picchiata durante l'interrogatorio

Il 29 ottobre del 2009, mentre mi occupavo di mia madre malata, diversi agenti in borghese hanno fatto irruzione nel nostro appartamento per arrestarmi. Mia madre mi ha tenuto per il braccio, pregando gli ufficiali: «Non portate via mia figlia! È una brava persona, è la migliore!». Tuttavia non è riuscita a impedire agli ufficiali di trascinarmi via e saccheggiare l'abitazione.

Dopodiché mi hanno portata alla stazione di polizia locale, dove sono stata legata mani e piedi a una sedia di ferro e interrogata. Essendomi rifiutata di cooperare, mi hanno picchiata fino a farmi svenire, poi per svegliarmi mi hanno versato dell'acqua fredda sul viso e hanno continuato l'interrogatorio. Ciononostante non ho rivelato nulla.

L'interrogatorio è durato fino a sera e più tardi, uno dei poliziotti che mi aveva picchiata mi ha detto: «Chiedi al tuo Maestro (il fondatore del Falun Gong) di smetterla di punirmi. Il mio mal di testa è così forte che non lo sopporto. Non picchierò più le persone».

Gli ho risposto: «Non è il mio Maestro che ti ha punito. Sono gli effetti della retribuzione karmica per aver perseguitato le brave persone. Stai attento a quello che fai in futuro!».

Quando poi mi hanno portata in un centro di detenzione, per protestare contro la persecuzione ho iniziato uno sciopero della fame. Per tutta risposta mi hanno alimentata forzatamente attraverso un tubo che passava dal naso, facendomi perdere sangue e lacrimare gli occhi (la lacrimazione persiste tutt'oggi).

Condannata a dieci anni di carcere

Per difendermi, la mia sorellina aveva assunto un avvocato da fuori città, ma Il presidente del tribunale di Shulan, il giudice del processo e il personale dell'ufficio 610 sono venuti in prigione, minacciandomi di arrestarlo e confiscargli la licenza se non gli avessi impedito di difendermi.

Ricordo le loro parole: «Non avrai modo di vedere l'avvocato in tribunale. Se lo licenzi, lo lasceremo andare. Sappiamo che lui ha difeso i praticanti del Falun Gong, quindi alla fine ne sarà implicato e imprigionato. Inoltre, nei documenti che le autorità superiori ci hanno consegnato, si sottolinea che i difensori di altre città non sono ammessi nel tribunale locale».

Anche altri sei o sette ufficiali hanno fatto la stessa richiesta più volte minacciando: «Non coinvolgere altre persone nel tuo caso. Possiamo aiutarti a recuperare l'anticipo versato all'avvocato, ma se rifiuti di licenziarlo. Conosciamo altri modi per impedirgli di comparire in tribunale. Abbiamo preso la sua carta d'identità, ci stavamo occupando di lui da un po' di tempo».

Quando ho chiesto di poter visionare il documento ufficiale che vieta gli avvocati da fuori città, inizialmente hanno accettato, ma poi hanno ammesso che si trattava di una regola non scritta.

Uno di loro mi ha detto: «Hai bisogno di soldi per assumere un avvocato. Se non può comparire in tribunale, sprecherai il tuo denaro. Guarda tuo figlio, influenzerai la sua vita, la scuola e il suo lavoro. Se licenzi questo legale possiamo aiutarti a trovarne uno locale gratuito».

Sapevo che l'avvocato ingaggiato era adatto al mio caso, ma avevo paura di coinvolgere gli altri praticanti. Poiché non conoscevo la legge, e sentendomi riluttante e impotente, piangendo ho deciso di sollevarlo dall’incarico. Gli ufficiali avevano già preparato il documento di licenziamento e attendevano solo la mia firma. Quando me ne hanno trovato uno locale, ho cercato di parlargli del Falun Gong e della persecuzione, dell'imbroglio dell'auto-immolazione in Piazza Tiananmen, ma lui mi ha risposto che non poteva difendermi in tribunale usando i fatti che gli avevo raccontato.

Più tardi mi hanno assegnato un avvocato donna sulla quarantina. Ho chiesto se conosceva il Falun Gong e se sapeva il motivo per cui dopo soli sette anni dall'introduzione al pubblico così tante persone (quasi 100 milioni) avevano iniziato a praticarlo. Le ho anche spiegato perché ero andata a Pechino per fare appello al diritto di praticare. Alla fine mi ha risposto che era la prima volta che sentiva parlare dell'argomento e che ora sapeva cosa fosse veramente il Falun Gong.

La mattina del processo sei auto della polizia sono arrivate al centro di detenzione e sono scesi degli agenti armati e con indosso giubbotti antiproiettile, così ho commentato che era ridicolo vedere come le forze dell'ordine venivano utilizzate per perseguitare un gruppo di persone innocenti, invece di affrontare la corruzione, l'abuso di droghe e i truffatori. Uno di loro ha risposto: «A noi puoi dirci quello che vuoi, ma fai attenzione a ciò che dici durante l'udienza. Meno parli, meglio è!».

La Corte ha tenuto un'udienza segreta di breve durata e senza avvisare la mia famiglia. Quando ho rifiutato di firmare qualsiasi documento, mi hanno detto che se non avessi ceduto, mi avrebbero inflitto una condanna pesante.

Di conseguenza, dopo essere stata imprigionata per un anno e nove mesi, il 5 luglio del 2011 sono stata condannata a dieci anni di prigione.

Torturata nella prigione femminile di Changchun

Sono stata reclusa nella prigione femminile di Changchun dal 5 luglio del 2011 al 28 gennaio di quest'anno.

Appena entrata, mi hanno costretta a rimanere seduta dritta su un piccolo sgabello di plastica con le mani sulle ginocchia, sapendo che qualunque movimento avrebbe portato al pestaggio. Più di venti "educatori" si sono seduti intorno a me, alternandosi per cercare di "trasformarmi" o costringermi a rinunciare al Falun Gong.

Ho detto loro come mi ero ripresa dalle molteplici malattie dopo aver praticato il Falun Gong, come le persone che conoscevo avevano beneficiato della pratica e come il bene e il male sono ricompensati e puniti. Ho spiegato perché l'incidente dell'auto-immolazione in Piazza Tiananmen era una bufala e ciò li ha lasciati senza parole. Alla fine ci hanno rinunciato ed hanno incaricato Pang Shuyan, la prigioniera più violenta, di controllarmi.

Quando la guardia Yang Xi ha ordinato a Pang di farmi recitare le regole della prigione, mi sono rifiutata spiegando che queste erano per i criminali, non per i praticanti del Falun Gong che vivono secondo i principi di Verità, Compassione e Tolleranza, e che non commettono alcun reato. Poiché non ammettevo la mia “colpevolezza”, gli educatori e le detenute m'impedivano di usare il bagno, costringendomi a dire che ero una criminale dalle cinquanta alle cento volte e mi torturavano anche in altri modi.

Dopo il quinto o sesto giorno che ero seduta sul piccolo sgabello, hanno messo una foto del Maestro Li Hongzhi (il fondatore del Falun Gong) sotto lo sgabello e diverse persone hanno cercato di farmici sedere sopra, ma io ho resistito drizzando il mio corpo e sdraiandomi a terra. In risposta mi hanno trascinata in bagno per picchiarmi.

Pang era la più cattiva di loro e continuava a colpirmi su viso e bocca. Vedendo che non cedevo, alla fine mi hanno costretta a stare tutti i giorni in piedi senza muovermi, dalle quattro del mattino fino alle dieci di sera e a volte anche fino all'una di notte. Dopo venti giorni di questa tortura, le mie gambe si erano gravemente gonfiate.

Dopo tutto questo ancora non rinunciavo al Falun Gong, così la Guardia Yang mi ha detto: «Stai lì da sola mentre così tante persone ti guardano. Vuoi ancora dormire?». Sentendo questo, le carcerate che mi controllavano l'hanno preso come un suggerimento e perciò hanno deciso di privarmi del sonno.

Dopo cinque giorni in piedi senza dormire, Pang ha preso alcune delle foto del Maestro Li e mi ha invitata a togliermi i pantaloni perché voleva incollarmele addosso. Mi sono innervosita e ho spinto via tutti i presenti lasciandoli sorpresi per la forza che avevo nonostante non avessi dormito per cinque giorni.

Poi mi hanno detto: «Poiché stare seduti sullo sgabello, in piedi e la privazione del sonno non possono trasformarti, abbiamo deciso di permetterti di sederti nella posizione del loto completo, senza sciogliere le gambe e con le mani sopra la testa».

Sono rimasta in quella posizione per dodici ore, fino al mattino successivo. Dopodiché mi hanno costretta a stare in piedi per 25/26 giorni consecutivi e privata del sonno per sei.

La persecuzione si intensifica

Il 5 agosto 2011 un gruppo di detenuti è stato rilasciato e all’interno della prigione hanno iniziato a organizzarsi diversamente, assegnando ai condannati per omicidio e ai truffatori il compito di tenere sott’occhio i praticanti del Falun Gong. Circa sette di queste criminali avevano l’incarico di sorvegliare me, e una di loro, Li Changzhi, sosteneva che poteva portare una praticante allo squilibrio mentale e rendere una persona totalmente pazza.

I “vigilanti” mi proibivano di usare il bagno o di lavarmi, e dato che in quel periodo ero vicina a un esaurimento nervoso, una volta mi sono sporcata i pantaloni. A quel punto hanno iniziato a deridermi dicendo: «È un peccato che un’adulta come Gao Yuxiang si faccia la pipì nei pantaloni». Per la vergogna ho iniziato a piangere.

In seguito i detenuti hanno scritto una frase diffamatoria nei confronti della Falun Dafa, dicendomi che se avessi voluto usare il bagno avrei dovuto ricopiarla. Confusa e impaurita, temendo di essere sbeffeggiata di nuovo, ho accettato il patto; considerando inoltre che se avessi sporcato il pavimento avrei sporcato anche il cibo, dato che mangiavamo sempre per terra. Una volta in bagno, la nebbia che fino a quel momento ha offuscato la mia mente ha iniziato a svanire e a quel punto ho rimpianto la mia scelta con tutto il cuore.

Mi hanno poi fatto sdraiare su un letto con la faccia in giù, i polpacci tirati su con i piedi vicini ai glutei e la testa tirata verso la schiena. Mi hanno picchiata ogniqualvolta cambiassi postura. Si sono alternati a farmi la guardia dalle quattro del pomeriggio fino alle dieci di sera, concedendomi di fare delle pause solo per mangiare.

Dopo dieci giorni non mi hanno più liberata durante i pasti, quindi ho dovuto mangiare in quella posizione scomoda, così da non riuscire a deglutire e sporcare il letto. Una volta mi sono arrabbiata e Pang Shuyan mi ha afferrata e mi ha sbattuta con la testa contro il muro. Quando gli ho chiesto se potevo avere un colloquio con il capo reparto la sua risposta è stata positiva.

Tuttavia invece di chiamare il capo reparto, ha fatto venire una detenuta molto alta e altrettanto cattiva dal quinto piano (quello dedicato alle torture dei praticanti del Falun Gong). Mentre le stavo parlando ha iniziato a picchiarmi dicendomi «Sono stata specificatamente assegnata, dal capo della prigione ad avere a che fare con i praticanti della Falun Gong. È inutile che ti lamenti con qualcuno. Il governo mi permette di fare qualsiasi cosa. Quando i praticanti vengono picchiati a morte viene dichiarato come suicidio. Ci sono 4-5 morti all’anno in questa prigione.» e ha continuato a picchiarmi finché non si è stancata.

In seguito mi hanno rimessa nella posizione dolorosa sul letto dalle quattro di mattina alle undici per i successivi 49 giorni. Ero diventata così magra che il medico ha avuto difficoltà a prelevarmi il sangue e a partire dal quel giorno non mi hanno più torturata.

Il lavaggio del cervello fallito

Mi hanno detto di dare loro una lista di familiari che mi avrebbero fatto visita. La mia mente era vuota e non ricordavo il numero di telefono di mia figlia, il nome di mio genero, o anche il nome di mio nipote. I detenuti mi hanno deriso. Ho riso anch'io, ma non è stata una risata normale. Il mio cuore si è addolorato, e sono scoppiata in lacrime. Non potevo controllarmi e tutti hanno creduto che fossi pazza.

Ho provato a ricordare gli insegnamenti della Falun Dafa ma non ci riuscivo. Quando ricordavo una frase, continuavo a ripeterla e gradualmente sono riuscita a ricordare sempre di più e la mia mente è diventata chiara. La Dafa mi ha salvato di nuovo dall'orlo di un crollo mentale.

Successivamente mi hanno dato un taccuino per scrivere quello che volevo sulla pratica. Ho pensato attentamente e ho scritto lentamente. Dopo tre giorni ho riempito l'intero quaderno con le mie esperienze personali, quelli dei miei parenti e amici, dove il bene viene premiato e il male punito; poi ho dato il quaderno a una guardia.

Mi hanno chiesto anche di leggere articoli che diffamavano la Dafa, ma mi sono rifiutata e allora mi hanno costretto a guardare i video di propaganda che calunniavano il Falun Gong Come l'auto-immolazione di Piazza Tiananmen e così via.

Un giorno hanno trovato uno degli articoli del Maestro Li che avevo portato dal centro di detenzione così mi hanno punita costringendomi a stare in piedi per ore e Pang mi ha picchiata con un rotolo di carta.

Qualcuno ha denunciato la mia situazione a una guardia che aveva ancora una coscienza.

Quest’ultima mi ha chiamata in ufficio e mi ha chiesto se qualcuno mi avesse picchiata, ma non ho risposto, poiché Pang era appena dietro di me. A quel punto la donna ha detto a Pang di andarsene e poi mi ha detto di togliermi i vestiti. Il mio corpo era coperto di contusioni. Molte guardie le hanno viste e alcune sono rimaste sconcertate.

Da quel momento in poi Pang ha smesso di monitorarmi, e mi è stato ordinato di andare a "studiare" al terzo piano, la zona dedicata al lavaggio del cervello. Xu Changping, una detenuta che era stata appena incaricata di monitorarmi, ha tirato fuori una lunga cinghia minacciandomi, dicendo che se non avessi voluto “studiare” mi avrebbe torturata.

In quel periodo hanno preferito mandarmi in una stanza a fare delle attività al posto di rinchiudermi in cella, ma per usare la toilette, dovevo andare ancora nella cella di Pang. Quest’ultima, anche se ogni volta che usavo il bagno lo pulivo da cima a fondo, spesso non mi permetteva di usarlo.

Insieme a quasi tutte le praticanti del Falun Gong imprigionate, ho dovuto fare dei lavori forzati mentre mi torturavano fisicamente e mentalmente. Entro il 2016 i crediti che avevo guadagnato per il mio lavoro avrebbero dovuto ridurre la mia reclusione di due anni. Tuttavia, poiché mi sono rifiutata di scrivere dichiarazioni di rinuncia al Falun Gong, i funzionari della prigione hanno rifiutato di rilasciarmi.

Panoramica sulla persecuzione dei praticanti del Falun Gong in prigione

Tutte le praticanti del Falun Gong nella prigione femminile di Changchun sono rinchiuse nel braccio n°8, dove Ni Xiaohong è la responsabile.

Il reparto è diviso in sei unità. Alcune praticanti sono state trattenute al terzo piano per il lavaggio del cervello. Quelle al secondo piano erano monitorate ancor più severamente, per non parlare di quelle al primo. Tutte quelle che si sono rifiutate di essere “trasformate” sono state isolate e tenute sotto osservazione costante da sei o sette detenute.

Al terzo piano due detenute sono state assegnate a osservare una praticante e dovevano persino andare al bagno insieme. Quelle che rifiutavano di essere "trasformate" sono state costrette a sedersi su un piccolo sgabello, a stare in piedi per lunghe ore, picchiate, private del sonno per giorni, e così via. Alcune sono state anche torturate con la “panca della tigre”, il "letto della morte”, il "letto di stiramento" e così via.

Illustrazione della tortura: letto di stiramento

Le detenute normalmente si alzano alle 5:30 del mattino, ma per aumentare il "tasso di trasformazione", le praticanti erano costrette ad alzarsi alle quattro, per poi sedersi su piccoli sgabelli fino alle dieci di sera. Gli orologi sono stati rimossi dalla cella per impedire alle praticanti di conoscere l’ora e estendere arbitrariamente il tempo di punizione. Questa forma di abuso è continuata per circa un anno e mezzo.

Alla fine del 2018 hanno smesso di far alzare presto le praticanti, ma non di farle sedere sui piccoli sgabelli, mentre le detenute si alternavano per sorvegliare le praticanti. Alcuni sgabelli avevano un piccolo foro nel mezzo e le carcerate ci inserivano un bastone di legno, forzando la praticante di turno a sedersi sul bordo dello sgabello. Alcune praticanti si sedevano con le gambe tremanti e altre avevano ferite non medicate ai glutei che si infettavano per il contatto con i pantaloni.

Come risultato della tortura, alcune sono diventate pazze o hanno avuto collassi mentali. Una praticante è stata costretta a sedersi su uno sgabello su cui c’era la foto del Maestro Li e quando si rifiutava la picchiavano. Dopo un po’ non ce l’ha fatta più ed è collassata. I criminali l’hanno derisa e non la volevano liberare. Le loro risate non conservavano un briciolo di umanità, sembravano venire dall'inferno .

Ricordo un’altra praticante che è stata messa in una cella di isolamento per due mesi per aver letto un articolo del Maestro Li. Quando è stata rilasciata non poteva camminare ed è stata trascinata in un corridoio da due persone.

Più di diciannove praticanti, tra cui Wang Yaxin, Li Ruiying e Niu Yuhui, sono state trattenute al primo piano nell’aprile 2018. Oltre a sedersi su piccoli sgabelli, venivano nutrite solo con sottaceti. Non era loro consentito comprare cibo o ricevere visite. Per molto tempo non hanno avuto il permesso di fare la doccia, lavarsi la faccia o lavarsi i denti.

L'acqua potabile era stata limitata. Alcuni hanno perfino dovuto bere l'acqua usata per lavare il bagno. Dopo che alcuni praticanti hanno pubblicato ufficialmente cosa avveniva nella prigione, hanno iniziato a consegnare pasti regolari come le normali prigioni.

Un certo tipo di lavaggio del cervello prevedeva di “imparare la cultura tradizionale”. Gli "educatori" hanno fatto vedere dei documentari speciali e assegnato “compiti a casa”, guidando ogni praticante verso il loro scopo. Senza accesso ai libri del Falun Gong e sotto minacce in un ambiente duro, molti praticanti sono stati così "trasformati".

All'inizio del 2019 c'erano più di 100 praticanti del Falun Gong nella prigione femminile di Changchun.