(Minghui.org) Un abitante della città di Nanjing, nello Jiangsu, è stato portato alla prigione di Suzhou a scontare una pena di cinque anni per la sua fede nel Falun Gong, una disciplina spirituale perseguitata dal regime comunista cinese dal 1999.

Zhang Mingyi, dipendente dell’industria petrolchimica Jinling, è stato arrestato al lavoro il 27 settembre 2019. Minghui.org ha "recentemente confermato che è stato condannato nel marzo scorso”, ma altri dettagli del suo caso rimangono poco chiari.

Zhang, quarantottenne, ha iniziato a praticare il Falun Gong nel maggio 1997 ed in seguito è diventato più premuroso e più rispettoso nei confronti dei suoi genitori.

Per aver sostenuto la sua fede, negli ultimi due decenni, è stato trattenuto tre volte in un centro per il lavaggio del cervello e due volte in un ospedale psichiatrico. Sua moglie, a causa della persecuzione, è stata costretta a divorziare per l’enorme pressione.

Arrestato per aver fatto appello per il Falun Gong

Zhang si è recato due volte a Pechino per appellarsi al diritto di praticare il Falun Gong: rispettivamente nel luglio e nell'ottobre 1999. La seconda volta che vi si è recato è stato arrestato e riportato a Nanchino dal personale del suo posto di lavoro. Il suo supervisore l’ha trattenuto in un hotel di proprietà della società, dove si svolgeva una sessione di lavaggio del cervello e venivano proiettati ventiquattr'ore su ventiquattro video di propaganda che denigravano il Falun Gong.

Poiché Zhang si è rifiutato di scrivere la dichiarazione di rinuncia al Falun Gong, la polizia l’ha portato all'ospedale psichiatrico di Nanchino, costringendolo ad assumere farmaci che hanno danneggiato il suo sistema nervoso. É stato rilasciato sei mesi dopo.

Famiglia devastata dalla persecuzione

Il 15 febbraio 2006, mentre era al lavoro, Zhang è stato nuovamente arrestato, l’hanno portato prima alla stazione di polizia di Bancang e poi, la sera, al centro di detenzione del distretto di Xuanwu. Alla fine di febbraio, è stato trasferito al centro della città di Nanchino.

Ha fatto uno sciopero della fame per protestare contro la persecuzione e gli agenti hanno condotto sua moglie alla stazione di polizia e hanno minacciato di condannarlo a sette o otto anni se fosse rimasto "fermo nella sua fede". Hanno anche cercato di forzare sua moglie a testimoniare contro di lui, con la minaccia che avrebbe potuto essere coinvolta. Lei si è rifiutata di farlo dicendo che se fosse stato condannato avrebbe aspettato che lui tornasse a casa.

Quando il suocero di Zhang è andato alla stazione di polizia per cercare sua figlia, gli hanno chiesto cosa pensasse di lui. L'uomo anziano ha detto: "Mingyi è un bravo ragazzo!”, a causa del suo commento positivo, gli agenti hanno controllato il suo profilo per vedere se lui stesso praticava il Falun Gong.

Due mesi dopo, nell'aprile 2006, Zhang è stato trasferito in un hotel, un centro per il lavaggio del cervello di Nanchino, organizzato dall'Ufficio 610, un'agenzia extragiudiziaria creata appositamente per perseguitare il Falun Gong.

Zhang ha continuato il suo sciopero della fame egli è stata praticatal’alimentazione forzata. Una volta non ha mangiato per quasi trenta giorni diventando irriconoscibile. Poiché rimaneva ancora saldo nel Falun Gong, gli agenti dell'Ufficio 610, hanno portato suo padre e sua moglie a trovarlo, cercando di usare il dolore dei familiari per indebolire la sua forza di volontà.

Suo padre nel vederlo era devastato e sua moglie è scoppiata in lacrime e si è inginocchiata davanti a lui per quasi due ore pregandolo di mangiare.

Due anni di campo di lavoro forzato e divorzio

Dopo averlo tenuto al centro per il lavaggio del cervello per due mesi, le autorità hanno portato Zhang di nuovo all'ospedale psichiatrico dove è stato trattenuto per trenta giorni.

A luglio l’hanno riportato al centro per il lavaggio del cervello, dove Zhang ha continuato lo sciopero della fame.

Sua moglie, ingannata dalle autorità, ha creduto che sarebbe stato rilasciato non appena avesse smesso di praticare il Falun Gong, quindi ha lasciato il suo lavoro ed è andata al centro per il lavaggio del cervello per aiutarlo a trasformarsi. Lui ancora non cedeva e sua moglie, disperata, l’ha schiaffeggiato minacciandolo di divorziare.

Zhang è crollato a causa delle deboli condizioni fisiche e dell'intenso conflitto, ed è stato costretto a firmare una dichiarazione di rinuncia al Falun Gong.

Le autorità, però, non hanno mantenuto la promessa di liberarlo e gli hanno dato due anni di lavori forzati. Sebbene gli fosse permesso di scontare la pena a casa, la polizia lo costringeva a scrivere un rapporto di pensiero ogni mese, altrimenti lo avrebbe arrestato e mandato al campo di lavoro.

L'Ufficio 610 ha anche ordinato al datore di lavoro di Zhang di coprire tutti i costi della sessione di lavaggio del cervello e di soggiorno dei membri dello staff, di intensificare la sorveglianza su di lui per impedirgli di andare a Pechino ad appellarsi nuovamente, o di promuovere il Falun Gong a livello locale.

Incapace di sopportare l'enorme pressione mentale, la moglie di Zhang è stata costretta a divorziare.

Persecuzione continua

Durante i due anni di pena di Zhang la sua azienda lo pagava solo 1.300 yuan (circa 170 euro) al mese, nonostante le sue mansioni continuassero ad aumentare.

Quando si è rifiutato di redigere il rapporto richiesto dalla polizia, l’azienda l’ha punito escludendolo da qualsiasi promozione o aumento di stipendio.

Il primo novembre 2011, mentre si recava al suo impiego, Zhang è stato sequestrato dalla polizia, che gli hanno estorto con la forza le impronte digitali ed un campione di sangue. Gli agenti hanno poi messo a soqquadro la sua casa, portando via il computer del padre (al quale è stato restituito per le sue proteste), ed hanno perquisito anche l’azienda. La polizia ha cancellato una foto del fondatore del Falun Gong che si trovava sul suo computer di lavoro e nel pomeriggio è stato rilasciato.

Nel novembre 2012, durante il diciottesimo Congresso nazionale del Partito Comunista Cinese, l'Ufficio 610 non ha permesso a Zhang di lavorare ed ha fatto pressione all’azienda affinché lo controllasse nelle sue attività quotidiane.