(Minghui.org) Lo scorso 15 settembre un'anziana donna di Pingliang, nella provincia del Gansu, è stata processata per la sua fede nel Falun Gong, una disciplina spirituale e di meditazione che viene perseguitata dal regime comunista cinese dal 1999.

L'avvocato di Wu Caihui ha presentato un'istanza di non colpevolezza per conto suo, facendo notare alla Corte che nell'atto di accusa c'era scritto che alla donna sono state confiscate settantaquattro copie di materiale informativo del Falun Gong, mentre in realtà nel suo appartamento ne erano state trovate solo quattro. Il pubblico ministero non ha saputo spiegare il motivo né l'incongruenza rilevata nell'atto d’accusa. Èrimasto in silenzio anche quando l'avvocato l’ha sfidato a mostrare la base legale che dovrebbe giustificare la persecuzione del Falun Gong. Il giudice ha rinviato l'udienza a metà seduta.

Il 9 marzo scorso la donna è stata arrestata, dopo essere stata denunciata dalla sicurezza del quartiere per aver parlato del Falun Gong a uno studente. Cinque agenti hanno messo sottosopra la sua abitazione senza mostrare alcun mandato di perquisizione.

La polizia ha costretto Wu su una sedia di ferro,per l'interrogatorio nel seminterrato del Dipartimento della polizia distrettuale di Kongdong. È stata interrogata per quattro ore e rilasciata il giorno stesso. Quattro giorni dopo è stata nuovamente convocata e le è stato ordinato di pagare una multa di 20.000 yuan (circa 2.800 euro). La polizia ha minacciato di sbatterla in prigione se non avesse pagato.

La polizia ha poi sottoposto il suo caso al procuratore, che l'ha incriminata con l'accusa di "indottrinamento di un adolescente".

Il 15 settembre, durante l'udienza, il suo avvocato ha chiesto al pubblico ministero se avesse causato danni fisici o mentali allo studente con cui aveva parlato. Il pubblico ministero ha risposto: "No!".

Il pubblico ministero ha accusato la donna di far parte di una "organizzazione di culto",ma lei ha respinto l'accusa, spiegando che in Cina nessuna legge criminalizza il Falun Gong o lo etichetta come setta.

Wu ha testimoniato che la sua salute e il suo carattere sono migliorati grazie alla pratica e ha sottolineato che il Falun Gong non prevede alcuna iscrizione, e che chiunque è libero di aderire o abbandonare la pratica.

Il pubblico ministero ha poi affermato che la polizia ha confiscato settantaquattro copie di volantini informativi del Falun Gong nella sua abitazione. La donna l’ha nuovamente smentito, perché le sono state sequestrate solo quattro copie. Ha detto che gli agenti non indossavano l'uniforme della polizia, durante la perquisizione, né hanno mostrato i loro documenti o un mandato. Non le è stato fornito nemmeno un elenco degli oggetti confiscati.

Per quanto riguarda le settanta copie inesistenti, l'avvocato ha chiesto al procuratore se ne avesse verificato il numero con la polizia, ma il funzionario ha negato. Sia lui che i poliziotti sono rimasti in silenzio quando l'avvocato ha chiesto loro da dove provenisse il numero settantaquattro.

Nonostante la mancanza di prove valide, il pubblico ministero ha accusato Wu di aver violato la legge penale ma, incalzato dall'avvocato, non è riuscito a spiegare di quale legge si trattasse.

Dopo qualche istante di silenzio il giudice ha aggiornato l'udienza e ha detto che avrebbe successivamente annunciato il verdetto. Il giorno stesso Wu è tornata a casa.