(Minghui.org) All’inizio della persecuzione della Falun Dafa da parte del Partito Comunista Cinese (PCC), nel 2001, ero considerata un bersaglio principale nella mia zona. Sono stata molestata e sorvegliata. Durante le conferenze annuali del PCC, otto persone della nostra borgata e del mio posto di lavoro sono entrate in casa mia e mi hanno detto di andare alla sessione locale di lavaggio del cervello. Ho detto loro di no. Vedendo che c’erano così tante persone a casa nostra, mio marito mi ha chiesto di andare con loro. Non ho accettato. Il vicedirettore del mio comune mi ha puntato il dito al naso e ha detto: “Oggi devi andare. Anche se non ci andrai, ti costringeremo!”.

In quel momento mi è venuta in mente la Fa del Maestro:

“ … solo se il vostro cuore non viene toccato, sarete in grado di gestire tutte le situazioni”. (“Eliminare i vostri ultimi attaccamenti”, Elementi essenziali per un ulteriore avanzamento II).

Mi sono voltata e sono andata in camera da letto. Mi sono seduta sul letto nella posizione del loto completo. Quattro di loro sono entrati nella mia stanza.

Incoraggiato dai miei pensieri retti, anche mio marito ha avuto pensieri retti. Ha ammonito severamente le otto persone: “Questa è casa mia. Se qualcuno osa trascinare via mia moglie, lo apro con un coltello”. Sono rimasti tutti sorpresi.

Due di loro che erano al comando dopo un po’ si sono ripresi, si sono guardati e sono usciti dalla stanza, per tornare subito dopo dicendo: “Per oggi è tutto. Andiamo”. E sono andati tutti via.

Il mio nome è discepolo della Dafa

Un giorno, da una fonte confermata, ho ricevuto la notizia che la polizia locale sarebbe venuta ad arrestarmi per mandarmi in un centro di lavaggio del cervello. Per evitare la persecuzione sono uscita di casa.

Alla fine di aprile 2002 in una città della Cina nordorientale sono stata denunciata alla polizia mentre distribuivo materiale per chiare la verità in un’area residenziale con una giovane praticante. Sono stata scortata presso l‘ufficio 610 locale. Indipendentemente da come mi maltrattassero, non ho parlato.

Mi hanno picchiata per tre giorni. Avevo un tale dolore alla schiena che non potevo camminare né sedermi. Avevo lividi dappertutto, il mio viso era deformato e tumefatto. Tre giorni dopo sono stata rinchiusa nel centro di detenzione della città, ma lì si sono rifiutati di accogliermi a causa delle gravi ferite che mi segnavano il corpo. Il capo dell’ufficio 610 li ha ingannati dicendo che sarebbero venuti a riprendermi dopo qualche giorno.

Il centro di detenzione voleva registrarmi e mi ha chiesto il nome e l’indirizzo. Ho detto loro che mi chiamavo “Discepolo della Falun Dafa” e che vivevo in Cina. In seguito due detenuti mi hanno portata nelle celle femminili.

Le detenute si sono spaventate quando mi hanno visto il volto tumefatto e che non potevo sedermi né camminare. Mi hanno chiesto cosa mi fosse successo. Ho detto loro che la polizia mi aveva picchiata perché praticavo la Falun Dafa. Ho chiarito la verità mentre gli mostravo i lividi sul corpo. Abbiamo parlato fino alle prime ore del mattino.

La mattina presto una detenuta mi ha dato una copia dello Zhuan Falun. Questo libro era sfuggito a numerose ricerche da parte delle guardie. Mi ha detto che era stato lasciato da una praticante della Dafa. Ero molto entusiasta: “Grazie mille!”. Le ho detto.

Diffonderò queste parole per voi!

La cella normalmente conteneva 10 persone, che per dormire si dovevano sdraiare su un grande letto fatto di assi. Ma nella mia cella c’erano 14 persone. Mi hanno fatta dormire con un’assassina sotto una coperta vicino al bagno. Poiché c’erano troppe persone nel letto, era difficile per chiunque girarsi. Le detenute di tanto in tanto si alzavano anche per andare in bagno. Il letto tremava ogni volta che qualcuno si alzava e questo mi provocava dolori alla schiena. Non riuscivo a dormire.

Ho scoperto che anche un’altra detenuta non riusciva a dormire. Aveva problemi di cuore e nella cella le detenute ricevevano solo due pasti al giorno. Il suo cuore batteva molto forte a causa della fame. Non riusciva a dormire. Quando l’ho saputo le ho dato un terzo del mio pane a ogni pasto, poiché sono praticante devo comportarmi come tale. Da allora è riuscita a dormire tutte le notti. Anche se avevo fame, sono una praticante e mi fa bene affrontare delle difficoltà. Un giorno con le lacrime agli occhi mi ha detto: “Quanto devo ringraziarti?”. Le ho risposto: “Dovresti ringraziare il Maestro della Falun Dafa!”.

Una sera, sul tardi, sono state portate al centro di detenzione una dozzina di praticanti, ognuna di loro è stata rinchiusa in una cella diversa. In seguito ho saputo che una di noi che era stata arrestata nello stesso mio giorno aveva ceduto e rivelato alla polizia tutti i loro nomi. Poiché molti praticanti non avevano lo Zhuan Falun, ho iniziato a copiare a mano il libro. I praticanti e i detenuti mi hanno aiutata fornendomi carta e penna. Seduta a terra ho copiato a mano il libro, la sera e durante la pausa pranzo. Ho finito in cinque mesi. Ogni praticante in ogni cella poteva studiare la Fa passandosi di mano in mano ogni capitolo.

Chiarivo la verità a ogni nuova detenuta e insegnavo a recitare le poesie di Hong Yin, a cantare canzoni della Dafa, a praticare gli esercizi e a imparare i caratteri cinesi. Era piuttosto difficile entrare in contatto con le guardie, ma non mi sono arresa.

In un’occasione è stato richiesto a ogni persona di scrivere una relazione accurata. Ho colto l’occasione per scrivere una lettera di chiarimento della verità alla guardia. Dopo averla letta mi ha parlato e ha sollevato alcune domande, a cui ho risposto una per una. Mi ha chiesto se poteva aiutarmi in qualche modo prima di andarsene. Le ho detto che mi servivano carta e penna per copiare a mano un libro. Me li ha mandati. Non ho rispettato le regole del centro e non ho indossato le uniformi. Ho provato gli esercizi con le detenute e lei non ha mai detto nulla.

Ho iniziato uno sciopero della fame per contrastare la persecuzione. Due uomini mi hanno sollevata sopra la loro testa e mi hanno portata via. Ho cantato “La Falun Dafa è buona” a voce alta, mettendo in allarme i detenuti e le guardie di sopra e sotto: tutti si sono avvicinati alle porte e alle finestre per guardare. Dopo essere tornata in cella sono stata alimentata a forza con un tubo e ho vomitato sangue nel bagno. Le detenute erano così sconvolte che piangevano. La guardia, quando mi ha vista, scuotendo la testa ha chiesto a una detenuta di portarmi un bollitore di acqua calda perché potessi lavarmi.

Gradualmente ho potuto di nuovo studiare la Fa, praticare gli esercizi e inviare i pensieri retti. Una domenica stavo lavando i miei vestiti: quel giorno la guardia era di turno, quando mi ha vista in piedi a lavare i panni. La sorpresa è stata grande e con entusiasmo ha detto: “Non lo dirai solo tu “la Falun Dafa è buona. Anch’io ti aiuterò a diffondere queste parole!”.

Persona anonima

Durante la mia permanenza nel centro di detenzione, per tre mesi tre persone dell’ufficio di pubblica sicurezza della città, della commissione politica e legale e del dipartimento di polizia mi hanno interrogata spesso, ma non gli ho mai detto nulla. Volevano filmarmi e registrarmi, ma ho capito tutto e ho rifiutato. Ho solo detto: “La Falun Dafa è buona”. Ma in un’occasione i disturbatori che mi interrogavano si sono avventati su di me e di sorpresa mi hanno scattato una foto. Avevo gli occhi chiusi mentre due detenuti mi portavano via.

Un giorno mi hanno portata sotto scorta al dipartimento cittadino mi hanno interrogata per un’intera mattinata. Non hanno ottenuto nulla. Si sono arrabbiati, mi hanno preso a calci e mi hanno picchiata così forte che ho avuto convulsioni e spasmi in tutto il corpo e sono diventata pallida. L’aguzzino del comitato politico e legale ipocritamente mi ha detto: “Signora, non aveva detto di avere mal di schiena? La porteremo in ospedale per un controllo”.

Quando siamo arrivati in ospedale hanno chiamato un medico. Questi mi ha chiesto il nome e l’indirizzo, ma mi sono rifiutata di darglieli. Poi mi ha portata in una stanza per le radiografie. Quando mi sono sdraiata sul lettino la persona dell’ufficio di pubblica sicurezza della città mi ha chiesto di nuovo nome e indirizzo. Mi sono nuovamente rifiutata di dirlo. Mi ha dato dei pugni sul viso e sulla testa con grande forza. Sapevo che il vero scopo di portarmi in ospedale era quello di ottenere il mio nome e l’indirizzo. Ho domandato: “Mi avete portata qui per curarmi o per picchiarmi?”. In quel momento un gruppo di persone ha portato dentro una persona gravemente ferita. Il medico affrettandosi a liquidare la mia faccenda ha detto: “Non ha nessun problema”. Mi hanno trascinata in macchina in fretta e furia e mi hanno riportata al centro di detenzione.

Eravamo circa a metà strada e si era già fatto buio. L’autista ha fermato improvvisamente l’auto. Una delle persone in auto mi ha chiesto: “Signora, ci può dire il suo nome e indirizzo? Se ce lo dice, la porteremo al centro di detenzione. Altrimenti, la seppelliremo viva”. Ero completamente calma e ho detto a voce alta: “Non vi permetterete a farlo!” Quando hanno visto la mia forte determinazione, due di loro hanno cercato di tirarmi fuori dall’auto. Ho supplicato intimamente il Maestro Li, il fondatore della Dafa, di proteggermi. Mi son tenuta stretta al sedile. In quel momento sono passate quattro o cinque persone in bicicletta, e uno dei due ha detto: “Non hai nemmeno paura della morte”. Poi rivolto agli altri due: “Ok, torniamo indietro”.

Era molto tardi quando siamo arrivati al centro di detenzione. La persona di turno indicandomi ha chiesto: “Ve l'ha detto?”. L’agente dell’ufficio di pubblica sicurezza della città sospirando ha detto: “Persona anonima”.

Il risveglio dei praticanti

Cinque mesi dopo era quasi ottobre. I due che interrogavano mi hanno chiamata e uno ha esordito dicendo: “Signora, sono venute a prenderla alcune persone della sua città natale. Conosciamo già il suo nome e il suo indirizzo. Lei è un'insegnante”. Rivolti alle altre tre persone presenti ha detto: “Abbiamo fatto del nostro meglio. Potete portarla via”.

Nel pomeriggio abbiamo preso un treno per la mia città natale. Mi hanno portata direttamente al centro di lavaggio del cervello del distretto locale. Lì ho visto un’altra praticante che era stata nello stesso centro dove stavo io. Mi ha raccontato era lì da due settimane e che era stata lei a rivelare il mio nome. Le ho risposto: “Non sentirti in colpa. Era ora che tornassi”. I seguito ho saputo che avevano inviato la mia foto presso i vari centri di lavaggio del cervello in diverse zone. Infine sono stata riconosciuta.

Successivamente al mio arrivo al centro di lavaggio del cervello mi hanno informata che alcuni praticanti avevano accettato di abbandonare la pratica della Dafa. Li avrei voluti aiutare a riprendere a praticare, altri si sono risvegliati in seguito e hanno rilasciato dichiarazioni in cui annullavano tutto ciò che avevano detto e fatto che non era conforme ai principi della Dafa. Il personale del centro di lavaggio del cervello, avendo scoperto che li aiutavo e temendo che avrei continuato a risvegliare altri praticanti, mi hanno ammanettata su un letto per 55 giorni e notti. Mi sono opposta molte volte. Mi hanno detto che sarei stata ammanettata finché non avessi rinunciato alla mia fede.

Non mi hanno trasformata, anche se hanno fatto del loro meglio. Poiché stavo facendo lo sciopero della fame nel centro di detenzione, ero talmente magra da essere tutta ‘pelle e ossa’. Volevano mandarmi in un campo di lavoro forzato, ma temevano che non avrei superato il test fisico. Il direttore e il vicedirettore del centro di lavaggio del cervello mi hanno mandata all’ospedale distrettuale per un esame medico.

Il medico che mi ha controllato la pressione ha ripetuto la misurazione quattro volte. Ogni volta era superiore a 200 mmHg. Mi è stata anche diagnosticata un’insufficienza cardiaca. Il medico rivolto al direttore: “Ha bisogno di essere ricoverata. Altrimenti sarà in pericolo, il che non sarebbe positivo per voi”. Il direttore ha insistito per rimandarmi al centro di lavaggio del cervello. Mi hanno ordinato di prendere delle medicine, ma mi sono rifiutata. Allora hanno miscelato la medicina nel congee di riso, ma ancora una volta mi sono rifiutata di essere trasformata. Mi hanno ammanettata e trattenuta al terzo piano, senza alcun riscaldamento.

Tre mesi dopo, a dicembre, mi hanno portata al secondo piano e tolto le manette. Mi sono subito addormentata nella stanza calda del secondo piano. Nello stato di dormiveglia ho sentito dei rumori, e quando ho aperto gli occhi ho visto molte persone alla porta. Gli agenti dell’ufficio 610 mi stavano filmando, mi sono girata di spalle, e dopo avermi filmata mi hanno annunciato che ero stata condannata a tre anni di lavori forzati. Poi hanno chiesto la mia opinione, e gli ho risposto: “Non riconosco la pena”.

Il giorno dopo, verso le 5 del mattino, una guardia è venuta a chiamarmi per andare in ufficio. Quando sono uscita dall’ufficio ho gridato con le mani alzate: “La Falun Dafa è buona! La Falun Dafa è una retta Fa! Ripristinate la reputazione della Falun Dafa! Ripristinate la reputazione del Maestro”. Sono stata trascinata in un’auto e mandata in un campo di lavoro forzato nel villaggio di Wang, nella provincia dello Shandong. Nel mio cuore ho supplicato il Maestro: “Maestro, questo non è il posto dove devo stare. Devono rimandarmi indietro”. L’esame fisico ha indicato che non ero in buone condizioni. Il campo di lavoro forzato mi ha rifiutata, e mi hanno rimandata al centro di lavaggio del cervello.

Due mesi dopo hanno mandato di nuovo me e un altro praticante al campo di lavoro forzato del villaggio di Wang: questa volta senza avvisare la mia famiglia. Grazie alla protezione del Maestro hanno fallito di nuovo. Il campo di lavoro forzato non mi ha accettata. Poiché il centro di lavaggio del cervello non era stato in grado di trasformarmi, il 3 luglio sono stata rilasciata, dopo nove mesi.

Il ritorno a casa gridando le due frasi

Un giorno dell’agosto 2020 ho chiarito a lungo la verità a una ragazza, ma non ha accettato di dimettersi dal PCC e dalle sue organizzazioni. Ero in bicicletta, pedalavo lungo il percorso pedonale e poi sulla strada, e sono stata investita da un triciclo. Ho visto un uomo vestito di blu che si allontanava con il suo mezzo senza nemmeno voltarsi. La mia borsa e la bicicletta sono volate via a una certa distanza e non riuscivo a stare in piedi.

Ho strisciato fino alla borsa per raccoglierla e poi fino alla bicicletta, ma non riuscivo a tirarla su e non c’era nessuno in giro. Ho pensato al Maestro e ho urlato: “Maestro, ti prego, aiutami!”. Dopo averci riprovato sono riuscita a tirare su la bicicletta, ma non riuscivo a salirci. Ho continuato a chiedere aiuto al Maestro. Ho premuto con forza il sellino con il braccio destro e miracolosamente sono montata sulla bici.

Mentre guidavo la bicicletta ho recitato le due frasi “La Falun Dafa è buona; Verità, Compassione, Tolleranza sono buone” per tutto il tragitto. A metà strada circa, un pensiero umano è sorto: volevo verificare se sarei stata in grado di rimontare sulla bicicletta per poter uscire a chiarire la verità alle persone. Sono scesa, ma non sono riuscita a risalire. Ho pregato di nuovo il Maestro e sono risalita. La qualità della mia illuminazione era scarsa. Ho fatto un’altra prova e non sono riuscita a risalire. Ho pregato di nuovo il Maestro e ci sono riuscita. Ho recitato le due frasi per tutto il tragitto verso casa.

Arrivata a casa non ho raccontato a mio marito dell’incidente ma sono andata direttamente nella mia camera da letto, e mi sono seduta per inviare pensieri retti. Ho detto a mio marito che non avevo fame e che non avrei pranzato, e lui non si è insospettito.

Nel pomeriggio avevo le gambe molto gonfie e la caviglia aveva sanguinato. Non vedendomi uscire dalla stanza per tutto il pomeriggio, mio marito ha aperto la porta e ha visto le mie condizioni, e che avevo una gamba molto gonfia. Mi ha chiesto cosa fosse successo e gli ho raccontato tutta la storia. Lui a sua volta l’ha raccontata a mia figlia e a suo marito.

Mia figlia e suo marito sono venuti a trovarmi la sera, e volevano a tutti i costi mandarmi all’ospedale. Ho detto loro che stavo bene e che mi sarei ripresa in pochi giorni. Mio genero mi chiesto come avessi fatto a rientrare a casa, visto che ero così gravemente ferita. Gli ho detto che ero tornata recitando le due frasi.

Sentivo di avere le ossa peste. Non potevo uscire per chiarire la verità alle persone, ma le mie braccia e mani non erano ferite e potevo sempre stampare materiale informativo. Mi sono ripresa completamente un mese dopo.

In questa fase finale del periodo di rettifica della Fa coltiverò bene me stessa e salverò più esseri senzienti in questo tempo limitato, in modo da essere degno della salvezza del Maestro e della speranza degli esseri senzienti. Completerò la mia missione e seguirò il Maestro sino alla mia vera casa.

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