(Minghui.org) Pochi giorni dopo il 15 settembre 2021, quando è stata rilasciata, una pensionata di 60 anni residente a Yantai, nella provincia dello Shandong, è stata costretta a restituire gli oltre 100.800 yuan (circa 13.380 euro) di pensione ricevuti durante i quattro anni di detenzione.

Il 15 settembre 2017 Pan Rongqing è stata arrestata per la sua fede nel Falun Gong, una pratica per il benessere fisico e spirituale che viene perseguitata dal Partito Comunista Cinese dal luglio 1999. Il 19 ottobre il Procuratore del distretto di Laishan ha approvato il suo arresto e, il 18 dicembre 2017, ha ricevuto il suo caso dalla polizia. Nonostante la procura l’abbia rigettato due volte per insufficienza di prove, il 29 giugno 2018 ha proceduto all’incriminazione, dopo che la polizia ha ripresentato il caso.

Il 17 maggio 2019 il tribunale distrettuale di Laishan ha processato Pan e l’ha condannata a quattro anni di prigione. La donna ha presentato appello e il 19 agosto 2019 il tribunale intermedio di Yantai ha deciso di annullare il verdetto originale, ordinando un nuovo processo. Solo il 2 settembre 2020 il tribunale distrettuale di Laishan ha tenuto un nuovo processo e le ha inflitto, il 2 novembre dello stesso anno, la stessa condanna a quattro anni di prigione.

Pan ha scontato tre anni e cinque mesi nel centro di detenzione della città di Yantai prima del 2021, quando è stata trasferita nella prigione femminile della provincia dello Shandong per finire di scontare la pena.

Nel mese di settembre 2021, dopo essere stata rilasciata, Pan ha raccontato al marito che le guardie carcerarie avevano confiscato i suoi due verdetti (quello originale e quello emesso dopo il nuovo processo), per impedirle di presentare una richiesta di riesame del caso. Il marito ha detto che le autorità non gli hanno mai dato una copia delle sentenze. L’unico documento ufficiale che ha ricevuto è una copia del mandato di arresto.

Pochi giorni dopo il suo ritorno a casa, l’ufficio della previdenza sociale ha chiamato il marito per informarlo che, in base a una politica che impedisce ai pensionati di ricevere prestazioni pensionistiche mentre sono in prigione, la moglie avrebbe dovuto restituire la pensione ricevuta durante i quattro anni di detenzione. I coniugi hanno sostenuto che i benefici fossero beni legittimamente guadagnati da Pan e non avrebbero dovuto essere persi in nessuna circostanza. L’ufficio della previdenza sociale ha insistito per recuperare le prestazioni già erogate e ha continuato a chiamare il marito, che alla fine ha dovuto restituire più di 100.800 yuan, come richiesto.

Nello scorso mese di marzo, durante le due conferenze politiche annuali del regime comunista, la stazione di polizia ha chiamato il marito di Pan, dicendo che dovevano vedere e scattare una foto alla moglie. La donna è uscita immediatamente di casa. Il marito ha raccontato in seguito che, nel momento in cui lei è uscita, due agenti hanno fatto irruzione nel loro appartamento, hanno videoregistrato ogni angolo della casa, affermando che dovevano farlo per ordine dei superiori.

Nello scorso mese di agosto altri due agenti si sono presentati con la loro volante a casa di Pan e hanno chiesto di lei. Non era in casa e se ne sono andati.

Di recente Pan ha raccontato il suo calvario, riportato di seguito.

Arresto

A mezzogiorno del 15 settembre 2017 ero appena tornata a casa, quando ho sentito bussare alla porta. Ho visto dallo spioncino un uomo, che aveva in mano un cellulare, e una donna di circa 20 anni. Un gruppo di agenti si è presto unito ai due e hanno bussato nuovamente. Mi sono rifiutata di aprire e i colpi sono cessati dopo circa mezz’ora.

Tuttavia, verso le 13:30, la polizia ha aperto la mia porta e ha fatto irruzione (ho saputo in seguito che avevano chiamato due fabbri). Mi hanno ammanettato a un letto con le mani dietro la schiena. Mentre rovistavano nell’appartamento mi hanno fatto sorvegliare dalla giovane donna, che non mi ha permesso di usare il bagno.

Gli agenti hanno confiscato 40.000 yuan (circa 5.308 euro) in contanti, tre stampanti, due taglierine e due computer portatili. Hanno messo gli oggetti in una mia cassa di legno e l’hanno portata via.

Mi hanno portata al piano di sotto, nel mio capannone, dove hanno confiscato venti casse di carta per fotocopie, cinque copie dei Nove Commentari sul Partito Comunista, alcuni amuleti, sette striscioni e una scatola di calendari stampati con messaggi del Falun Gong.

Più tardi sono stata portata alla stazione di polizia di Shengquan, nel distretto di Laishan. Ho chiesto indietro i miei 40.000 yuan. Un ufficiale ha promesso che me li avrebbero restituiti, ma la polizia non mi ha mai reso nulla.

Durante l’interrogatorio mi sono rifiutata di rispondere alle domande degli agenti. Dopo un po’ di tempo, non riuscivo ad aprire gli occhi e anche i miei arti sembravano fuori uso. Mi è venuta la nausea e ho vomitato. Una poliziotta ha chiesto ad alta voce: “Perché la sua pancia (riferita a me) è diventata improvvisamente così gonfia?”. Ho continuato a vomitare e alcuni agenti mi hanno portata in ospedale.

I medici non riuscivano a trovare nulla che non andasse e gli agenti mi hanno riportata alla loro autovettura. Durante il viaggio di ritorno sono svenuta e mi sono svegliata quando siamo arrivati alla stazione di polizia. Gli agenti mi hanno trascinata fuori dall’auto e presa a calci. Mi hanno accusata di aver finto lo svenimento e mi hanno chiesto di camminare da sola.

Mi sentivo ancora debole in tutto il corpo e non riuscivo a muovermi. Un agente mi ha portata in una stanza per gli interrogatori e mi ha fatta sedere su una sedia.

Un altro agente è entrato e mi ha colpita sul collo con una bottiglia d’acqua. Mi ha fatto molto male e l’ho avvertito che stava infrangendo la legge, picchiandomi. Ha cominciato a interrogarmi, ma mi sono rifiutata di rispondere alle sue domande. Più tardi è stato chiamato un altro agente per interrogarmi e io mi sono nuovamente rifiutata di rivelare le informazioni che mi aveva chiesto.

Alcuni altri agenti mi hanno trascinata in un’altra stanza e hanno raccolto con la forza le mie impronte digitali. Mi hanno trascinata così forte da strapparmi i vestiti.

In seguito, sono stata portata al centro di detenzione della città di Yantai. Circa due settimane dopo due agenti di polizia sono venuti a interrogarmi. Ho raccontato loro come ho tratto beneficio dalla pratica del Falun Gong. Mi hanno chiesto quale materiale del Falun Gong avessi a casa. Mi sono rifiutata di rispondere alle loro domande e di firmare il verbale dell’interrogatorio. Gli agenti se ne sono andati.

Alimentazione forzata nel centro di detenzione

Il 18 ottobre 2017 un dipendente del Procuratore distrettuale di Laishan è venuto presso il centro di detenzione. Mi ha ordinato di firmare un mandato d’arresto, ma io ho rifiutato. In seguito, ho saputo che il giorno successivo sono stata formalmente arrestata.

Dopo che il funzionario della Procura se n’è andato, ho iniziato uno sciopero della fame. La capo guardia non è riuscita a farmi mangiare e ha segnalato la questione alla direttrice del centro di detenzione; quest’ultima ha cercato di convincermi, ma ho continuavo a rifiutarmi di mangiare.

Il quarto giorno di sciopero della fame la direttrice ha ordinato a diversi medici del centro di detenzione di alimentarmi a forza con l’aiuto di alcune detenute. Mi hanno tenuta ferma ma, dopo vari tentativi, non sono riusciti a introdurre il cibo. Hanno quindi chiamato un medico più anziano ed esperto, che è riuscito ad alimentarmi a forza attraverso uno spesso tubo. Durante l’alimentazione forzata, faticavo a respirare.

Quando il tubo è stato tolto, era coperto di sangue. La direttrice ha registrato tutto con il suo cellulare e ha minacciato di mostrare il filmato a mia figlia incinta.

Quella sera il medico più anziano mi ha chiesto se volevo cenare. Gli ho detto di no e lui mi ha minacciata che avrebbe usato un altro modo per alimentarmi, poiché il tubo aveva rotto la membrana del mio esofago e, dopo ogni sessione di alimentazione forzata, non avrebbe potuto più utilizzarlo. Poiché le mie compagne di cella avevano assistito all’alimentazione forzata alternativa, in cui la vittima veniva immobilizzata in un letto con un tubo di alimentazione che rimaneva nello stomaco per tutto il giorno, mi hanno consigliato di riprendere a mangiare. La vittima doveva fare i propri bisogni a letto.

A quel punto ho accettato nuovamente di mangiare. In seguito, le mie compagne di cella, più di due dozzine in tutto, mi hanno confidato che si erano messe a piangere quando i medici mi hanno alimentata a forza.

Ambiente di vita difficile nel centro di detenzione

In estate non c’era aria condizionata, e nemmeno un ventilatore elettrico. D’inverno non c’era il riscaldamento. Durante le tre estati che ho trascorso nel centro di detenzione, ho avuto eruzioni cutanee. Una volta una guardia, poco dopo essere entrata nella mia cella, ha avuto un colpo di calore. Il fatto che la piccola stanzetta potesse ospitare fino a 25 persone, non faceva altro che rendere ogni estate ancora più insopportabile.

Per un anno e quattro mesi sono stata costretta ai lavori forzati senza retribuzione. Ho dovuto lavorare ogni giorno e presto le mie mani si sono coperte di vesciche. La guardia responsabile ha costretto me e le altre detenute a lavorare anche durante le pause.

Un giorno, per ragioni sconosciute, il centro di detenzione ha improvvisamente comunicato alle guardie di smettere di costringere le detenute ai lavori forzati. Ci è stato ordinato di recitare le regole del centro di detenzione e, chi non riusciva a memorizzarle, veniva punito e costretto a stare in posizione eretta per lunghi periodi di tempo. Io mi sono rifiutata di recitare le regole e di fare esercizi fisici. Il capo delle guardie non mi ha fatto pressione affinché eseguissi i loro ordini.

Salvaguardare il mio diritto di praticare gli esercizi del Falun Gong

Le guardie del centro di detenzione non mi hanno permesso di praticare gli esercizi del Falun Gong e ho iniziato a sentire dolore all’ascella sinistra. In seguito ho sognato di fare gli esercizi e di sentirmi molto bene, così ho detto alla capo guardia che dovevo praticare gli esercizi del Falun Gong, per rimanere in salute. Lei ha accettato e, a partire dal settimo mese di detenzione, ho potuto praticare gli esercizi. La capo guardia faceva semplicemente finta di non vedermi.

Mentre era in servizio un’altra guardia, mi ha visto due volte fare gli esercizi del Falun Gong. Mi ha messa sotto stretta sorveglianza e non mi ha più permesso di farli. Le condizioni delle mie ascelle sono peggiorate. Facevano così male che mi svegliavo nel cuore della notte e faticavo ad alzarmi dal letto al mattino. Il capo guardia ha chiamato un medico per visitarmi, ma non mi è stato somministrato alcun trattamento.

Nonostante le mie condizioni, una notte mi è stato ordinato di fare un turno di due ore. Ho detto alla capo guardia che dovevo praticare gli esercizi del Falun Gong, per rimettermi in sesto. Lei ha acconsentito e il dolore all’ascella è presto scomparso. Avendo assistito al miracoloso potere di guarigione del Falun Gong, le guardie hanno smesso di infastidirmi, quando praticavo gli esercizi.

Processo e appello

Il 17 maggio 2019 sono comparsa davanti al tribunale distrettuale di Laishan. Il mio avvocato ha presentato per me un’istanza di non colpevolezza.

Quando il pubblico ministero ha esposto le prove contro di me, ho notato che la polizia aveva esagerato riguardo alla quantità di oggetti confiscati nel mio appartamento. Le cinque copie dei Nove Commentari sul Partito Comunista erano state diventate 48, i pochi amuleti erano aumentati a più di 400 e i sette striscioni del Falun Gong erano diventati più di 100.

Ho fatto notare al procuratore che le prove erano state gonfiate, ma lui mi ha ignorata e ha raccomandato per me una pena di 8-9 anni, dato che mi sono rifiutata di ammettere la “colpa” di praticare il Falun Gong.

Dopo circa due settimane, sono stata condannata a quattro anni di prigione. Ho deciso immediatamente di ricorrere in appello.

Di solito ai detenuti vengono concessi 10 giorni per scrivere un appello, ma le guardie del centro di detenzione mi hanno dato meno di tre giorni e ho potuto scriverlo solo quando la guardia capo era in servizio. Ogni volta che si assentava dal lavoro, mi toglieva anche carta e penna, che nessun detenuto poteva avere senza supervisione. Di conseguenza non ho potuto scrivere tutto quello che volevo dire, ma sono comunque riuscita a presentarlo.

Intorno al mese di luglio 2019 due funzionari del tribunale intermedio della città di Yantai sono venuti al centro di detenzione per verificare il mio appello. Mi hanno anche mostrato un mandato di perquisizione e mi hanno chiesto se la polizia me lo avesse mai mostrato. Ho risposto di no. I due mi hanno fatto vedere una foto che mostrava un tavolo su cui era appoggiata una borsa nera accanto a due dozzine di copie dei Nove Commentari sul Partito Comunista. Ho subito detto di non aver mai posseduto una borsa nera del genere. Ho iniziato a spiegare come la polizia avesse esagerato la quantità di oggetti confiscati. I due impiegati del tribunale mi hanno chiesto allora di firmare la loro deposizione.

Un giorno, durante la pausa, una guardia mi ha chiesto di firmare la sentenza del tribunale intermedio che annullava il mio verdetto originale e prevedeva un nuovo processo. Ho firmato perché pensavo che una sentenza del genere potesse essere un segnale del tribunale di primo grado per assolvermi.

Nuovo processo

Mentre il 19 agosto 2019 il tribunale intermedio ha emesso la sentenza, solo il 2 settembre 2020 il tribunale della città di Laishan ha tenuto un nuovo processo. A causa della pandemia di COVID-19, la mia famiglia non ha potuto assumere un avvocato per difendermi, né partecipare all’udienza virtuale.

Sono rimasta particolarmente turbata nel sentire le “nuove prove” contro di me. Si diceva che erano stati confiscati altri oggetti da casa mia. C’era anche un video che mi mostrava mentre confessavo il “mio crimine”, durante l’interrogatorio del 15 settembre 2017 alla stazione di polizia di Shengquan.

Ho detto al giudice e al pubblico ministero che non ho mai posseduto i cosiddetti oggetti aggiuntivi. Ho chiesto di vedere il video. Il pubblico ministero non è riuscito a farlo funzionare e il giudice ha sospeso l’udienza per mezz’ora. Dopo la ripresa dell’udienza, il procuratore ha mostrato il video. Lo schermo era molto piccolo, ma il giudice ha affermato che non era possibile ingrandirlo per mostrare maggiori dettagli.

Il filmato mostrava una donna più bassa di me e con una pelle più chiara che camminava verso la stanza degli interrogatori, ma io sono stata portata in braccio perché ero troppo debole. La donna indossava un vestito che io non portavo quando sono stata interrogata.

A un certo punto, la donna nel video si è legata i capelli davanti a uno specchio. Dopo essere stata riportata alla stazione di polizia dall’ospedale, ho fatto lo stesso gesto, perché i miei capelli erano stati scompigliati quando gli agenti mi aveva portato dentro e fuori dall’ospedale. Le mani della donna, però, erano più pallide e paffute delle mie.

Mi sono confusa e non ero sicura di non essere io la donna nel video. Il giudice non ha detto nulla e mi ha fatto alcune altre domande. Prima di concludere la seduta, mi ha chiesto se avessi qualcosa da dire. Ho detto che volevo assumere un avvocato.

Dopo l’udienza ho ricordato ogni dettaglio e ho capito che il video era stato fabbricato per incastrarmi come se avessi confessato un crimine. La donna nel video non potevo assolutamente essere io. Ricordo anche chiaramente di essere stata costretta a imprimere le impronte digitali su un verbale dell’interrogatorio di una pagina e mezza alla stazione di polizia, ma non l’ho firmato. Pertanto, qualche giorno dopo, mi sono rifiutata di firmare gli atti del tribunale, quando mi sono stati presentati dalle guardie.

Il 2 novembre 2020, durante la seconda udienza del nuovo processo, mi sono difesa da sola, dato che la mia famiglia non era in grado di trovare un avvocato per rappresentarmi. Il pubblico ministero ha continuato a presentare le stesse prove inventate contro di me e non mi ha permesso di dire nulla. Ogni volta che iniziavo a parlare, il giudice mi accusava di farlo troppo velocemente e mi interrompeva continuamente.

Il pubblico ministero ha raccomandato per me una condanna di otto-nove anni e il giudice mi ha condannata di nuovo a quattro anni di prigione.

Ho preso carta e penna dalle guardie per scrivere il mio appello, ma alla fine ho rinunciato perché mi sentivo senza speranza, ogni volta che pensavo a come il giudice mi avesse ancora condannato quando era così evidente che la polizia aveva fabbricato le prove contro di me.

Negato il diritto di presentare un’istanza di appello

Mi sono pentita per aver preso la decisione di non presentare appello, quando ho sentito una compagna di cella dire che rinunciarvi sarebbe stato come ammettere di essere in colpa. Ho quindi chiesto a una guardia carta e penna per scrivere una mozione per riesaminare il mio caso. La guardia mi ha chiesto perché non l’avessi presentato prima e io le ho risposto che non avevo rispettato la data di scadenza per presentarlo.

Non mi ha mai dato carta e penna, inoltre mi ha mentito, affermando che i detenuti non erano autorizzati a scrivere una mozione nel centro di detenzione. Mi ha detto che avrei potuto scriverne una quando sarei stata ammessa in prigione.

Nel febbraio 2021 sono stata trasferita nel carcere femminile della provincia dello Shandong. Ho portato con me i due verdetti, ma le guardie carcerarie li hanno confiscati. Mi hanno anche detto che dovevo riconoscere di essere una criminale, prima di poter scrivere una mozione per riconsiderare il mio caso. Ovviamente non ho voluto riconoscere di aver infranto alcuna legge, pertanto non ho potuto scriverla.

Rifiuto di riconoscermi come criminale

Le guardie carcerarie si alternavano a parlare con me, registrando tutto ciò che dicevo. Il capo guardia responsabile della mia cella ha minacciato di darmi una lezione, in quanto ero stata messo sotto stretta sorveglianza per tre volte nel centro di detenzione.

Una volta mi sono rifiutata di fare ginnastica, come mi era stato ordinato, e la capo guardia ha tirato fuori il suo bastone elettrico. All’improvviso il bastone si è rotto in mille pezzi e le sue parti si sono sparse dappertutto. Era sbalordita e imbarazzata. Ha raccolto i pezzi e non mi ha più chiesto di recitare le regole della prigione o di fare altre cose, come le altre detenute. Anche il suo atteggiamento nei miei confronti è migliorato. In seguito, la capo guardia è stata trasferita.

Circa un mese dopo il mio ingresso in prigione, sono stata riassegnata alla Divisione 11, designata per perseguitare le praticanti risolute del Falun Gong. Sono stata rinchiusa in una piccola cella, con un lettino e un piccolo sgabello. Due detenute sono stati incaricate di sorvegliarmi e mi hanno ordinato di sedermi immobile sullo sgabello. Hanno anche cercato di costringermi a firmare e a imprimere le impronte digitali su alcune dichiarazioni di rinuncia al Falun Gong, che avevano precedentemente preparato. Mi sono rifiutata e hanno chiesto ad altre detenute di tenermi ferma. Mi hanno preso le impronte digitali e ho detto che non avrei riconosciuto le dichiarazioni.

Detenuta in isolamento per 47 giorni

Per acquistare beni di prima necessità o usare il bagno, le detenute devono presentare una richiesta scritta in cui riconoscono di essere criminali.

Io mi sono sempre rifiutata di scrivere tali richieste e sono stata tenuta in cella d’isolamento per 47 giorni, durante i quali non mi è stato permesso di lavarmi. Per non usare il bagno, bevevo pochissima acqua ogni giorno, eppure non ho affatto sofferto la sete.

Un giorno non ho usato la toilette. Le due detenute incaricate di controllarmi si sono preoccupate e mi hanno detto che potevo usare il bagno. Ho detto di no e mi hanno avvertito che avrei potuto sviluppare l’uremia se avessi trattenuto l’urina per troppo tempo. Mi sono comunque rifiutata di usare la toilette, in segno di protesta. Alla fine la guardia responsabile mi ha concesso tre pause al giorno.

Mentre mantenevo saldamente la mia fede, le guardie hanno chiesto a un’ex praticante di nome Song Chunmei di “lavorare su di me”. Lei proiettava ogni giorno video che diffamavano il Falun Gong. Io mi rifiutavo di guardare e lei mi afferrava i capelli per cercare di voltarmi la testa verso lo schermo. Mi ha fatto delle domande, ma io l’ho ignorata. Mi ha anche impedito di usare il bagno. Quando ho detto che le guardie mi avevano concesso tre pause al giorno, mi ha risposto che avrei dovuto trattenere la pipì, se mi fossi rifiutata di rispondere alle sue domande.

Siccome Song non è riuscita a farmi rinunciare alla mia fede, le guardie hanno chiesto a una donna di grossa taglia di “darmi una lezione”. Questa mi ha afferrato per il colletto e mi ha trascinata in una stanza isolata. Sono riuscita a scappare, con la scusa che prima dovevo andare in bagno.

La nuova tattica non ha funzionato con me

Un mese dopo le due detenute incaricate di sorvegliarmi hanno pensato a una nuova tattica per torturarmi. Mi hanno messo sulla schiena una dichiarazione pre-scritta di rinuncia al Falun Gong e mi hanno girato il braccio destro dietro la schiena per imprimere le mie impronte digitali sulla dichiarazione. Ho urlato di dolore e loro hanno alzato il volume della TV, chiuso le finestre e riempito la mia bocca con uno straccio usato per pulire il pavimento. Mi hanno anche coperto le narici con le dita.

Mi hanno torturata così due volte al giorno, per una settimana. Anche se ogni volta provavo un dolore terribile, sono stata irremovibile e non ho mai ceduto alla loro richiesta di scrivere una dichiarazione nella quale avrei rinunciato alle mie convinzioni.

Seduta prolungata e privazione del sonno

Le guardie carcerarie usavano anche diversi modi per impedirmi di dormire la notte. Un metodo era quello di farmi svegliare ogni cinque minuti dalla detenuta che faceva il turno di notte.

In seguito mi hanno costretta a rimanere seduta su un piccolo sgabello tutto il giorno, e a restare in piedi di notte. Dopo un mese di sedute di questo tipo, le mie natiche si sono incancrenite e le sentivo pungere come se avessi avuto degli aghi. Negli ultimi giorni del mese, mi hanno fatta sedere solo su metà dello sgabello, con altre due persone strette accanto a me. Una terza persona mi teneva ferma con i piedi, per evitare che cadessi per terra.

Un’altra tattica che hanno usato, è stata quella di togliere il materasso e lasciare solo le lenzuola di notte. Mi era “permesso” di dormire, ma non di girare il corpo. Non appena mi giravo, la detenuta del turno di notte mi girava di nuovo, per farmi dormire sul fianco sinistro. Poiché non mi era permesso praticare gli esercizi del Falun Gong, il tumore sotto l’ascella sinistra cresceva sempre di più. Dormendo sul fianco sinistro, lo schiacciavo e non riuscivo a dormire. La detenuta sosteneva che mi controllava di notte quando mi faceva scivolare sul fianco sinistro, mentre in realtà si trattava di privazione del sonno sotto mentite spoglie.

Lavori forzati e somministrazione occulta di farmaci

Una volta una detenuta capo mi ha costretta a bere una ciotola d’acqua, ma io ho vomitato tutto. Ripensandoci, non era acqua, ma una droga liquida sconosciuta, perché non aveva un buon sapore.

20 giorni prima della fine del mio periodo di detenzione, sono stata trasferita alla Divisione 14 e costretta ai lavori forzati. La quota di lavoro aumentava ogni giorno. Ogni volta che non riuscivo a finire la quota giornaliera, non mi era permesso di fare la doccia.

Oltre al tumore all’ascella, il medico della prigione mi aveva diagnosticato anche l’ipertensione, un linfoma e un emangioma. Non mi è mai stato somministrato alcun trattamento.

Il 15 settembre 2021, al momento del mio rilascio, il tumore sotto l’ascella sinistra era cresciuto fino a raggiungere le dimensioni del mio seno. Inoltre, non riuscivo a muovere le gambe e avevo difficoltà a girare il corpo. Fortunatamente, grazie agli esercizi e alla lettura dei libri del Falun Gong, mi sono presto ripresa e il tumore è scomparso da solo.

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