(Minghui.org) Una praticante del Falun Gong della provincia dello Shandong, in Cina, è stata condannata a tre anni di prigione perché si è rifiutata di rinunciare alla sua fede, una disciplina spirituale perseguitata in Cina dal luglio 1999.

Elisabetta Zamparutti, ex deputata italiana, è intervenuta sul caso e ha pubblicato un articolo sul quotidiano “l’Unità” del 22 ottobre 2023, dal titolo “In Cina è vietata la meditazione, si rischiano fino a 10 anni di carcere”. Ha inoltre fornito dettagli sulla persecuzione in corso e chiesto alle autorità comuniste di rispondere delle violazioni dei diritti umani.

Elissabetta Zamparutti, ex deputata al Parlamento italiano

La schermata dell’articolo di Elisabetta Zamparutti pubblicato il 22 ottobre 2023 su l’Unità

Nel suo articolo Zamparutti scrive che, da quasi un quarto di secolo il Partito Comunista Cinese attua una persecuzione di massa mirata all’annientamento di coloro che praticano il Falun Gong, un antico movimento spirituale buddista che insegna i principi di Verità, Compassione e Tolleranza. Ha spiegato che la persecuzione continua a costituire una delle maggiori violazioni sistematiche dei diritti umani nella Cina contemporanea, aggiungendo che il regime attribuisce alla persecuzione anche un valore simbolico, tanto che la intensifica in alcune ricorrenze, come lo scorso marzo in occasione di incontri politici annuali o eventi speciali come la visita di Xi Jinping nello Shaanxi avvenuta a maggio.

Ha aggiunto che, da gennaio 2022, oltre novecento praticanti del Falun Gong sono stati condannati a più di dieci anni di carcere, spesso al termine di processi farsa. Decine di migliaia di praticanti sono detenuti nelle stazioni di polizia, nelle carceri e nei centri di detenzione extralegale. Tra il 2022 e la prima metà del 2023 ne sono morti almeno 182, una dolorosa aggiunta alle oltre 5000 vittime di questa persecuzione. Molti di loro hanno subito il prelievo forzato dei propri organi, che sono andati ad alimentare il commercio di trapianti autorizzato dallo Stato. In più, ora, la polizia ha un’applicazione per identificare i praticanti del Falun Gong. “Ma che male fanno? Meditano e fanno esercizi spirituali all’aperto”, ha affermato.

Anni fa Zamparutti ha incontrato diversi praticanti del Falun Gong. Una di loro era la signora Zhao Lili, arrivata in Italia nell’ottobre del 2000, che aveva lavorato per anni come professoressa part-time presso l’Università di Bologna. Zamparutti ha parlato di lei: “Lo scorso 20 settembre, suo fratello l’ha chiamata dalla Cina per comunicarle una notizia che non è delle migliori: la loro sorella, Lihong Zhao, è stata arrestata per aver praticato il Falun Gong. A informare la famiglia è stato un poliziotto, Wang Bing”.

“[La signora Zhao] Lihong vive in una zona di sviluppo economico e tecnologico nella città di Yantai, nella provincia dello Shandong. Il 17 aprile 2022 è andata al Parco Fulaishan con un’altra praticante, la signora Chen Yawen. Degli spioni (non mancano mai nei regimi!) le hanno segnalate alla polizia che è prontamente intervenuta e le ha portate alla stazione di Fulai. Successivamente Lihong è stata rilasciata su cauzione per un anno. Dopo due mesi la stazione di polizia ha trasmesso il fascicolo al procuratore e ad agosto il suo caso è stato portato in tribunale. La condanna è arrivata il 6 febbraio 2023: tre anni di reclusione”.

“[La sorella di Zhao Lihong] Lili mi ha scritto: ‘La mia famiglia, come tante altre in Cina, ha vissuto grandi sofferenze [a causa della persecuzione del Falun Gong]. Prima di mia sorella, mio fratello maggiore è stato cinque anni in una prigione cinese. Quando è uscito aveva perso la vista e tutti i denti a causa delle torture e dei maltrattamenti. Mio marito è stato per quasi due anni in un campo di lavori forzati ed è quasi morto. Io stessa sono stata arrestata tre volte e sottoposta all’alimentazione forzata perché protestavo contro l’ingiusta detenzione con uno sciopero della fame. I miei familiari in Cina vivono ogni giorno nel pericolo, con il rischio di essere imprigionati e torturati”.

“Ecco, pensare a [Zhao] Lihong, magari occuparcene per sapere che fine ha fatto e chiedere conto alle autorità cinesi coinvolte delle ragioni di tanto accanimento potrebbe aiutarci a essere migliori. Potrebbe aiutarci, nella fermezza delle nostre convinzioni, a relazionarci con i regimi senza necessariamente indulgere a politiche di accondiscendenza”.

“Ma occuparci di [Zhao] Lihong e delle sorti dei praticanti del Falun Gong può significare anche affermare altro rispetto a una visione meccanica che riduce il valore degli esseri umani alla capacità di produrre secondo modi stabiliti. Può significare porre un freno al materialismo, che proprio recidendo la connessione tra l'uomo e la natura di cui pure fa parte, mira ad annientare lo sviluppo e l'evoluzione spirituale che tanto contribuisce invece alla costruzione di una società migliore e a uno sviluppo sostenibile”.

Lo stesso giorno della sua pubblicazione, Giulio Terzi, presidente della Commissione per le Politiche dell’Unione Europea del Senato italiano, ex ministro degli Esteri italiano ed ex ambasciatore italiano negli Stati Uniti, ha ritwittato l’articolo di Zamparutti. Nel tweet, Terzi ha affermato che la storia del Partito Comunista Cinese, dalle rivoluzioni di Mao Zedong al regno di Xi, è una litania di crimini scioccanti contro l’umanità e repressioni violente.

La schermata del retweet di Giulio Terzi