(Minghui.org) Ho iniziato a praticare la Falun Dafa (chiamata anche Falun Gong) all’inizio del 1999, pertanto, quando il Partito Comunista Cinese (PCC) ha lanciato la persecuzione della Falun Dafa nel luglio di quell’anno, ero decisamente una nuova praticante.

Vorrei condividere le mie esperienze delle diverse volte che, dopo l’inizio della persecuzione, sono andata a Pechino per salvaguardare la Dafa.

“Questa è la cosa migliore che ho fatto nella vita”

Il 20 luglio 1999 il PCC ha lanciato la persecuzione dei praticanti della Falun Dafa e non appena lo abbiamo saputo, diversi praticanti ed io abbiamo acquistato i biglietti aerei per andare a Pechino, alla sede del governo. Dopo l’imbarco e prima del decollo, sull’aereo sono salite diverse persone, tra cui un poliziotto che ha chiesto di vedere la mia carta d’identità. Tuttavia dopo che gliel’ho mostrata, se n’è andato educatamente.

All’improvviso, nella mia mente è apparso un pensiero: “Questa è la cosa migliore che ho fatto nella vita!”. Subito dopo, l’aereo è decollato.

Più tardi ho saputo che stavano monitorando un’altra praticante il cui nome era simile al mio, e volevano controllare se quella praticante ero io.

A Pechino, la propaganda che diffamava il Falun Gong era ovunque. Eravamo piuttosto scoraggiati e non sapevamo cosa fare. Per alcuni giorni abbiamo camminato senza meta per le strade della città.

Un giorno, nella zona di Qianmen, una giovane coppia ci ha sorriso. Parlando con loro, abbiamo scoperto che erano praticanti locali in attesa che arrivassero altri praticanti che da altre zone per poterli aiutare. Eravamo molto felici di averli incontrati e grati al Maestro Li, fondatore della Falun Dafa, per questa sua predisposizione. Siamo andati a casa della giovane coppia, dove c’erano già una dozzina di praticanti provenienti da diverse regioni. Ci siamo sentiti come una grande famiglia.

Quando, a mezzanotte, sono arrivati la madre e il fratello dell’ospite maschio, che non praticavano la Dafa, ci hanno insultato ed esortato ad andarcene. Come praticanti, abbiamo capito che dovevamo uscire e fare qualcosa, invece di aspettare, perciò la mattina presto ci siamo salutati e diretti in piccoli gruppi verso Piazza Tienanmen. Volevamo salvaguardare la Dafa!

Il mio gruppo è arrivato all’Ufficio delle petizioni di Pechino. Sotto gli alberi c’erano tanti tavoli allestiti, come di solito si trovano a un ricevimento, e molti praticanti provenienti da tutto il Paese erano seduti a compilare dei moduli di registrazione. La scena frenetica ricordava quella di un mercato! Ci siamo seduti a un tavolo e li abbiamo compilati anche noi. Verso mezzogiorno siamo stati scortati e trattenuti, assieme a diverse centinaia di altri praticanti, in un campo aperto. Non ci era permesso parlare, passeggiare e nemmeno usare il bagno, e per di più faceva molto caldo. Alcuni praticanti sono stati portati via dai funzionari degli uffici delle loro regioni a Pechino. Nel frattempo venivano continuamente introdotti nuovi praticanti.

La sera è venuto un funzionario dell’ufficio di Pechino della mia provincia e ha portato il mio gruppo alla loro sede nella città. Il direttore era arrabbiato con noi, ma non aveva un atteggiamento violento. Alcuni funzionari erano curiosi riguardo alla Dafa e ci hanno chiesto maggiori dettagli.

Il giorno seguente, il direttore generale e il direttore dell’ufficio del mio posto di lavoro sono volati a Pechino e mi hanno riportato nella mia città. Prima di tornare a casa ho dovuto presentarmi alla stazione di polizia locale.

Il mio secondo viaggio a Pechino

Un giorno, nell’estate del 2000, mentre leggevo lo Zhuan Falun sono stata colpita da questa frase:

“Se nessuno facesse una mossa in presenza di questi mutamenti celesti, non si verificherebbero quelle circostanze nel mondo ordinario e nemmeno si potrebbero chiamare cambiamenti celesti di portata cosmica.” (Settima lezione, Zhuan Falun)

Dopo averla letta ho realizzato che, come particella della Dafa, dovevo agire. Così ho deciso di andare di nuovo a Pechino.

Indossando semplicemente una camicia a quadri a maniche corte e un paio di jeans, e con un piccolo zaino sulle spalle, mi sono imbarcata di prima mattina su un volo per Pechino. Appena arrivata ho fatto visita a una giovane coppia di praticanti della città, che avevo incontrato durante la mia ultima visita. Ho lasciato da loro lo zaino e la carta d’identità e, con solo un sacchetto di carta in mano, dopo pranzo mi sono diretta in Piazza Tienanmen.

Era una luminosa giornata di sole e nella Piazza non c’erano molte persone. Non ho visto nessun altro praticante e ho notato diversi turisti stranieri sul ponte Jinshui in marmo bianco. Ho messo il sacchetto di carta a terra e, dopo aver chiuso leggermente gli occhi, ho iniziato a fare il secondo esercizio della Falun Dafa: Esercizio del Falun in posizione statica in piedi.

Poco dopo ho sentito qualcuno tirarmi il braccio e, aprendo gli occhi, ho visto davanti a me un giovane poliziotto che mi ha chiesto gentilmente da dove venivo e dove lavoravo. Ho detto: “Non posso dirtelo” [A causa della politica dell’implicazione del PCC, i praticanti della Falun Dafa spesso non rivelano i loro nomi per proteggere familiari, amici e colleghi dalle ripercussioni da parte delle autorità]. Quando mi ha chiesto perché mi trovassi lì, ho risposto che ero venuta ad appellarmi in favore della Falun Dafa. Gli ho detto che nonostante che il Maestro della disciplina spirituale insegnasse ai praticanti a essere brave persone, il governo trattava loro in modo ingiusto.

Poi ha chiesto: “Vuoi essere detenuta o tornare a casa?”. Ho detto che volevo andare a casa.

Ha affermato: “Sei sempre la benvenuta a visitare Pechino, ma non venire per quella ragione [ad appellarti per la Falun Dafa]”. Poi mi ha detto di salire sulla volante.

In quel momento il cielo si è coperto. L’auto della polizia ha fatto il giro della Piazza. Ero calma, avevo la mente vuota e non pensavo che sarei stata arrestata. A quel tempo non sapevo che avrei dovuto chiedere aiuto al Maestro, ma credevo che mi proteggesse e mi aiutasse comunque. La volante si è fermata alla stazione degli autobus e dopo che mi hanno fatto scendere è ripartita.

Ho preso un autobus per andare dalla giovane coppia di Pechino e non appena sono salita, ha iniziato a piovere forte. Tuttavia, quando sono scesa circa un’ora dopo, la pioggia è cessata miracolosamente. Il cielo sembrava essere stato lavato e rinfrescato da una ventata d’aria fresca.

Esporre uno striscione in Piazza Tienanmen

Dopo i miei viaggi a Pechino per fare appello per la Dafa, sono stata spesso molestata dalla polizia locale a casa e al lavoro. Alla fine del 2000, improvvisamente non è più stato possibile aprire la porta blindata del mio appartamento. Sentivo che il male stava per attaccare. Ho fatto velocemente le valigie e mi sono diretta a Pechino per la terza volta, insieme a due amiche praticanti locali.

Dal momento che i praticanti della Dafa erano sulla lista delle autorità di persone da monitorare, non potevamo acquistare biglietti aerei o ferroviari per Pechino e perciò abbiamo preso un autobus a lunga percorrenza. Ci siamo fermate in una piccola città e abbiamo alloggiato in un piccolo motel. La mattina dopo abbiamo comprato i biglietti del treno da quella città per Tientsin (i treni per Pechino erano sottoposti a controlli di sicurezza più severi). A quel tempo non esisteva la versione elettronica dei libri della Dafa, quindi ho portato con me diverse lezioni del Maestro.

Siamo arrivate senza problemi. La praticante più anziana, che chiamavo Zietta, è rimasta a Tientsin con sua figlia. Quella notte un’altra praticante, Ling (pseudonimo), ed io abbiamo preso un taxi per Pechino. L’autista ci ha detto che c’erano molti posti di blocco lungo la strada, dove veniva controllato se nelle auto c’erano praticanti della Falun Dafa. Nondimeno sotto la protezione del Maestro, siamo arrivate sane e salve.

Un amico di Pechino, che non era un praticante, ci ha prestato un appartamento ammobiliato nel distretto di Xiaoguan. Quando Zietta si è unita a noi, in qualche modo la proprietaria dell’appartamento non le ha permesso di trasferirsi, perciò abbiamo affittato per lei una stanza in una casa separata. La stanza non aveva il riscaldamento e per scaldarsi doveva usare una vecchia stufa a carbone. L’inverno a Pechino era freddo e nebbioso. Molti praticanti che andavano a Pechino per proteggere la Fa, vivevano in pessime condizioni!

Ling e io siamo rimaste nell’appartamento e abbiamo trascorso la maggior parte dei nostri giorni a studiare la Fa. Anche se eravamo andate a Pechino per difendere la Dafa, l’attaccamento alla paura ci stava impedendo di agire. Due settimane dopo, abbiamo ritenuto che il riscaldamento dell’appartamento fosse insufficiente e così siamo andate in un centro commerciale locale ad acquistare cappotti invernali, polpa di agnello e carote. Ling ha poi preparato una grande pentola di stufato e ci siamo godute il pasto caldo.

Il giorno dopo non solo ha smesso di funzionare il riscaldamento, ma si è rotto anche il bagno. Ci siamo rese conto che era un suggerimento che non dovevamo più restare in quel posto. In quel momento, un amico praticante di venti anni di nome Chen (pseudonimo), ci ha contattato e detto di andare rapidamente in Piazza Tienanmen perché alcuni praticanti avevano pianificato di dispiegare uno striscione lungo più di novanta metri. Ho ricordato che era il 29 dicembre 2000.

Ling e io abbiamo indossato i nuovi cappotti invernali e siamo uscite. Quando abbiamo incontrato Chen, ci ha detto che non avremmo visto l’enorme striscione esposto e ce ne ha dato uno lungo circa un metro e ottanta, che poteva essere tenuto da due persone.

Mi sono resa conto che il modo in cui procedevano le cose era legato ai miei pensieri. Quando il treno stava per arrivare a Tientsin, avevo pensato: “Le ultime due volte che sono andata a Pechino, sono andata all’Ufficio per gli appelli e ho fatto gli esercizi in Piazza Tienanmen. Cosa dovrei fare questa volta? Vorrei avere uno striscione!”. Mi era venuto in mente solo questo pensiero e ora avevo davvero uno striscione! Le sue dimensioni, così come le parole che riportava, erano perfette. Il Maestro sa tutto e ha predisposto tutto per noi!

Abbiamo piegato lo striscione e me lo sono messo in tasca. Ling ha poi messo una mano nella mia tasca. Sembrava che ci tenessimo per mano per tenerci calde, ma in realtà ognuna di noi teneva un angolo dello striscione per poterlo aprire velocemente. Ciò che è accaduto in seguito ha dimostrato che si trattava di una buona idea. Abbiamo attraversato un passaggio sotterraneo dove c’erano meno agenti di polizia e abbiamo camminato fino a Piazza Tienanmen.

Siamo arrivate nella Piazza verso le 12:40 e subito abbiamo visto una fila di uomini corpulenti a circa un metro di distanza l’uno dall’altro. Erano tutti alti più di un metro e ottanta e se ne stavano in piedi con le mani dietro la schiena. Sembravano feroci e avevano lo sguardo omicida. Si poteva supporre che fosse appena accaduto qualcosa.

Nella Piazza soffiava il vento, il cielo era coperto e c’era un’atmosfera tetra. Gli amici praticanti che esponevano il grande striscione lungo più di novanta metri erano scomparsi da tempo. Alcuni venditori di piccole bandiere rosse tremavano dal freddo e battevano i piedi a terra per scaldarsi. La Piazza era relativamente vuota e non c’era nessun poliziotto in uniforme in vista. C’erano meno di venti persone intorno a noi, non saprei dire se fossero turisti, poliziotti in borghese o amici praticanti, e tra queste c’erano anche Zietta e Chen.

Credo che il Maestro mi abbia dato forza e coraggio. Non avevo paura e nessun pensiero che mi distraesse. Continuavo a controllare l’orologio e sentivo che non potevo più aspettare. Dovevamo iniziare a correre prima delle 13:00 e srotolare lo striscione.

Pochi minuti prima delle 13:00, Ling e io ci siamo allontanate rapidamente tenendo ciascuna un’estremità dello striscione e, dopo averlo aperto, abbiamo iniziato a correre. La scena attorno a noi si è fatta improvvisamente attiva; altri praticanti sono apparsi dal nulla, alcuni con striscioni e altri gridando: “La Falun Dafa è buona!”. Sono apparsi dal nulla anche poliziotti in uniforme e in borghese e hanno iniziato a inseguire i praticanti.

Poiché Ling non riusciva a tenere lo striscione mentre correva, ci siamo separate. Correvo più velocemente possibile, tenendo lo striscione con la mano destra. Sentivo la mia voce gridare ripetutamente: “La Falun Dafa è buona”, accompagnata dal suono svolazzante dello striscione. Mi sentivo come se fossi in un’altra dimensione! Ho corso a lungo senza stancarmi, finché non sono stato atterrata dal calcio di un poliziotto. È stato un colpo molto forte, abbastanza da ferire o addirittura uccidere una persona che correva molto veloce, tuttavia non ero affatto ferita. So che è stato il Maestro a proteggermi!

Dopo essere caduta mi si è offuscata la memoria. La scena successiva che ricordo è che ero in un veicolo della polizia e che guardando fuori dal finestrino, ero sorpresa di scoprire che la scena era completamente cambiata: il sole splendeva luminoso! Diverse volanti, un gruppo di poliziotti, molti praticanti e una folla di curiosi sono apparsi dal nulla, e quegli uomini corpulenti sembravano tutti svaniti nel nulla. Poi mi sono ricordata che avevo in tasca una manciata di adesivi riportanti messaggi della Dafa. Avrei voluto lanciarli alla folla di curiosi, ma gli agenti hanno capito la mia intenzione e mi hanno fermato.

Ho visto Chen che veniva portato nel veicolo della polizia con la testa sanguinante. Intuendo che la polizia voleva picchiarlo, ho gridato: “Smettetela di picchiare la gente!”.

C’erano molti altri praticanti all’interno del veicolo, ma non c’erano né Ling né Zietta.

Siamo stati portati in una stazione di polizia vicino a Piazza Tienanmen. Eravamo più di cento praticanti e ci hanno messi nel cortile della struttura, che era circondato da un muro di mattoni rossi alto più di tre metri e mezzo. Abbiamo recitato all’unisono:

“Vivere senza perseguimenti,morire senza rimpianti;estinti tutti i pensieri sconsiderati,non è difficile coltivare la natura di Budda.”(“Non-esistenza”, Hong Yin)

Abbiamo recitato la poesia del Maestro ripetutamente. Più recitavamo, più le nostre voci erano forti e si fondevano tra loro, e più eravamo determinati.

Sono stata commossa dagli incrollabili pensieri retti mostrati da quei praticanti. Il suono della Fa echeggiava indistruttibile tra le alte mura della stazione di polizia. La nostra compassione ha sciolto il male! I poliziotti hanno ascoltato in silenzio e nessuno di loro ha osato interromperci.

Nel giro di solo mezza giornata, sono stati portati alla stazione di polizia un gran numero di praticanti. Per un periodo di tempo, innumerevoli praticanti si sono recati in Piazza Tienanmen per salvaguardare la Fa.

Nel pomeriggio, siamo stati costretti a salire su un autobus, che alla fine era estremamente affollato. Abbiamo continuato a recitare Hong Yin. L’autobus ha effettuato più fermate in varie stazioni di polizia e a ogni fermata veniva fatto scendere un piccolo gruppo di praticanti. Alla fine del viaggio, altri sette praticanti ed io siamo stati portati in una stazione di polizia lontana da Tienanmen. Abbiamo avuto la fortuna di incontrare un gruppo di poliziotti che avevano già incontrato molti praticanti prima di noi e che quindi conoscevano già la verità sulla Falun Dafa, in particolare il direttore, che è stato molto gentile.

Uscire dalla stazione di polizia

Eravamo chiusi in una grande stanza vuota che sembrava un centro di detenzione dalla forma allungata simile a un bunker. Abbiamo parlato brevemente della nostra situazione e deciso che non avremmo collaborato con il male né divulgato alcuna informazione personale. Si è fatta velocemente l’ora di cena e la polizia ci ha portato del cibo da asporto, ma non l’abbiamo toccato nonostante che nessuno avesse pranzato.

Più tardi è entrato un poliziotto che sembrava un capo: “Voi discepoli della Dafa dovete mangiare... mangiate!”. Era il direttore della stazione di polizia. Era molto gentile e non ci trattava affatto come prigionieri. Abbiamo dunque mangiato i noodles fritti contenuti nei cestini. Dopo aver finito volevamo pagarli, ma la polizia non ha voluto accettare i soldi.

Sono stata interrogata illegalmente due volte. Il primo interrogatorio è stato condotto da un poliziotto piuttosto scaltro. Mi ha chiesto nome, età, luogo di lavoro e registrazione della famiglia. Ho risposto: “Non posso dirti niente di tutto ciò. Se divulgo le mie informazioni personali, verrò riportata nella mia città natale e rinchiusa in un campo di lavoro forzato!”. Poiché non avevo portato con me la carta d’identità, non potevano ottenere le informazioni che volevano.

Nel secondo interrogatorio, mi ha interrogato un poliziotto più anziano e gli ho dato la stessa risposta. A quel punto diversi agenti nella stanza hanno iniziato a tirare a indovinare. Alcuni pensavano che avessi 18 anni e, dal mio accento, che provenissi da un sobborgo di Pechino. Pensando all’età che mi avevano attribuito e che lavoravo già da molti anni, dentro di me stavo ridendo. In effetti, quando ero giovane avevo risieduto per anni a Pechino, quindi avevo imparato il dialetto locale; inoltre avevo molti vecchi amici ed ex compagni di classe a Pechino. I coltivatori non sono persone comuni, quindi è tipico che la polizia non possa indovinare molto su di noi!

Il poliziotto più anziano ha detto: “Se non ce lo dici, ci rivedremo tra otto o dieci anni”, intendendo che sarei stata incarcerata per quel periodo. A quel tempo non avevo un livello elevato di comprensione della Fa, tuttavia il mio cuore era fermo e puro e non mi sono lasciata toccare dalle sue parole. Quando sono arrivata a Pechino, non pensavo se sarei tornata casa o no. Ho semplicemente studiato la Fa intensamente i giorni prima, per assicurarmi di avere pensieri retti.

Ripensandoci adesso, a quel tempo avevo un forte attaccamento. Pensavo che la rettifica della Fa sarebbe finita presto e che non avrei potuto completare il mio percorso di coltivazione se non fossi andata a salvaguardare la Fa.

Quella sera il direttore era di turno e mi ha invitata a fare una chiacchierata. Abbiamo parlato molto, quasi di tutto, compreso i gusti culinari e gli hobby. Era franco e retto e non aveva intenzione di indurmi a confessare. Naturalmente ho parlato anche della Dafa. A un certo punto ha tirato fuori dal cassetto una copia dello Zhuan Falun e ha detto: “Guarda, ho qui una copia del vostro libro e gli ho dato un’occhiata”. Ho chiesto se potevo averlo, ma si è rifiutato di darmelo.

Seduto dal lato opposto della scrivania, il direttore ha abbassato la voce: “Secondo me, la politica di Jiang Zemin nei confronti del Falun Gong può solo peggiorare le cose… Non è giusta!”. Sono stata felice di sentire che aveva un atteggiamento positivo nei confronti della Dafa. Aveva scelto per sé un futuro luminoso!

La maggior parte dei praticanti detenuti provenivano dalle campagne ed erano tra i cinquanta e i sessanta anni. Non parlavamo molto perché ognuno parlava il proprio dialetto e non riuscivamo a capirci molto bene.

Le guardie non ci hanno proibito di fare gli esercizi.

In serata, una praticante anziana ha mostrato dei sintomi di malattia e subito dopo è stata rilasciata. La stessa scena si è ripetuta il giorno successivo, quando è stato rilasciato un altro praticante per la stessa ragione. Il direttore sembrava disposto a rilasciare i praticanti purché avesse un “pretesto” per farlo.

Durante il periodo in cui sono stata detenuta in quel posto, i poliziotti hanno trattato i praticanti con gentilezza e non li ho mai sentito dire nulla di negativo sulla Dafa. Credo che ciò sia accaduto grazie al direttore, che sapeva che la Dafa è buona. Ho avuto anche l’impressione che i molti praticanti detenuti avessero fatto un buon lavoro nel chiarire la verità agli agenti.

Alla fine siamo rimasti in pochi; nessuno di noi aveva con sé i documenti, né aveva rivelato la propria identità. All’epoca non eravamo consapevoli del pericolo in cui incorrevano principalmente coloro che si rifiutavano di rivelare la propria identità, ovvero di essere incarcerati per poi essere sottoposti al prelievo forzato di organi. Ce ne stavamo semplicemente ad aspettare.

Il direttore ci ha chiamato nel suo ufficio, dove c’erano diversi poliziotti. “Tutte le strutture sono piene!”, ha detto. “Non c’è nessun posto dove collocarvi. Dovreste andarvene e tornare a casa il prima possibile!”.

E così, noi praticanti rimasti siamo usciti dal cancello della stazione di polizia con dignità. Ci siamo salutati frettolosamente senza scambiarci alcuna informazione personale. Ora, nella mia memoria, il loro aspetto è sfocato. Miei amici praticanti, come state? Dopo essere stati rilasciati quel giorno, siete andati di nuovo in Pizza Tienanmen?

Sono tornata all’appartamento nel distretto residenziale di Xiaoguan. Lo stufato di agnello preparato da Ling era ancora lì, tuttavia lei non era tornata. Ho pianto e ho mangiato lo stufato da sola.

In seguito, ho conosciuto un gruppo di giovani praticanti che vivevano in affitto in delle squallide casette a schiera vicino all’Università Tsinghua. Le case non avevano riscaldamento, né bagno né cucina ed erano lunghe meno di dieci metri. Quei praticanti vivevano lì da molto tempo.

Neanche Chen è tornato.

Dopo aver contato i soldi che mi erano rimasti, ne ho messi da parte abbastanza per le spese di viaggio e ho dato i restanti 6.000 yuan ai giovani praticanti. Dopo esserci incoraggiati a vicenda, sono tornata a casa.

Il mio terzo viaggio a Pechino, è stato pieno di pericoli. A quel tempo non ero una persona coraggiosa. Senza il rafforzamento e la protezione del Maestro, una praticante come me, piena di karma e attaccamenti umani, non sarebbe stata in grado di farcela.

Superare gli anni brutali

Sono grata alle persone di buon cuore che mi hanno aiutato durante questi anni brutali. Il modo migliore per ripagarli è chiarire loro la verità e aiutarli a dimettersi dal PCC e dalle sue organizzazioni giovanili affiliate.

Il direttore generale del mio posto di lavoro era un anziano signore di alto rango, gentile ed elegante. Mi conosceva bene. Quando sono andata a Pechino ad appellarmi in favore della Dafa per la prima volta, ha ricevuto una chiamata da Pechino e si è sentito chiedere di venire a prendermi di persona, e così ha fatto. Durante il viaggio e dopo il ritorno, non mi ha mai rimproverato né chiesto di rinunciare alla mia fede, né tanto meno mi ha dato del filo da torcere al lavoro. Quando la polizia ha continuato a molestarmi, i funzionari del mio posto di lavoro non hanno collaborato con essa.

Molti anni fa ho chiacchierato con la moglie del direttore generale. Le ho detto la verità sulla Dafa e lei ha lasciato il PCC. Alcuni anni fa sono finalmente riuscita ad aiutare anche suo marito a lasciare il Partito. Con le lacrime agli occhi, l’ho ringraziato per aver trattato gentilmente i praticanti della Dafa. Ha anche detto dal profondo del cuore: “È sbagliato che il governo tratti il Falun Gong in questo modo!”.

Quando ha visto l’opuscolo informativo sulla Dafa che gli avevo dato, ha esclamato: “È prezioso!”. Lui e sua moglie avevano gusti raffinati e dopo il pensionamento sono spesso andati in viaggio all’estero. A volte sono andata a trovarli e li ho invitati a cena.

Il vicedirettore generale del mio posto di lavoro era il mio ex superiore. Dopo la sua promozione non ho avuto contatti spesso con lui. Ora è in pensione da tempo. Due anni fa ho invitato lui e sua moglie a cena da me per poter chiarire loro la verità e sono rimasta sorpresa di scoprire che credeva nel buddismo nonostante che fosse un quadro politico. Sua moglie ha detto che, durante i vari movimenti politici del PCC, aveva protetto segretamente molte persone.

Ha detto che quando la polizia era venuta ad arrestarmi al lavoro, aveva parlato prima con lui. Aveva detto alla polizia: “Conosco molto bene questa ragazza e posso dire che non è come l’avete descritta. Non dovreste trattarla così!”. Le sue parole mi hanno toccata; aveva osato parlare a nome di una praticante della Dafa in un periodo in cui il male era fortemente dilagante! Per tutti quegli anni non ne aveva mai parlato né a me né a nessun altro! Lui e sua moglie avevano un’elevata consapevolezza della verità sulla Dafa e non avevano alcun ostacolo che impedisse loro di decidere di lasciare il PCC.

Quando ho dato loro un amuleto della Dafa, sua moglie era felicissima, come se avesse appena ottenuto un tesoro. Mi sono commossa e ho visto più chiaramente che tutti nel mondo aspettano di conoscere la verità. A causa della mia pigrizia nel salvare le persone, quasi mi mancava di aver incontrato una persona così preziosa! Quante persone stanno aspettando che i discepoli della Dafa le salvino!?

Queste due coppie: il direttore generale, il vicedirettore generale e le rispettive mogli sono ormai in età avanzata, eppure sono considerati sani tra i loro coetanei. Conducono delle vite prospere, i loro figli hanno successo e le loro famiglie sono felici. Sono esempi di benedizioni per aver trattato bene i praticanti della Dafa.

L’amico che mi ha prestato l’appartamento a Xiaoguan è un capo divisione a Pechino e si è già ritirato dal PCC. A causa della pandemia, il mio piano di chiarire a fondo la verità a lui e a sua moglie è stato rinviato, per cui cercherò di cogliere un’altra opportunità. In effetti, li ho incontrati solo due o tre volte. Non sono vecchi amici, ma in qualche modo andiamo d’accordo. Quell’anno gli avevo fatto semplicemente una telefonata e lui si era offerto di darmi un posto dove stare mentre ero a Pechino. Naturalmente sapevo che era una predisposizione del Maestro!

Quanto al direttore della stazione di polizia dove sono stata detenuta, l’ho incontrato di nuovo a Pechino circa dieci anni fa e quella volta gli ho rivelato la mia identità. Siamo diventati amici e ci siamo scambiati i numeri di telefono, ma purtroppo ho perso il suo accidentalmente. Sei anni fa ho pensato di nuovo a lui e ho sentito che dovevo salvarlo, soprattutto perché aveva un buon rapporto con i praticanti della Dafa. Dopo qualche sforzo l’ho rintracciato e da allora ogni anno, tranne durante la pandemia, gli ho inviato un calendario del nuovo anno.

Quando un giorno l’ho chiamato utilizzando una scheda telefonica anonima e gli ho consigliato di dimettersi dal PCC, lui ha prontamente accettato. Mi sono sentita sollevata e, soffocando le lacrime, ho detto: “A nome di quei praticanti della Falun Dafa che hai protetto, ti ringrazio! Sai che molti praticanti della Falun Dafa che non hanno rivelato la loro identità personale sono scomparsi e molti sono stati destinati al prelievo forzato di organi?”. Consapevole di quanto stessi dicendo è rimasto in silenzio. Ho detto: “Hai fatto delle cose molto buone!”. Quando mi ha chiesto di non mandargli più i calendari, gli ho detto che rappresentavo quei praticanti della Dafa.

È stato davvero benedetto per aver trattato i praticanti della Dafa con gentilezza. È stato promosso e in seguito trasferito dalla polizia a un altro dipartimento governativo, dove non era molto impegnato ed era molto soddisfatto. Ad oggi continuiamo a sentirci durante le vacanze.

Ripensando a questi indimenticabili viaggi a Pechino ad appellarmi per la Dafa, non ho rimpianti. Quando la Falun Dafa e il nostro grande Maestro sono stati diffamati, innumerevoli discepoli della Dafa hanno sacrificato la loro vita per adempiere ai sacri voti che avevano fatto con il Maestro prima di venire in questo mondo.

Con questo articolo vorrei rendere omaggio a quegli amici praticanti che hanno perso la libertà o addirittura la vita durante la persecuzione.