(Minghui.org) Dopo aver trascorso due periodi in un campo di lavoro e uno in prigione per un totale di otto anni, a causa della sua fede nella Falun Dafa, Luo Meng ha subito un grave trauma cranico dovuto a scosse elettriche ad alta tensione, oltre a diverse lesioni alla regione lombare e agli occhi. Le ferite e le continue molestie l'hanno costretta a chiudere il suo rinomato negozio di parrucchiera.

Nel 1998 Luo, di cinquantadue anni, residente a Guanghan, nella provincia del Sichuan, è guarita da diversi disturbi dopo aver iniziato a praticare la Falun Dafa. La sua abilità nel tagliare i capelli, così come la sua familiarità e la sua onestà, hanno reso il suo negozio di parrucchiera, aperto nel 1999, molto popolare. Dopo l'inizio della persecuzione, il 20 luglio 1999, si è rifiutata di rinunciare alla sua fede e da allora è stata sistematicamente presa di mira. Una volta gli agenti l’hanno aggredita e hanno persino colpito la sua bambina, che teneva in braccio.

Nel 2012, dopo essere stata rilasciata dall’ultimo campo di lavoro dove aveva trascorso quattro anni, i funzionari del PCC (Partito Comunista Cinese) hanno continuato a molestarla. Non sono stati risparmiati nemmeno i suoi parenti. Le autorità le hanno confiscato i documenti d’identità, rendendole impossibile lavorare o condurre una vita normale.

Nello scorso mese di gennaio gli agenti della stazione di polizia della città di Xinglong e i funzionari del villaggio si sono recati a casa dei suoi genitori per cercarla. Suo padre, ottantenne, e sua madre, ultrasettantenne, erano terrorizzati.

Non riuscendo a trovarla, le autorità si sono recate a casa della sorella maggiore. La donna ha riconosciuto tre degli agenti da una precedente molestia e li ha redarguiti per aver perseguitato Luo: "Mia sorella non ha ucciso o derubato nessuno, eppure l'avete colpita con i bastoni elettrici. Avete allontanato i suoi clienti e lei non ha potuto permettersi la retta universitaria di sua figlia. Suo marito ha divorziato a causa delle persecuzioni e ora mia sorella non ha nemmeno un posto dove vivere. Perché la molestate ancora? Lasciatela in pace! Avete rovinato la nostra famiglia!".

Di seguito riportiamo il racconto di Luo sulle sofferenze subite negli ultimi ventiquattro anni di persecuzione.

La Falun Dafa ha salvato la mia vita e il mio matrimonio

Prima di conoscere la Falun Dafa, avevo problemi sinusali e ginecologici. Non osavo piangere o ridere troppo forte, perché mi avrebbero scatenato le emicranie. Avevo la gola secca che mi impediva di parlare a lungo. Costantemente esausta, dormivo sempre, a volte per giorni, e non avevo appetito. Dopo essermi sposata non riuscivo a rimanere incinta. La mia rabbia nei confronti della vita si è fatta strada e spesso mi sono scagliata contro mio marito. Per distrarmi, sono ricorsa anche al gioco d'azzardo.

La Falun Dafa ci ha portato luce e fortuna. Nel maggio 1998, una settimana dopo aver iniziato a praticare, ho provato per la prima volta la sensazione di essere libera dalla malattia. Una volta letto lo Zhuan Falun, l'insegnamento principale della Falun Dafa che, non solo ha cambiato il mio modo di pensare, ma ha anche migliorato il mio livello di energia, sono stata in grado di andare in bicicletta e di lavorare nella fattoria. Per guadagnarmi da vivere, ho aperto un negozio di parrucchiera. Anche il rapporto con i miei suoceri è migliorato. Vedendo che ero diventata sana attraverso la pratica, mio marito mi ha aiutato a promuoverla e anche le sue malattie sono scomparse. In seguito ho dato alla luce una bella bambina.

Arresti multipli e detenzione

Molte persone venivano nel mio salone di parrucchiera e gli affari andavano a gonfie vele. Dopo l'inizio della persecuzione, nel luglio 1999, la polizia mi ha accusato di riunire i praticanti all’interno del negozio. Un ufficiale mi ha arrestata e mi ha costretta, ogni giorno, a pulire gratuitamente il suo ufficio, le auto della polizia e persino la gabbia delle colombe. Di fatto, sono stata costretta a chiudere la mia attività. Ho dovuto chiedere il permesso di allattare mia figlia, che all'epoca aveva solo pochi mesi. All'inizio del 2000 sono stata rilasciata.

Poiché praticavo gli esercizi della Falun Dafa con altri praticanti nel parco Qiaotou, la polizia mi ha arrestata altre volte. Spesso gli agenti mi incatenavano a terra, fuori da un edificio governativo, per umiliarmi pubblicamente. Una volta mi hanno costretta per ore a restare seduta sotto il sole cocente. La pelle dei miei glutei si è screpolata e si è staccata, mentre mia figlia si è ustionata il viso. Nel giugno 2000 un agente ha schiaffeggiato me e mia figlia, che tenevo in braccio. Il suo viso era gonfio dei segni delle dita e le sue labbra erano contuse. La polizia ha confiscato la mia bicicletta e non l’ha più restituita.

Un giorno gli agenti mi hanno arrestata nella mia abitazione senza un mandato. Mi hanno trascinata in un loro veicolo e portata alla stazione di polizia. Una volta, mi hanno gettato a terra nel prato davanti a casa. Mio marito è arrivato e, vedendo come venivo trattata, ha lottato con loro. Gli agenti l’hanno ammanettato e tenuto in una stanza buia.

Il 19 luglio 2000, a tarda notte, diversi agenti armati mi hanno prelevato dal mio appartamento e ammanettata a un albero. Ho chiesto di poter allattare mia figlia perché il latte materno mi bagnava la camicia, ma non mi è stato permesso. Sono stata trattenuta per due settimane. Durante questo periodo, mia figlia si è ammalata e mia suocera ha dovuto prendersi cura di lei.

Diciotto mesi in un campo di lavoro forzato

Nell'ottobre 2000 sono stata nuovamente arrestata per aver distribuito un volantino della Falun Dafa. Un agente dell'Ufficio 610, della città di Guanghan, mi ha picchiata nella stazione di polizia di Xinglong e mi ha tenuta ammanettata al parapetto di una finestra per tutta la notte. Il giorno dopo, mi hanno legato al retro di un camion, con un cartello appeso al collo per umiliarmi. In seguito, sono stata condotta nel campo di lavoro forzato femminile di Nanmusi, per scontare una pena di diciotto mesi.

Le guardie del campo di lavoro mi hanno colpita spesso alla testa con i manganelli elettrici. Mi hanno anche picchiata, insultata e nutrita a forza. Per oltre un mese, dalle 6:00 del mattino fino a mezzanotte, sono stata costretta a stare in posizione militare. Poiché mi sono rifiutata di calunniare e criticare la Falun Dafa e il suo fondatore, le guardie mi hanno nuovamente picchiata. A volte dovevo stare seduta tutto il giorno su un piccolo sgabello con le mani sulle ginocchia. Era una tortura progettata per ferire la parte bassa della schiena e i glutei, oltre a far gonfiare le gambe.

Una guardia ha minacciato di trasformarmi in un vegetale. Quando ho chiesto cosa intendesse, mi ha fatto sedere per lunghe ore su un piccolo sgabello. Per protesta, ho smesso di rispondere all’appello. Una guardia mi ha spesso percosso il viso e le orecchie con un manganello elettrico. Le torture mi hanno resa mentalmente incoerente. Non riuscivo a pensare chiaramente, né a gestire le mie emozioni. Piangevo o ridevo in modo incontrollato. Passavo dal mandarino al dialetto del Sichuan senza motivo. Le guardie mi hanno ammanettata al cancello di metallo di una cella d’isolamento. La detenuta che mi sorvegliava spesso mi picchiava o mi soffiava il fumo di sigaretta sul viso. Il 1° maggio 2002, quando sono stata rilasciata, non riconoscevo nessuna delle persone che conoscevo.

Secondo periodo di dueanni e mezzo nel campo di lavoro forzato

Un giorno, mentre lavoravo nelle risaie, sono arrivati due uomini e mi hanno trascinata via. Sono stata trattenuta in un centro di detenzione per due settimane.

Nel mese di agosto 2002, al mercato, tre agenti della stazione di Guangxing mi hanno picchiata pubblicamente. Sono stata ammanettata e portata alla stazione di polizia. Uno di loro ha scritto una deposizione e mi ha ordinato di firmarla. Io l'ho strappata e lui mi ha colpito ripetutamente sulla testa. La polizia mi ha arbitrariamente inflitto un'altra condanna a due anni e mezzo di lavori forzati, senza un giusto processo. Gli agenti mi hanno coperto la testa e mi hanno portato al campo di lavoro forzato femminile di Nanmusi.

Appena arrivata nel campo, una guardia ha riso di me, gongolando: "Sei tornata in meno di cento giorni". Le guardie mi hanno legato mani e piedi e mi hanno rinchiusa in isolamento. Quella notte ha nevicato e ho dovuto sedermi sul gelido pavimento di cemento.

Una volta le guardie hanno fatto stare ferme nella nostra cella me e un'altra dozzina di praticanti. Quando qualcuno è passato di lì e ha chiesto al capo guardia perché stessimo ferme, la guardia ha risposto che lo facevamo volontariamente. Io e un’altra praticante abbiamo gridato: "Ci ha costretti!". la detenuta mi ha trascinata in un'altra cella e mi ha picchiata. Mi hanno intimato di non parlare del pestaggio, quando sarei tornata in cella.

Poiché ho detto a un’altra praticante della mia cella che mi avevano picchiata, le detenute mi hanno portata di sotto. Il capo guardia mi ha tappato la bocca con il nastro adesivo, ammanettata al ramo di un albero e appesa. Le detenute mi picchiavano a turno. La pelle dei miei polsi si è lacerata; le cicatrici sono visibili ancora oggi.

La mattina dopo le guardie mi hanno costretta a tenere le braccia alzate e ammanettata al parapetto superiore della finestra. Non ricordo per quanto tempo sono rimasta in quella posizione. Poi mi hanno fatta stare ferma per quindici giorni senza dormire. Per molto tempo non ho potuto piegare le gambe.

Se volevo usare il bagno, dovevo presentarmi alle guardie e definirmi una criminale, altrimenti non mi avrebbero permesso di andarci. Mi rifiutavo di chiamarmi criminale. Spesso dovevo frenare la mia voglia di andare, e a volte dovevo evacuare nei pantaloni.

Le guardie facevano fare a tutte lavori intensivi nella cella e ci davano 15 yuan (circa 2,10 euro) al mese come compenso. I lavori comprendevano lo smistamento di peli di maiale, l'uncinetto, il ricamo, la creazione di perline e la cucitura di batuffoli di cotone. Dovevamo lavorare all'uncinetto quasi ogni giorno, dalle 6:00 del mattino fino a mezzanotte. Se non riuscivamo a finire la nostra quota, dovevamo rimanere sveglie, a volte tutta la notte, per finirla. La mattina dopo dovevamo continuare a lavorare all'uncinetto senza pause. Una volta siamo state costrette a lavorare senza pause per giorni.

Prima di essere rilasciata, ho regalato una pera a una detenuta, che mi picchiava spesso. In lacrime, mi ha detto: "È così sbagliato che la polizia arresti brave persone come te".

Imprigionataper quattro anni

Il 20 maggio 2008, dopo il terremoto di Wenchuan, sono andata in un sito di reinsediamento per tagliare i capelli a una donna. Dopo aver scoperto che praticavo la Falun Dafa, due agenti mi hanno arrestata e trattenuta, da mezzogiorno fino alla sera, nella stazione di polizia di Xiangganglu, senza darmi nulla da mangiare o lasciarmi parlare. Gli agenti hanno confiscato il mio libro della Falun Dafa, il telefono e il denaro e non me li hanno mai restituiti. In seguito sono stata condannata a quattro anni e condotta nel settimo reparto della prigione femminile della provincia del Sichuan. Le guardie hanno gettato molti dei miei cappotti, copripiumini, camicie, pantaloni e scarpe.

Le guardie hanno prelevato un campione del mio sangue, sostenendo di voler controllare la mia salute. Sospettavo che fosse per il database del prelievo di organi.

Una mattina, dopo che mi ero rifiutata di rispondere all'appello, le guardie non hanno permesso a nessuna del mio reparto di fare colazione. L’hanno fatto per farmi odiare dalle altre detenute.

Quando ho rifiutato di scrivere un rapporto di pensiero, per affermare di essere colpevole di praticare la Falun Dafa, le guardie mi hanno fatto stare in una posizione militare e ridotto il tempo della doccia. Mi hanno fatto lavorare tutto il giorno e costretta a restare ferma, la sera fino alla mezzanotte. Hanno ordinato alle detenute di sorvegliarmi costantemente e mi hanno proibito di fare acquisti, incontrare la mia famiglia o fare telefonate.

Quando mi sono rifiutata di scrivere dichiarazioni di rinuncia alla mia fede, le guardie hanno fatto in modo che tutte le detenute della mia cella rimanessero sveglie fino a tarda notte. Mi costringevano a stare ferma per tutta la notte e, il giorno dopo, a lavorare. Spesso mi addormentavo in piedi e sbattevo contro il muro o cadevo su un tavolo. In seguito le guardie mi hanno costretta a smistare fili di rame per l'elettronica. Se non riuscivo a finire la mia quota in tempo, dovevo partecipare a un allenamento fisico intensivo.

Le molestie continuano

Il 19 maggio 2012, quando sono stata rilasciata, avevo un grave problema al ginocchio. Dovevo usare le mani per sedermi o alzarmi. Le dita dei piedi erano intorpidite. Riuscivo a malapena a sostenere un piccolo secchio d’acqua.

Qualche giorno dopo il mio ritorno a casa, gli agenti dell’Ufficio 610 e un funzionario locale sono venuti a casa mia. Hanno fatto leggere un articolo a mia figlia e l'hanno filmata. Io ho protestato e loro l'hanno portata in un’altra stanza, per continuare a filmarla. Hanno costretto la mia famiglia a controllare le mie attività quotidiane. Mia suocera continuava a sollecitare mio marito a divorziare e lui litigava continuamente con me.

Ho trovato lavoro in un ristorante ma, dopo soli due giorni, non riuscivo più a muovere il collo a causa delle torture subite. Quando ho trovato un altro lavoro in un hotel, le autorità hanno costretto il mio supervisore a controllarmi.

A causa delle molestie, i miei familiari sono diventati ostili nei miei confronti e si vergognavano del fatto che fossi stata in prigione.