(Minghui.org) Una donna di Shanghai ha presentato una mozione per riconsiderare il suo caso, dopo aver scontato una seconda pena detentiva di tre anni e mezzo. La donna ha chiesto che l’ingiusta condanna venga cancellata dalla sua fedina penale, perché non avrebbe mai dovuto essere imprigionata per aver praticato il Falun Gong, che viene perseguitato dal Partito Comunista Cinese da un quarto di secolo.

Per ritorsione contro gli sforzi di Li Hong, nove mesi dopo aver inviato la sua mozione, la donna è stata arrestata dalla polizia che, alla fine dello scorso mese di luglio, l’ha portata a scontare la sua terza pena detentiva, una condanna di un anno.

Nel 2005 Li, di 48 anni, contabile di una società di software, ha iniziato a praticare il Falun Gong. La sera del 16 luglio 2008 è stata arrestata per la prima volta, mentre distribuiva materiale informativo. Gli agenti del dipartimento di polizia distrettuale di Songjiang le hanno confiscato il computer, la stampante, il masterizzatore DVD e altro materiale del Falun Gong.

Due mesi dopo, il 12 settembre 2008, la Procura distrettuale di Songjiang ha incriminato Li. Il 7 gennaio 2009 il tribunale distrettuale di Songjiang l’ha condannata a tre anni e mezzo di prigione. La donna ha presentato ricorso in appello presso il tribunale intermedio nº 1 della città di Shanghai, che il 23 marzo ha confermato il verdetto originale.

Il 5 maggio 2009 Li è stata trasferita dal centro di detenzione del distretto di Songjiang alla prigione femminile di Shanghai, dove è stata sottoposta a torture incessanti e a sessioni di lavaggio del cervello, con l’obiettivo di costringerla a rinunciare alla sua fede. Dopo aver trascorso 30 mesi di inferno in prigione, il 15 novembre 2011 è stata rilasciata.

La mattina presto del 13 giugno 2017 Li è stata nuovamente arrestata da agenti dell’Ufficio per la sicurezza interna del distretto di Xuhui e della stazione di polizia in via Hunan, che l’hanno accusata di aver pubblicato articoli del Falun Gong sui social media.

L’11 aprile 2018 il tribunale distrettuale di Xuhui ha condannato la donna a tre anni e mezzo di prigione e l’ha multata di 10.000 yuan (circa 1.262 euro). Il suo appello è stato nuovamente respinto dal tribunale intermedio nº 1 di Shanghai. I familiari hanno cercato di assumere un avvocato per presentare una mozione per riesaminare il suo caso, ma hanno incontrato ostacoli da parte delle autorità.

Nel mese di agosto 2018 la donna è stata trasferita nel carcere femminile di Shanghai e, il 12 dicembre 2020, è stata rilasciata.

Il 19 dicembre 2021, un anno dopo il suo rilascio, Li ha deciso di inviare la mozione per riesaminare il suo caso al tribunale intermedio nº 1 di Shanghai. Ha chiesto l’assoluzione e la restituzione dei libri del Falun Gong, che le erano stati confiscati dalla polizia. Il 4 gennaio dell’anno scorso la corte d’appello le ha comunicato che la sua richiesta era stata accettata.

Il 9 settembre dell’anno scorso, prima che la corte d’appello tenesse un’udienza sul suo caso, gli agenti della stazione di Caoyang nel distretto di Putuo, l’hanno arrestata. Il 15 ottobre l’arresto è stato approvato dalla Procura distrettuale. Secondo le informazioni raccolte dal suo avvocato, la Procura e la stazione di polizia del distretto di Potuo stavano cercando di condannare la donna per intimorire gli altri praticanti e impedire loro di presentare istanze di revisione delle loro ingiuste pene detentive.

In seguito il caso di Li è stato trasferito al distretto di Jing’an. Durante la seduta in tribunale del 28 luglio scorso i giudici Gong Wen e Gong Xulong hanno annunciato la sua condanna a un anno di prigione, oltre a una multa di 2.000 yuan (circa 260 euro). Li è stata accusata di aver inviato quattro documenti del Falun Gong al Tribunale distrettuale di Putuo, al Comitato di strada del nuovo villaggio di Caoyang, al Tribunale del trasporto ferroviario di Shanghai e al Tribunale del distretto di Huangpu.

Al momento in cui scriviamo, Li è ancora rinchiusa nel centro di detenzione distrettuale di Putuo. La donna ha presentato ricorso contro l’ultima condanna.

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