(Minghui.org) La mia famiglia era molto povera e abitavamo in campagna. Poiché mia madre era malata, vivevo con i miei nonni. Mio fratello e mia sorella minori sono morti, io sono stato l’unico figlio sopravvissuto. La mia salute era cagionevole e quando mi ammalavo ero in bilico tra la vita e la morte.

Mi sono sposato all’età di 25 anni. Abbiamo avuto diversi figli, ma a causa della politica del figlio unico del PCC, (Partito Comunista Cinese) siamo stati perseguitati e multati in continuazione e mia moglie, che soffriva di depressione, si è suicidata. Avevo perso mia madre in giovane età e ora nella mezza età, ho perso anche mia moglie. Spesso guardavo il cielo e mi chiedevo quando sarebbe finita la mia sofferenza e il motivo per cui esistiamo.

Iniziare a praticare la Dafa

Quando sono andato in un’altra città a lavorare, un praticante della Falun Dafa mi ha prestato una copia dello Zhuan Falun. Era davvero un buon libro, ed era esattamente quello che desideravo trovare. Finalmente avevo capito lo scopo della mia vita. Ho deciso subito di praticare la Falun Dafa. Sono ritornato nella mia città natale, che dista oltre 600 chilometri, per comprare i libri della Dafa, ma non sono riuscito a trovarne. In seguito, con l’aiuto dei praticanti locali, sono riuscito ad avere tutti i libri della Dafa pubblicati prima del 20 luglio 1999, quando è iniziata la persecuzione.

Subito dopo aver iniziato a praticare tutte le mie malattie sono scomparse. Grazie allo studio della Fa ho capito perché nella prima metà della mia vita ero così infelice e che le persone si trovano in questo mondo per eliminare il karma, assimilare le caratteristiche universali di Verità, Compassione, Tolleranza, tornare alla propria natura originale e infine nel proprio Mondo Celeste. Ero passato da essere una persona piena di karma e un derelitto in fondo alla società a essere un praticante della Falun Dafa. Ero molto felice!

Salvare le persone nel centro di detenzione

Durante gli oltre 20 anni di persecuzione della Falun Dafa da parte del PCC, sono stato perseguitato molte volte, perché fermamente deciso a sostenere la mia fede. Una sera d’autunno del 2016, ho accompagnato i miei amici praticanti in una contea vicina per distribuire materiali informativi per chiarire la verità. Ci siamo divisi in gruppi. La polizia mi ha arrestato e portato in un centro di detenzione. Per protestare contro la persecuzione ho iniziato uno sciopero della fame. Grazie agli sforzi per salvarmi fatti dalla mia famiglia e dagli amici praticanti, sono stato rilasciato dopo 7 giorni, su cauzione, in attesa del processo.

Dopo essere tornato a casa, la polizia locale ha cercato di contattarmi diverse volte, ma non mi hanno trovato; pertanto, hanno emesso un mandato di cattura. Un giorno, quando sono andato in banca per una faccenda, la polizia mi ha localizzato dalle telecamere di sorveglianza. Circa due ore dopo aver finito, mi hanno chiamato dalla banca per dirmi che dovevo tornare per un ritocco alla procedura. Non appena sono arrivato, sono stato arrestato da agenti di polizia in borghese che mi stavano aspettando. Mi hanno sequestrato illegalmente l’auto, il denaro, il materiale informativo per chiarire la verità e mi hanno messo nel centro di detenzione.

Quando sono stato interrogato, ho sottolineato che la persecuzione dei discepoli della Dafa da parte della polizia e del sistema giudiziario del PCC è una violazione della legge; pertanto, ho chiesto che mi rilasciassero incondizionatamente. Ho rifiutato di indossare l’uniforme del carcere e insistito di voler praticare gli esercizi della Falun Dafa. Quel giorno, ho convinto un vicedirettore e un medico legale a dimettersi dal PCC e dalle sue organizzazioni affiliate.

Ho aiutato la maggior parte dei detenuti nella mia cella a dimettersi dal PCC. Dopo che mi hanno trasferito in un’altra cella, per primo ho convinto il capo cella e successivamente anche gli altri prigionieri hanno abbandonato.

Un praticante locale dall’altro lato della cella gridava spesso: “La Falun Dafa è buona!” Anche i detenuti che avevano lasciato il Partito, a loro volta, gridavano: “La Falun Dafa è buona!”

Le catene che mi avevano messo addosso si sono aperte due volte; quindi, le guardie hanno ordinato al capo cella di stringerle con uno strumento speciale, ma alcuni giorni dopo, di notte mi sono svegliato e inaspettatamente ho scoperto che le catene si erano nuovamente aperte. I prigionieri erano stupefatti, erano convinti che i praticanti della Falun Dafa fossero persone eccezionali e potenti protette dal divino.

La battaglia tra il bene e il male nell’aula del tribunale

Tre mesi dopo sono stato processato. Il giorno del processo, mia figlia maggiore e mio genero sono andati in macchina con i praticanti locali per aiutarmi inviando pensieri retti; c’erano anche mio figlio e la mia seconda figlia. In seguito, ho saputo che diverse auto di praticanti si sono parcheggiate vicino al centro di detenzione per inviare pensieri retti a distanza ravvicinata. Molti praticanti hanno inviato pensieri retti anche da casa. Abbiamo formato un corpo unico indistruttibile.

Il pubblico ministero mi ha accusato di aver violato l’articolo 300 della legge penale e ha elencato una decina di cosiddette prove. Per esempio, hanno trovato materiale informativo per chiarire la verità nella mia auto, striscioni e altro. Il mio avvocato ha confutato punto per punto le prove del pubblico ministero e ha concluso: “Non è stato il mio cliente a ostacolare l’applicazione della legge, ma lei. I praticanti della Falun Dafa non sono violenti. Sono brave persone che seguono i principi di Verità, Compassione, Tolleranza, che sono principi di beneficio per la famiglia e la società”. Durante l’intera arringa della difesa, non sembrava che fosse in corso un processo a mio carico, ma sembrava che gli avvocati avessero messo sotto processo il tribunale.

Gravemente torturato

Dopo avermi riportato al centro di detenzione, ho iniziato uno sciopero della fame per protesta contro la persecuzione. Il direttore mi ha detto: “Se vuoi praticare, puoi praticare; se non vuoi lavorare, puoi non lavorare; non è necessario indossare uniformi. Ma se non mangi, questo è un problema. Mangia, per favore. Puoi combattere contro il PCC quando sei sazio, come potresti combatterlo se sei fiacco?” Gli ho chiarito la verità dettagliatamente e solennemente ho dichiarato: “Non sono un prigioniero e non c’è niente di male se agisco secondo i principi di Verità, Compassione, Tolleranza. Non sto combattendo contro il PCC. Chiedo solo di essere rilasciato senza condizioni.”

Le guardie mi hanno incatenato e ammanettato. Dopo qualche giorno, mi hanno ammanettato in mezzo alle gambe (cioè, un’estremità della manetta era ammanettata al polso tra le gambe e l’altra estremità era attaccata all’altro polso accanto al lato della gamba dalla parte posteriore della gamba). Non potevo camminare in piedi. Sette o otto guardie carcerarie e detenuti mi hanno colpito, schiaffeggiato, preso a pugni e a calci, alcuni mi hanno picchiato sulle natiche con bastoni di plastica, mi hanno immobilizzato la parte alta del corpo su una sedia, le gambe e i piedi su un’altra sedia e mi hanno percosso le piante dei piedi con dei grossi fili o bastoni di bambù con uncini, che provocavano un dolore insopportabile.

Ogni giorno si alternavano a picchiarmi diversi membri del centro di detenzione; mi schiaffeggiavano la bocca, mi pizzicavano le guance, mi strizzavano i muscoli facciali per mettermi mozziconi di sigaretta e versarmi la cenere in bocca. Mi costringevano a mangiare una volta al giorno. Un giorno, un gruppo di guardie carcerarie mi hanno imposto l’alimentazione forzata e il direttore mi ha ordinato di mangiare. Al mio rifiuto, sogghignando ha detto: “Se non mangerai, ti darò un sacco di feeci”. Ha ordinato ai poliziotti di prendere un sacchetto di plastica con dentro escrementi di sette o otto di loro, mi hanno messo le catene alle gambe e ammanettato. Il vicedirettore ha preso le feci con i guanti, me le ha infilate in bocca e spalmate sul viso, la testa e sul corpo.

Non mi lasciavano dormire. Appena chiudevo gli occhi, mi picchiavano dicendo che si chiamava “cuocere lentamente l’aquila”. Ho guardato il direttore e gli ho chiesto: “È lei che ha ordinato la privazione del sonno?” È rimasto stupito per un attimo, poi rivolto al prigioniero che mi teneva fermo gli ha detto: “Lasciatelo dormire stanotte”. Quello era il quarto giorno, mi avevano tenuto sveglio per tre notti.

Per trasformarmi le guardie carcerarie hanno obbligato tutti i detenuti delle due celle in cui sono stato, a scrivere spiegando in che modo gli avessi parlato del Falun Gong e come li avessi convinti a dimettersi dal PCC. Sotto coercizione e con la pressione del direttore, tutti i prigionieri dovevano scrivere. Quelli che non sapevano leggere e scrivere chiedevano ad altri di scrivere al posto loro, ma due detenuti non hanno scritto nulla. Anche il direttore e le guardie hanno scritto alcuni appunti. In totale hanno raccolto una decina di relazioni.

Dopo aver raccolto ed elaborato tutti gli scritti, il direttore e le guardie mi hanno parlato per dirmi che se mi fossi ancora rifiutato di mangiare, avrebbero consegnato tutte le testimonianze scritte alla corte per condannarmi severamente. Ci ho pensato per un giorno intero: “Sono qui per salvare gli esseri senzienti o sono venuto per distruggerli? Ho chiarito la verità ai detenuti di queste due celle, sperando che avessero un futuro luminoso. Se mi denunciassero, commetterebbero un crimine”. Per il bene degli esseri senzienti ho ricominciato a nutrirmi.

I due detenuti che non avevano scritto sono stati benedetti. Uno è stato rilasciato in anticipo e l’altro ha ottenuto la commutazione della pena.

Circa sei giorni dopo la fine dello sciopero della fame, mi hanno portato in ospedale e tenuto in una stanza singola. Dopo aver spento la telecamera, mi hanno ammanettato le mani separatamente al letto e incatenato i piedi, uno con catene ordinarie e uno con manette elettroniche. Hanno tirato fuori dal letto la maggior parte del piede destro e messo altre due manette sotto ogni caviglia per agganciarla saldamente alla gamba del letto. Avevo sei manette alle mani e ai piedi, più due serie di catene. Non potevo assolutamente muovermi. Il poliziotto compiaciuto ha commentato: “Questo non è un posto dove potrai stare comodo”.

Mi ha dato un calcio al piede destro, che era strettamente bloccato dalle manette. Il piede e la gamba destra mi facevano tremendamente male; hanno insistito col supplizio tirando e contorcendo il piede e la gamba destra. Le manette sulla caviglia destra sfregando mi scavavano profondamente la pelle e il dolore era indescrivibile. Il direttore del centro di detenzione affermava che anche una persona forte avrebbe potuto sopravvivere a questa tortura per un massimo di tre giorni. Con una grossa siringa mi hanno iniettato molta acqua nello stomaco. Dopo un po’ avevo lo stomaco gonfio e bisogno di urinare, ma non me l’hanno permesso. Una volta hanno prolungato l’attesa per oltre due ore, sembrava che la vescica mi stesse per scoppiare.

Ho trascorso sei giorni così, il dolore era peggiore della morte. Avevano paura che morissi in ospedale; quindi, mi hanno riportato al centro di detenzione dove mi hanno rinchiuso nella cella dove la persecuzione era peggiore. Il capo cella mi schiaffeggiava con la scarpa e poi premendomi la testa con la mano, un piede sulle catene strette e l’altro piede in aria, metteva il peso di tutto il suo corpo su di me e la sofferenza era davvero tanta.

Mi hanno tenuto incatenato per 45 giorni. Prima di lasciare il centro di detenzione, ho chiarito la verità a tutti i detenuti con i quali ho socializzato, compresi quelli che hanno partecipato alla persecuzione e il capo cella che mi ha picchiato. Li ho anche convinti a lasciare le organizzazioni del PCC. Delle tre celle in cui sono stato, la maggior parte dei detenuti delle prime due celle hanno abbandonato il PCC. Ho convinto anche la maggior parte dei detenuti della terza cella a dimettersi dal PCC.

Sono stato condannato illegalmente dal tribunale del PCC a due anni di prigione.

Chiarire la verità e salvare le persone in prigione

Il giorno in cui sono stato incarcerato, due detenuti mi hanno portato in officina. Tutti i detenuti avevano un aspetto familiare. Anche se non li conoscevo, mi hanno sorriso tutti e mi hanno chiesto perché fossi lì. Ho risposto che praticavo la Falun Dafa. Tutti hanno detto: “Allora ti chiameremo fratello maggiore”.

In prigione sapevano che nel centro di detenzione avevano tentato tutto il possibile pertrasformarmi ma senza riuscirci, quindi hanno smesso di provarci. Ho detto loro che non avrei indossato l’uniforme, non avrei imparato a memoria le regole della prigione, non mi sarei accovacciato, non avrei partecipato alla cerimonia dell’alzabandiera, non avrei lavorato e non avrei cantato le canzoni del regime del PCC, ma avrei praticato liberamente gli esercizi. Il direttore del carcere ha accettato e ha detto che avrebbe rispettato la mia fede.

In seguito, anche la prigione ha voluto provare a “trasformarmi”. Ho detto loro: “Se volete raggiungere l’obiettivo di essere promossi e fare fortuna attraverso la mia “trasformazione”, sognate pure. Se una persona vuole essere promossa a una posizione ufficiale e diventare ricca, deve accumulare virtù e compiere buone azioni e non può opporsi alla Falun Dafa e ai principi di Verità, Compassione, Tolleranza. Altrimenti, non solo non sarà promosso né avrà fortuna, ma potrebbe persino perdere la vita”. In seguito, anche la prigione ha rinunciato a trasformarmi.

Credevo fermamente di essere lì non per essere perseguitato. Il mio rapporto con le autorità non era come tra persecutori e perseguitato, ero lì per salvarli. Girovagavo nel locale officina e aiutavo i prigionieri durante il lavoro e gli portavo l’acqua. Coglievo ogni occasione per chiarire la verità a chiunque e convincerli a lasciare il PCC; centinaia di persone, comprese le guardie carcerarie, hanno potuto ascoltare la verità.

Quando ho saputo che un praticante aveva firmato una dichiarazione di rinuncia, gli ho scritto una lettera: “Il Maestro Li, il fondatore della Falun Dafa, ci salva misericordiosamente. Se qui facciamo qualcosa che non dovremmo fare, o promettiamo qualcosa al male, come affronteremo la nostra famiglia e i nostri amici praticanti quando usciremo?”

Dopo alcuni giorni, questo praticante ha iniziato a protestare, dicendo che il lavoro era troppo pesante e faticoso e che non riusciva a stare al passo; quindi, doveva praticare gli esercizi della Falun Dafa. Diceva che se non gli fosse stato permesso di praticare, non avrebbe lavorato. La guardia carceraria gli ha promesso che avrebbe potuto praticare gli esercizi; in seguito, ha scritto una lettera al direttore del carcere, affermando che la dichiarazione di rinuncia non era valida. In seguito, il praticante ha convinto i responsabili della sua cella e gli altri a lasciare le organizzazioni del PCC.

Nella biblioteca ho visto un libro che diffamava la Dafa e l’ho distrutto.

Quando mi hanno liberato dopo l’ingiusta sentenza, la guardia dell’ufficio di registrazione al cancello mi ha chiesto: “Perché eri qui dentro? Come ti chiami?”, ho risposto: “Pratico la Falun Dafa”. Mi ha lasciato andare. Ho attraversato il cancello della prigione a testa alta.

Il giorno dopo il mio ritorno a casa, sono andato alla stazione di polizia locale per cambiare la residenza della mia famiglia. Mi hanno ordinato di firmare una lettera e di diffamare la Dafa. Ho detto: “Se fossi disposto a firmare, non sarei stato in prigione per due anni. Sono andato in prigione per aver difeso la mia fede”. Allora hanno chiesto a mio figlio di convincermi a firmare, e mio figlio ha risposto: “Mio padre non è colpevole”. Sono uscito dalla stazione di polizia in modo dignitoso. Dopo che me ne sono andato, la centrale di polizia si è occupata del nostro cambio di residenza.

So che i praticanti della Dafa possono ripagare il Maestro solo studiando bene la Fa, coltivando veramente noi stessi, aiutando il Maestro nella rettifica della Fa e salvando quante più persone possibile.