(Minghui.org) Lo scorso 17 novembre una nonna di 65 anni è stata condannata a 22 mesi di pena detentiva, per aver esortato un giudice a non partecipare alla persecuzione del Falun Gong, una pratica per il benessere fisico e spirituale che viene presa di mira dal regime comunista cinese dal 1999.

Zhao Li, originaria della città di Xi’an nella provincia dello Shaanxi, negli ultimi anni ha vissuto con la famiglia della figlia nel distretto di Yubei, a Chongqing, per prendersi cura della nipote. Nel mese di giugno dell’anno scorso, quando ha letto che aveva condannato dei praticanti del Falun Gong innocenti, la donna ha scritto una lettera al giudice Liu Lipeng, del tribunale distrettuale di Wujiang della città di Suzhou nella provincia del Jiangsu, esortandolo a smettere di partecipare alla persecuzione.

Liu ha inoltrato la lettera alla stazione di polizia di Xinpaifang, nel distretto di Yubei, provocando l’arresto di Zhao il 18 luglio dell’anno scorso. Gli agenti l’hanno costretta a firmare il verbale dell’interrogatorio, prima di rilasciarla su cauzione la sera stessa. Lo scorso mese di maggio il suo caso, che includeva la lettera scritta a Li, è stato sottoposto alla procura del distretto di Jiangbei.

Jiangbei e Yubei sono due dei 26 distretti di Chongqing. Il procuratore distrettuale di Jiangbei è stato designato per gestire i casi relativi al Falun Gong nella regione.

Il 6 giugno Zhao è stata convocata dalla procura per essere interrogata. La donna ha chiesto al procuratore Liu Jie quale legge avesse presumibilmente infranto. Liu ha sbottato: “Ci sono leggi dappertutto. Vada lei stessa a cercare una legge!”. Zhao non riusciva a credere che un funzionario del governo potesse dire una tale assurdità e ha chiesto di nuovo di vedere i documenti legali per giustificare la persecuzione del Falun Gong. Liu è rimasto in silenzio e Zhao si è rifiutata di firmare i verbali dell’interrogatorio.

Il 24 ottobre scorso Zhao è comparsa davanti al tribunale distrettuale di Jiangbei per affrontare l’accusa di aver “minato l’appicazione della legge con un’organizzazione di culto”. Ha sfidato il procuratore Liu e il giudice Huang Ya a spiegare quale legge avesse presumibilmente minato per causare quali danni e a chi. Nessuno dei due è stato in grado di risponderle. Il procuratore Liu ha invece continuato a calunniare il Falun Gong, etichettandolo come una setta, nonostante nessuna legge promulgata in Cina lo abbia mai fatto, e nessuna legge consideri la pratica del Falun Gong un crimine.

Liu ha anche accusato Zhao di essere testarda e ha suggerito al giudice per lei una pena più severa. Il giudice Huang ha impedito a Zhao di leggere la dichiarazione di difesa che aveva preparato. Il 17 novembre scorso Huang ha annunciato che Zhao era stata condannata a 22 mesi di prigione. Dopo la sentenza la donna è stata portata al centro di detenzione del distretto di Yubei.

Persecuzioni passate

Non è la prima volta che Zhao viene presa di mira per la sua fede nel Falun Gong. Nel luglio 1999, poco dopo l’inizio della persecuzione, la donna si è recata in piazza Tiananmen a Pechino per appellarsi al diritto di praticare il Falun Gong. È stata riportata a Xi’an, nella provincia dello Shaanxi, e tenuta in un campo di lavoro forzato femminile per un anno e mezzo, dov’è stata brutalmente torturata ed è sopravvissuta a stento.

Nel 2015 la Corte Suprema del Popolo ha emesso “pareri sulla riforma del sistema di registrazione”, promettendo di garantire la registrazione e il trattamento di tutte le denunce presentate. Dopo l’entrata in vigore di questa nuova politica il 1° maggio 2015, i praticanti del Falun Gong in tutta la Cina hanno iniziato a presentare denunce penali contro l’ex leader del PCC Jiang Zemin, per aver ordinato la persecuzione del Falun Gong e aver causato loro danni irreparabili.

Dopo aver intentato una causa contro Jiang, Zhao è diventata nuovamente un bersaglio della persecuzione. La mattina presto del 15 aprile 2016 stava tornando a casa, dopo aver finito il suo turno di notte, quando è stata arrestata dagli agenti dell’Ufficio di sicurezza interna del distretto di Yanta, nella città di Xi’an. La donna è stata trattenuta nel centro di detenzione distrettuale, accusata di “aver stabilito contatti con molte persone”. All’inizio di febbraio 2018 il tribunale distrettuale l’ha condannata a due anni e mezzo di pena detentiva, trascorsi nel carcere femminile della provincia dello Shaanxi.

Il marito di Zhao è deceduto poco dopo la nascita della figlia e lei ha dovuto crescerla da sola. Dopo la laurea, la figlia ha trovato lavoro a Chongqing. Zhao, quando è stata rilasciata, si è trasferita dalla figlia per aiutarla a prendersi cura della nipote.

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