(Minghui.org) Lo scorso 11 settembre il tribunale intermedio della città di Xi’an, nella provincia dello Shaanxi, ha esaminato il caso di appello di un residente locale, Miao Zhongjun, di 66 anni. L’uomo non è stato informato dell’udienza con tre giorni di anticipo, come previsto dalla legge e gli è stato anche impedito di testimoniare in propria difesa.

Il 10 maggio dell’anno scorso Miao è stato arrestato per la sua fede nel Falun Gong, una pratica per il benessere fisico e spirituale che viene perseguitata dal Partito Comunista Cinese (PCC) dal luglio 1999. L’11 settembre il tribunale del distretto di Lianhu lo ha condannato a quattro anni di prigione e multato di 10.000 yuan (circa 1.280 euro).

Durante l’udienza d’appello, l’avvocato di Miao ha chiesto l’annullamento del verdetto di colpevolezza sostenendo che, durante il processo, il pubblico ministero non è riuscito a provare tutti e quattro gli elementi del suo presunto “crimine”.

Secondo il diritto penale cinese, per condannare un indagato per qualsiasi reato, l’accusa ha l’onere della prova e deve dimostrare che: 1) l’indagato è mentalmente lucido e vigile e comprende le conseguenze delle sue azioni; 2) l’indagato deve avere avuto la mente criminale (o l’intenzione criminale) di causare danni ad altri; 3) l’indagato deve aver commesso un atto criminale; 4) l’atto criminale deve aver violato i diritti legali di altri (ad esempio, l’atto criminale dell’omicidio viola il diritto legale di vivere della vittima).

Mentre il pubblico ministero ha dimostrato che Miao era in grado di sostenere il processo, non è riuscito a provare gli altri tre elementi. Le prove dell’accusa includevano testimonianze di persone a cui Miao aveva dato materiale informativo del Falun Gong, oltre a libri e materiale informativo del Falun Gong confiscati nella sua abitazione. Il suo avvocato d’appello ha sostenuto che l’uomo non ha mai avuto l’intenzione di danneggiare gli altri quando ha parlato alle persone del Falun Gong, perché voleva solo far conoscere loro l’illegalità della persecuzione. Il suo gesto non è stato assolutamente criminale, perché nessuna legge in Cina criminalizza il Falun Gong e l’ufficio cinese per le pubblicazioni, nel 2011, ha revocato il divieto sui libri del Falun Gong. Inoltre, l’azione di Miao non ha violato i diritti legali di nessuno e non ha causato danni a nessun individuo o alla società in generale.

Il giudice del processo ha citato come prova per condannarlo un rapporto di autenticazione emesso da una squadra di investigazione criminale del Dipartimento di polizia della città di Xi’an. Il rapporto affermava che il materiale del Falun Gong confiscato a Miao era “propaganda di culto”. Il suo avvocato d’appello ha sostenuto che solo un’agenzia forense indipendente e terza è autorizzata ad autenticare le prove dell’accusa, non un’agenzia di polizia. Pertanto, la condanna di primo grado emessa dal tribunale nei confronti di Miao è basata su prove inammissibili.

Il fratello minore dell’imputato gli ha fatto da difensore della famiglia non avvocato e aveva intenzione di dire che la persecuzione del fratello è costata la vita anche ai loro genitori i quali, all’inizio dell’anno, sono rimasti talmente sconvolti dall’arresto del figlio maggiore, che sono deceduti, a due mesi di distanza l’uno dall’altro. Il fratello di Miao, tuttavia, era troppo addolorato per menzionare i suoi genitori, ma ha difeso l’innocenza di suo fratello.

Altri quattro membri della famiglia hanno assistito all’udienza come spettatori. Prima del processo d’appello, due persone della procura della città di Xi’an hanno interrogato Miao nel centro di detenzione del distretto di Xincheng e gli hanno chiesto dove avesse preso il materiale del Falun Gong, confiscato nella sua abitazione. Non è chiaro se l’uomo abbia risposto alle loro domande.

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