(Minghui.org) Il 2 febbraio scorso, per la prima volta dallo scoppio della pandemia di COVID, la famiglia di Zhao Naiqian ha finalmente potuto fargli visita in carcere.
Zhao, sessantenne, ha raccontato ai fratelli di non riuscire a dormire la notte a causa del freddo e di essere costantemente affamato perché la prigione non gli dà mai abbastanza cibo. Mentre parlava le guardie che stavano dietro di lui lo interrompevano.
I fratelli hanno anche notato che, nonostante il freddo, indossava solo un paio di sandali e riusciva a malapena a tenersi in equilibrio mentre camminava.
Nel 1995 Zhao, della città di Chengdu nella provincia del Sichuan, è stato condannato all’ergastolo per aver collaborato con un collega e aver rubato pezzi di ricambio per un valore di 20.000 yuan (circa 2.700 euro) dal posto di lavoro. Ha iniziato a praticare il Falun Gong prima dell'inizio della persecuzione nel 1999 e da allora negli ultimi ventiquattro anni è stato sottoposto a torture incessanti. Il suo ex collega, anch'egli condannato all'ergastolo, ha ottenuto la commutazione della pena ed è stato rilasciato undici anni fa.
Prima che al fratello e alla sorella venisse concessa la recente visita è stato ordinato loro di firmare un accordo per convincerlo a rinunciare al Falun Gong da far esaminare al Comitato per gli Affari Politici e Legali, un'agenzia extragiudiziaria creata per supervisionare la persecuzione.
Dall'inizio della persecuzione le autorità hanno trattenuto Zhao in sei diverse prigioni. Sua madre si è recata in diversi centri di detenzione per cercarlo, ma ogni volta le veniva detto che non c’era. Per sette anni non le è stato permesso di vederlo. Al praticante non è stato permesso nemmeno di scrivere o chiamare la sua famiglia.
Solo nel 2012 la madre di Zhao ha avuto la conferma, attraverso l’ufficio dell’amministrazione penitenziaria della provincia del Sichuan, che era detenuto nel carcere di Jiazhou. É andata a trovarlo due volte ma in seguito, con la scusa che anche lei praticava il Falun Gong, non le hanno più permesso di visitarlo. Ha sporto denuncia contro la prigione, ma senza ottenere successo.
La prigione di Jiazhou è nota per le torture ai praticanti del Falun Gong. Proprio il mese scorso si è diffusa la notizia che un ex conduttore radiofonico di trent’anni è stato picchiato a morte nel dicembre scorso, mentre stava scontando una condanna a cinque anni per aver praticato il Falun Gong.
La madre, preoccupata per le torture che il figlio avrebbe potuto subire, ha avuto un deterioramento delle sue condizioni di salute ed è deceduta nel 2019. La famiglia ha chiesto un permesso per far uscire Zhao di prigione per vedere la madre per l'ultima volta, ma la richiesta è stata respinta.
Quando la sua famiglia è stata autorizzata a fargli visita, due guardie si sono posizionate dietro di lui impedendogli di parlare delle torture subite. Il carcere gli ha anche impedito di acquistare beni di prima necessità, riducendo il limite di 100 yuan (circa 13 euro) mensili a 20 yuan (circa 2 euro), appena sufficienti per comprare qualcosa.
La famiglia è stata informata che, poiché Zhao parlava con altri del Falun Gong, la prigione lo teneva in cella d’isolamento e impediva ad altri di avvicinarsi a lui. Negli ultimi anni è stato trattenuto nell’ospedale della prigione, anche se era perfettamente in salute.
Intraprendere il Falun Gong scontando l’ergastolo
Zhao, ex dipendente della fabbrica Geyser di Qianfeng, è stato condannato all'ergastolo per aver rubato 20.000 yuan di materiali dal suo posto di lavoro. Era arrabbiato e voleva uccidere il giudice per avergli inflitto una pena così pesante.
Quando sua madre gli ha fatto visita nell'ottobre 1997 gli ha dato una copia dello Zhuan Falun, il testo principale del Falun Gong. Il libro ha cambiato la sua visione della vita, si è pentito delle sue malefatte e ha rinunciato all'idea di vendicarsi, è diventato una persona migliore ed è stato spesso lodato dalle guardie, ma poiché ha rifiutato di rinunciare alla sua fede è stato sottoposto a continue persecuzioni.
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