(Minghui.org) Le guardie del primo centro di detenzione della città di Lanzhou spesso ammanettano e incatenano i praticanti; li torturano nel tentativo di costringerli a rinunciare alla loro fede, il Falun Gong, una pratica spirituale e di meditazione che in Cina viene perseguitata.

Le guardie ammanettavano e incatenavano i praticanti (e alcuni non praticanti) in posizioni innaturali per giorni o settimane. Di conseguenza, i loro muscoli e legamenti si sono lesionati e hanno sofferto di dolori atroci. Dopo essere stati sottoposti a orribili torture, diversi praticanti sono deceduti, sono rimasti invalidi o hanno subito un collasso mentale. I familiari delle vittime hanno intentato una causa contro il centro di detenzione ed è stata avviata un’indagine ufficiale.

Al 20 luglio di quest’anno, 14 praticanti erano ancora nel primo centro di detenzione della città di Lanzhou: Zhang Ping, Jin Yijun, Yang Hui, Wei Zhouxiang, Xie Guifang, Zhou Yuezhen, Cui Chengxiang, Cui Jianping, Liu Wanqiu (inviata al centro di detenzione il 5 luglio scorso) e sua figlia, Ma Jun, Li Ya (condannata a quattro anni e mezzo), Wang Lin e Qi Yulian.

All’inizio dell’anno due praticanti, Liang Ailing e Wang Mei, sono state trasferite nel carcere femminile del Gansu. Liang, in pensione dall’impianto generale di macchinari di Lanzhou, è stata condannata a otto anni di prigione. Wang lavorava presso l’Ufficio di pianificazione familiare dell’Università normale del nord-ovest ed è stata condannata a tre anni.

Di seguito sono riportati brevi riassunti delle torture subite da alcuni praticanti attualmente rinchiusi nel centro di detenzione.

Tortura “Mani e piedi in catene”

Illustrazione della tortura “Mani e piedi in catene”: Le gambe della vittima sono incatenate e le mani sono ammanettate dietro la schiena. Le manette sono legate alle catene attraverso una catena più corta. La vittima è costretta a piegarsi all’indietro e a rimanere costantemente in quella posizione, per giorni o settimane

Il 2 ottobre 2021 Jin Yijun, della città di Lanzhou, è stata portata nel centro di detenzione. Per essersi rifiutata di memorizzare il regolamento o di accovacciarsi durante l’appello, Li Peng, capo della 14ª brigata, le ha ordinato di sottoporsi alla tortura “Mani e piedi uniti in catene”. Le sono state ammanettale le mani dietro la schiena e le manette sono state attaccate alle catene con una più corta, in modo che si piegasse costantemente all’indietro, mentre era inginocchiata.

La tortura è durata 15 giorni, durante i quali la guardia ha ordinato alle detenute di picchiarla, prenderla a calci e tirarle i capelli, per impedirle di aggiustare la posizione o chiudere gli occhi. Oltre a non poter dormire per 15 giorni, non ha potuto prendere l’acqua per pulirsi o lavarsi i vestiti. A volte non le è stato permesso di bere.

L’11 maggio dell’anno scorso Zhang Ping è stata trasferita al centro di detenzione e messa in cella d’isolamento. Poiché praticava gli esercizi del Falun Gong, cinque giorni dopo il capo delle guardie l’ha sottoposta alla tortura “Manette dietro la schiena”. È rimasta in quella posizione per 20 giorni, durante i quali le è stata data poca acqua da bere. A nessun detenuto è stato permesso di aiutarla a usare il bagno. Poiché si è rifiutata di rinunciare alla sua fede, a giugno è stata trasferita in un’altra brigata, dove Li Peng e un suo collaboratore sono andati a torturarla.

Nello scorso mese di marzo Yang Hui, di Shanghai, è stata processata dal Tribunale per i trasporti ferroviari della città di Lanzhou e condannata a 16 mesi di prigione. Ad aprile tre compagne di cella hanno litigato con lei, che si è difesa lanciando uno sgabello. Le compagne di cella hanno collaborato con le guardie per torturarla al fine di ottenere migliori benefici o riduzioni di pena.

Le guardie l’hanno sottoposta alla tortura “Manette frontali”, con il pretesto che aveva dato inizio a una rissa. La tortura è durata 15 giorni, durante i quali la donna ha avuto difficoltà a fare i propri bisogni. Le compagne di cella la insultavano sistematicamente, impedendole di mangiare o di andare in bagno. Poiché praticava gli esercizi del Falun Gong, Yang ha subito le stesse torture in un’altra brigata.

Tortura “Manette frontali”

Illustrazione della tortura “Manette frontali”: La vittima deve accovacciarsi con le gambe ammanettate. Una delle braccia deve passare sotto una delle gambe prima che le braccia vengano ammanettate insieme. La vittima rimane in posizione accovacciata e non può raddrizzare la schiena o sedersi correttamente

Dopo che il capo della 14ª brigata, Li Peng, è stato trasferito alla 13ª brigata, ha continuato a torturare le praticanti. Quando rispondevano all’appello, le costringeva tutte ad accovacciarsi.

Li Ya, della città di Pingliang, si è rifiutata di accovacciarsi ed è stata sottoposta alla tortura “Manette frontali”. Poiché durante i 28 giorni di tortura ha potuto appoggiare solo un gluteo, la sua carne si è ferita e si è infettata. Non ha ricevuto alcun trattamento medico. Dalla ferita è fuoriuscito del pus che emanava un odore sgradevole.

Oltre a torturare le praticanti, Li Peng ha anche lavorato con una detenuta, Shi Jianxiu, per torturare le non praticanti nella 14ª brigata. Shi ha riferito a Li che una detenuta, Liu Yadi, fingeva di essere malata per evitare i suoi doveri. Li ha quindi fatto sottoporre Liu alla tortura “In manette e in catene”. Shi ha torturato la donna in una stanza isolata e 15 giorni dopo è diventata mentalmente instabile.

Liu è stata rapidamente trasferita nel carcere femminile del Gansu, dove le è stata diagnosticata l’infermità mentale. Gli ispettori del carcere si sono recati al centro di detenzione per scoprire cosa le fosse accaduto. Per sviare la responsabilità, Shi ha fatto testimoniare una detenuta la quale ha affermato che Liu non era mentalmente sana prima di essere trasferita in prigione.

Un’altra detenuta, Xu Deping, è stata spesso sottoposta alla tortura “In manette e in catene” e torturata da Shi in una stanza isolata. Poco dopo essere stata trasferita nel carcere femminile, Xu è deceduta. Prima di esalare l’ultimo respiro, continuava a pronunciare il nome di Shi.

L’11 novembre dell’anno scorso Shi è stata rilasciata senza essere ritenuta responsabile delle torture e dei crimini a cui ha partecipato nel centro di detenzione.

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