(Minghui.org) Il 17 luglio scorso Bai Xingwen, di 71 anni, residente a Dongying nella provincia dello Shandong, è stata ammessa nella Prima prigione femminile provincia dello Shandong, situata nella capitale Jinan, per scontare tre anni e mezzo per la sua fede nel Falun Gong, una pratica per il benessere fisico e spirituale che viene perseguitata dal Partito Comunista Cinese dal luglio 1999.

L’8 novembre dell’anno scorso Bai Xingwen è stata condannata alla prigione, un mese dopo che la sua figlia maggiore, Ji Yingwei, è deceduta all’età di 45 anni a causa della persecuzione della loro fede condivisa, il Falun Gong.

Bai aveva dichiarato di voler ricorrere in appello contro l’ingiusta condanna, ma non è chiaro se abbia mai presentato ricorso o se il suo appello sia stato respinto prima del trasferimento in prigione.

Arresto e condanna

Il 15 luglio 2021 la donna e due delle sue tre figlie, Ji Yingmei e Ji Yingping, sono state arrestate dopo che la polizia sospettava che l’8 maggio, due mesi prima, Bai avesse esposto uno striscione del Falun Gong.

Le tre donne sono state interrogate alla stazione di polizia e sono stati loro raccolti campioni di sangue, capelli, impronte digitali e urine. Sono anche state registrate le loro voci e sono state fotografate. Subito dopo l’arresto, tutte e tre le praticanti sono state rilasciate su cauzione.

Il 16 settembre la polizia ha ripreso Bai in custodia. Quando le tre figlie si sono recate alla stazione di Chaoyang per chiederne il rilascio, la polizia ha arrestato nuovamente la figlia maggiore, Ji Yingmei.

Il 19 ottobre, dopo essere state rilasciate, Bai e Ji hanno presentato una richiesta di archiviazione al Procuratore della Repubblica. Hanno anche presentato una denuncia contro la polizia, per aver violato la legge nella gestione dei loro casi.

Per ritorsione, il 6 novembre 2021 la polizia ha arrestato Bai e le ha inflitto 13 giorni di detenzione amministrativa. A causa dell’ipertensione, le è stato negato il ricovero nel locale centro di detenzione ed è stata rilasciata.

Il 17 gennaio dell’anno scorso Bai ha presentato un’altra denuncia contro la polizia. Il 24 febbraio il tribunale distrettuale di Dongying le ha comunicato di aver accettato il suo caso e ha fissato un’udienza per il 23 marzo, ma il 14 marzo l’ha richiamata dicendo che la richiesta era stata respinta.

Il 22 marzo la polizia ha presentato il caso della donna alla Procura distrettuale di Dongying. Il 1° e il 22 aprile, Bai e il suo avvocato hanno presentato diverse richieste al procuratore, esortando l’agenzia a non incriminarla, ma questi li ha ignorati e ha presentato le accuse contro di lei.

Il tribunale distrettuale di Dongying ha fissato un’udienza per il 29 luglio. Una settimana prima dell’udienza, il giudice Ji Penghui e il cancelliere Shi Yuanyuan hanno respinto la richiesta del difensore dei familiari della donna di rappresentarla in tribunale come non avvocato (pratica consentita in Cina). Il 24 luglio Bai ha presentato una richiesta di ricusazione del giudice Ji dal caso.

Ji, tuttavia, ha presieduto l’udienza del 29 luglio e non ha permesso alla donna di testimoniare in propria difesa. Alla fine di agosto dell’anno scorso, Bai è stata informata che la polizia aveva presentato un parere in cui si affermava che le prove raccolte contro di lei erano valide e sufficienti a dimostrare la sua colpevolezza. Il tribunale ha chiesto a lei e al suo avvocato di esaminare il parere della polizia.

Giorni dopo il legale ha presentato il suo parere alla corte. Ha dichiarato che la polizia non era in grado di autenticare le proprie prove contro Bai. Per legge, solo un’agenzia forense indipendente e terza è qualificata a verificare e autenticare le prove dell’accusa. L’avvocato ha chiesto che il parere della polizia sia considerato inammissibile nel processo contro la sua cliente.

Mentre si svolgeva il processo, Bai è stata ripresa in custodia e, il 19 settembre, è stata mandata al centro di detenzione di Binhai. L’8 novembre dell’anno scorso il giudice Ji, ignorando la richiesta del suo avvocato di respingere il parere della polizia, l’ha condannata a tre anni e mezzo, oltre al pagamento di una multa di 20.000 yuan (circa 2.537 euro).

Un mese prima della sentenza, la figlia maggiore Ji Yingmei, appena guarita da un cancro al collo dell’utero all’ultimo stadio nel 2019, ha ceduto allo stress mentale causato dai ripetuti arresti e dalle molestie subite negli ultimi due anni e, il 9 ottobre dell’anno scorso, è deceduta all’età di 45 anni. Le sopravvivono il marito e il figlio piccolo.

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