(Minghui.org) Le guardie dell’ottavo reparto della prigione femminile della provincia dello Jilin torturano senza sosta le praticanti della Falun Dafa incarcerate per essersi rifiutate di rinunciare alla loro fede, una pratica per il benessere fisico e spirituale che viene perseguitata in Cina dal luglio 1999.

Quanto segue riassume le torture inflitte tra il 2021 e il 2023 alle praticanti dell’ottavo distretto, compresi i casi di due praticanti.

A partire dal 2021 le guardie dell’ottavo reparto hanno costretto le praticanti che si rifiutavano la trasformazione a rimanere sedute con la schiena dritta su un piccolo sgabello, ogni giorno dalle 4:00 del mattino fino alle 22:00. Le praticanti non potevano muoversi a piacimento, nemmeno quando stavano mangiando. Stare ferme in questa posizione per lunghe ore senza muoversi causava loro dolori insopportabili alla schiena e alle gambe. La superficie a coste dello sgabello, inoltre, dopo un po’ di tempo ha causato loro piaghe suppuranti ai glutei.

Oltre alle torture da sedute, veniva impedito loro di lavarsi o di fare il bucato. Inoltre, erano costrette a trattenersi quando dovevano usare il bagno. Le guardie hanno fatto in modo che altre detenute sorvegliassero le praticanti 24 ore al giorno.

Rievocazione della tortura: Sedute immobili su un piccolo sgabello

In inverno le guardie istigavano le altre detenute e le ex praticanti, che avevano rinunciato al Falun Gong, a versare acqua sulle praticanti risolute, costringendole a sedersi vicino alle finestre aperte, per farle congelare.

Se una praticante si rifiutava di collaborare con le guardie, veniva rinchiusa in cella d’isolamento, dove le veniva concesso a ogni pasto un piccolo panino e una quantità minima di verdure sottaceto. Ogni giorno le veniva data una bottiglia d’acqua. Se aveva bisogno di altra acqua, doveva prenderla dal bagno, compresa quella per lavarsi.

In isolamento, doveva stare sempre seduta. Se ancora si rifiutava di collaborare, le guardie le spruzzavano acqua piccante al peperoncino negli occhi, la ammanettavano e la appendevano per le manette, oppure la facevano stare in una posizione innaturale per molto tempo.

Dopo il Capodanno cinese di quest’anno, le autorità carcerarie non hanno refrigerato o buttato via gli avanzi. Hanno invece costretto le praticanti a mangiare tutto in un colpo solo, mentre le osservavano.

A partire dalla scorso mese di maggio, le guardie le hanno costrette, dalle 7:00 alle 18:00, a produrre ogni giorno ciglia per le bambole. Le praticanti avevano pochi minuti di pausa pranzo e potevano usare il bagno solo tre volte al giorno. Se una di loro non riusciva a portare a termine l’obiettivo giornaliero fissato dal capo guardia Jiang Wei, doveva rimanere immobile nella sua cella fino alle 21:00 e lo stesso valeva per le sue compagne di cella. La punizione collaterale aveva lo scopo di far sì che le compagne di cella provassero risentimento nei suoi confronti. Nel tempo Jiang ha aumentato lentamente il carico di lavoro e, nei fine settimana, non permetteva alle praticanti di fare la doccia. Raramente quest’ultime avevano una domenica libera o potevano lavarsi. Una volta, durante la calda estate, è stato loro negato di fare la doccia per un mese.

Illustrazione: Praticanti costrette a svolgere lavori intensivi nella fabbrica carceraria

Casi di tortura

Jin Min della città di Jilin, nella provincia omonima, si è rifiutata di rinunciare alla sua fede e le guardie l’hanno torturata fino a farle venire un ictus. La donna non riusciva più a camminare correttamente. Nello scorso mese di aprile, Jiang l’ha costretta ad aprire la bocca dopo aver preso una medicina, le ha infilato dentro una torcia e l’ha insultata.

Alla fine di agosto dell’anno scorso Zhou Yafen, di 59 anni, della città di Changchun nella provincia dello Jilin, è stata arrestata e trattenuta nel centro di detenzione nº 2 della città di Changchun prima di essere trasferita, lo scorso 29 aprile, nel carcere femminile della provincia dello Jilin, per scontare una pena di tre anni. Le guardie l’hanno costretta a stare ferma su un piccolo sgabello, l’hanno privata del sonno, le hanno negato l’uso del bagno e l’hanno picchiata. Quattro giorni dopo il suo ingresso in prigione, è stata torturata fino a farle perdere i sensi. Per due giorni, la donna non ha ripreso conoscenza.

Nel maggio scorso la prigione ha comunicato ai familiari della donna che le potevano fare visita. Prima dell’arresto, Zhou era in buona salute e pesava 68 chilogrammi. Quando i familiari l’hanno vista, era mentalmente incoerente e non è riuscita a riconoscerli. Era emaciata e incontinente. Confusa, non riusciva a condurre una conversazione adeguata e ha detto loro di andarsene.

Nel mese di giugno una guardia ha chiamato i familiari e ha comunicato loro che la sua situazione era peggiorata. Le era stato diagnosticato un disturbo delirante e spesso evacuava a letto. La guardia ha chiesto loro di inviare del denaro per curarla, ma essi si sono rifiutati.

La prigione ha detto alla famiglia che poteva farle visita una volta al mese, di lunedì. Il 12 giugno, quando i familiari si sono recati a trovarla, è stato chiesto loro di tornare una settimana dopo. Quando sono tornati il 19 giugno, due persone hanno dovuto portarla fuori. Zhou ha detto: “Mi hanno picchiata!” e ha indicato la spalla e la testa. La famiglia le ha chiesto di sollevare la camicia e ha visto che era pelle e ossa.

Dopo la visita, i familiari hanno chiesto a una guardia alla reception perché Zhou fosse diventata così magra, mentalmente incoerente e perché avesse affermato di essere stata picchiata. Hanno anche chiesto di vedere il referto dell’esame fisico effettuato al momento dell’ammissione in prigione. La guardia ha promesso di portare il problema all’attenzione delle autorità, ma si è rifiutata di fornire il referto. Più tardi ha chiamato la famiglia e ha detto che le loro affermazioni sulla situazione di Zhou non erano veritiere.

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