(Minghui.org) Lo scorso 27 dicembre un residente della città di Jingmen, nella provincia dell’Hubei, è stato processato per la sua fede nel Falun Gong, una pratica per il benessere fisico e spirituale che viene perseguitata dal regime comunista cinese dal 1999.

Alla fine di giugno dell’anno scorso Pei Hong, di circa 50 anni, è stato arrestato nella contea di Shayang (sotto l'amministrazione della città di Jingmen), mentre distribuiva materiale informativo del Falun Gong. Gli agenti della stazione di polizia di Shenji lo hanno portato al centro di detenzione della città di Jingmei. Il 27 dicembre scorso i suoi familiari sono venuti a conoscenza che l’uomo è comparso davanti al tribunale della contea di Shayang, ma non sanno nient'altro riguardo all’incriminazione o al processo.

Non è la prima volta che Pei viene preso di mira per la sua fede. In precedenza gli sono stati inflitti due anni di lavori forzati e un anno di prigione. Prima del suo ultimo arresto, il 26 giugno dell’anno scorso, era appena stato rilasciato da un periodo di detenzione.

Persecuzioni passate

Dopo essersi laureato nel 1996 in ingegneria petrolchimica, Pei ha trovato lavoro presso la Filiale petrolifera di Sinopec Jingmen. Poco tempo dopo ha iniziato a praticare il Falun Gong e presto ha visto migliorare la sua salute. Ha anche imparato a essere una persona migliore e un lavoratore più coscienzioso, seguendo i principi del Falun Gong di Verità-Compassione-Tolleranza.

Due anni di lavori forzati nel gennaio 2000

Dopo l'inizio della persecuzione del Falun Gong nel luglio 1999, Pei è rimasto fedele alla sua fede ed è diventato un bersaglio da parte delle autorità. Nel novembre 1999 si è recato a Pechino per appellarsi al diritto di praticare il Falun Gong ed è stato fermato dalle guardie di sicurezza della sua azienda e dagli agenti del Dipartimento di polizia della città di Jingmen. L’uomo è stato trattenuto in una stanza abbandonata di una scuola tecnica affiliata alla sua azienda, prima di essere trasferito, il 31 dicembre 1999, al Centro di detenzione di Jingmen. Il 15 gennaio 2000 gli sono stati inflitti due anni di lavori forzati e lo stesso giorno è stato ammesso al campo di lavoro di Shayang.

Nel campo di lavoro Pei è stato costretto a fare lavori forzati senza retribuzione. I compiti comprendevano scavare stagni per i pesci, pescare, trasportare terra, scavare radici di loto, trapiantare alberi, erigere pali telefonici all'aperto, costruire serbatoi d'acqua, fare lavori agricoli e scavare trincee. Se non riusciva a terminare la sua quota di lavoro giornaliera, veniva brutalmente torturato. Una volta ha raccontato che, poiché richiedeva una velocità elevata, il lavoro di scavo delle trincee era particolarmente duro per lui e faticava a tenere il passo.

Nel marzo 2001 il campo di lavoro ha istituito una "squadra di gestione rigorosa" per colpire specificamente i praticanti del Falun Gong particolarmente fermi nella propria fede. Pei è stato trasferito nella nuova squadra, dove è stato costretto a cantare canzoni di propaganda del PCC e a fare ogni giorno sessioni di addestramento militare. Era anche costretto a mangiare all'aperto sotto il sole cocente e, di notte, a saltare su e giù o ad accovacciarsi immobile per lunghi periodi di tempo.

Dopo essere stato rilasciato, la polizia ha continuato a perseguitarlo. Non potendo sopportare la pressione della persecuzione, sua moglie ha divorziato. La sua famiglia viveva costantemente nella paura.

Detenuto due volte in un centro per il lavaggio del cervello

Nel 2004 Pei è stato trattenuto per un mese nel centro per il lavaggio del cervello Banqiao a Wuhan, la capitale della provincia dell’Hubei. Il 13 maggio 2008 vi è stato nuovamente portato, dove ha trascorso oltre 40 giorni.

Al lavoro, il suo capo lo metteva spesso a fare i turni di notte e gli assegnava compiti difficili. Pei non si è mai lamentato e ha cercato di coprire i compiti pericolosi per i suoi colleghi. Intorno al 2019 la sua azienda lo ha assegnato a un partner commerciale, l’azienda del gas Yingde. L’uomo ha lavorato sodo e ha ottenuto buoni punteggi in vari esami tecnici, che gli sono valsi gli elogi del suo supervisore.

Condannato segretamente a un anno dopo l'arresto nel 2021

Il 29 giugno 2021, prima di andare a lavorare all’azienda del gas Yingde, Pei ha distribuito materiale informativo del Falun Gong. È stato segnalato alla stazione di polizia del distretto di Duodao, che ha subito inviato degli agenti per arrestarlo sul posto di lavoro. Nessun collega era presente all’arresto.

La polizia non ha mai informato il datore di lavoro o i suoi familiari del suo arresto o della sua posizione. Dopo aver perso i contatti con lui da circa 15 giorni, la sua famiglia, che viveva fuori città, ne ha denunciato la scomparsa. Un mese dopo i familiari sono riusciti a scoprire che si trovava nel centro di detenzione della città di Jingmen. Si sono recati sul posto, ma è stato loro vietato d’incontrarlo. Una guardia ha affermato di dover applicare una gestione "molto severa" a persone come Pei. I suoi cari potevano solo consegnare vestiti e fare depositi in contanti per le sue necessità quotidiane.

Quando la sua famiglia si è recata alla stazione di polizia del distretto di Duodao per chiedere informazioni sul suo caso, la polizia si è rifiutata di fornire dettagli, accusandolo solo di "minare l'applicazione della legge con un'organizzazione di culto" e di "mettere in pericolo il potere dello Stato".

La polizia non ha mai notificato ai familiari il suo arresto formale e la successiva incriminazione. Il tribunale del distretto di Duodao non ha nemmeno informato il suo avvocato del processo.

All'inizio di novembre 2021 Pei è stato condannato a un anno e multato di 5.000 yuan (circa 640 euro) e ammesso nella prigione di Fanjiatai, nella contea di Shayang. Alla data prevista per il rilascio, il 28 giugno 2022, la prigione non ha permesso alla sua famiglia di andarlo a riprendere, ma lo ha consegnato al locale Ufficio 610, con la motivazione che i casi del Falun Gong come il suo erano speciali. È stato trattenuto all'Ufficio 610 per un periodo di tempo imprecisato prima di poter finalmente tornare a casa.

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