(Minghui.org) Il tribunale intermedio di Guiyang, nella provincia del Guizhou, ha recentemente confermato in appello l’ingiusta condanna di una residente locale per la sua fede nel Falun Gong, una pratica per il benessere di corpo e mente perseguitata dal Partito Comunista Cinese dal luglio 1999.

La 54enne Zhang Juhong è stata arresta il 25 aprile del 2022. Il 10 dicembre dello scorso anno è stata condannata a sette anni e mezzo con una multa di 30.000 yuan (circa 3.900 euro). Il suo avvocato ne ha ricevuto notifica solo a febbraio di quest’anno. Lo ha comunicato alla famiglia, che gli ha conferito l’incarico di rappresentarla in appello.

Zhang e il suo avvocato hanno chiesto un’udienza aperta e la revoca dall’ingiusta condanna. Ma a marzo o aprile di quest’anno il tribunale intermedio di Guyang ha confermato in appello il verdetto originale senza tenere alcuna udienza. Ha anche ordinato che fosse trasferita al più presto dal centro di detenzione di Sanjiang in un carcere (non si conoscono le date esatte).

Questa non è la prima volta che Zhang viene condannata per la sua fede. In precedenza aveva scontato quattro anni e mezzo di prigione ed era stata rilasciata nel luglio del 2021, 21 mesi prima del suo ultimo arresto.

L’ultimo arresto e la condannata

Zhang è stata arresta a casa il 25 aprile 2022 intorno alle 9:00 da agenti della stazione di polizia di Sanjiang e del dipartimento di polizia del distretto di Xiaohe. L’hanno ammanettata, le hanno sequestrato i beni di proprietà e hanno messo i sigilli della polizia su tutte le porte. Quando hanno terminato, alle 23:00 l’hanno portata al dipartimento di polizia del distretto di Xiaohe, per l’interrogatorio.

Zhang è stata messa in quarantena in un luogo apposito due giorni dopo, il 27 aprile, e trasferita al quarto centro di detenzione di di Guyang il 17 maggio 2022, in stato di detenzione criminale. Durante quel periodo la famiglia, su sua richiesta, ha assunto un avvocato.

La polizia ha trasmesso il caso alla procura distrettuale di Nanming, che l’ha respinta per insufficienza di prove. Il PM l’ha comunque incriminata e infine ha deferito il caso al tribunale distrettuale di Nanming. I familiari non hanno assistito alla prima udienza (la cui data è sconosciuta), perché avevano solo ricevuto un sms poco chiaro dal tribunale. Vi ha invece assistito l’avvocato, che ha presentato per lei una dichiarazione di non colpevolezza.

Zhang è stata accusata di “diffondere pubblicamente il Falun Gong”, poiché aveva affisso la parola “fu” (fortuna) sulla finestra di casa sua. Anche il materiale del Falun Gong confiscato dalla sua abitazione è stato usato come prova d’accusa contro di lei.

Il suo avvocato ha obiettato che il PM non aveva chiarito quale fosse il collegamento fra il carattere affisso alla finestra e la “diffusione del Falun Gong” e che, anche se Zhang aveva appeso del materiale del Falun Gong sulla finestra, non aveva violato alcuna legge nel farlo.

La polizia ha anche accusato Zhang di aver dato a qualcuno un calendario da muro con dei messaggi del Falun Gong, ma il calendario presentato da quella persona in tribunale non era quello dato da Zhang. Nonostante le prove vaghe, il PM ha chiesto per lei una pena di cinque anni e mezzo.

L’avvocato ha fatto notare che c’era un conflitto d’interessi: la polizia aveva “autenticato” il materiale del Falun Gong confiscato alla sua cliente come “propaganda di culto”, ma per legge solo un’agenzia forense, terza parte indipendente, può esaminare e verificare la prova d’accusa. Pertanto le prove autenticate dalla polizia dovevano essere considerate non valide.

Il giudice ha tenuto un’altra udienza, alla fine di novembre dello scorso anno, a cui ha assistito un solo familiare e durante la quale l’avvocato ha chiesto l’assoluzione di Zhang.

A febbraio di quest’anno i familiari hanno appreso dall’avvocato che è stata condannata a sette anni e mezzo con una multa di 30.000 yuan. Non hanno ancora ricevuto la copia cartacea del verdetto, e hanno potuto leggere solo la versione elettronica ricevuta dall’avvocato e datata 10 dicembre 2023. Il verdetto non fa menzione né della data, né del luogo dell’udienza.

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