(Minghui.org) A maggio di quest’anno il Tribunale distrettuale di Chikan a Zhanjiang, nella provincia del Guangdong, ha condannato una donna del posto a cinque anni per aver richiesto di revocarle la sospensione della pensione.
Su Guiying, di 63 anni, è stata arrestata a casa l’11 maggio dello scorso anno e la Procura distrettuale di Mazhang ha subito emesso un mandato d’arresto formale nei suoi confronti. Il caso è stato poi trasferito alla Procura distrettuale di Chikan e la praticante ha subito un processo presso il tribunale dello stesso distretto il 15 novembre dello scorso anno. Probabilmente, dopo l’incriminazione a maggio di quest’anno, si trova ancora nel Centro di detenzione della città di Zhanjiang.
La pensione le viene sospesa nel 2020 quando finisce di scontare quattro anni di detenzione per aver praticato il Falun Gong
La pensione le è stata sospesa ad agosto del 2020, alcuni giorni dopo aver finito di scontare una pena di quattro anni per la sua fede nel Falun Gong, una pratica per il benessere di corpo e mente perseguitata dal Partito Comunista Cinese dal luglio 1999. Non aveva ricevuto alcuna comunicazione ufficiale sul motivo per cui le era stata sospesa, ma è probabile che l’Istituto di previdenza sociale del distretto di Mazhang lo facesse per recuperare le somme pensionistiche erogatele durante la detenzione.
Ci sono state molte segnalazioni di istituti di previdenza sociale in tutta la Cina che avevano fatto cose simili ad altri praticanti del Falun Gong, citando come pretesto di doversi attenere alla politica che bloccava l’erogazione della pensione ai pensionati detenuti. Coloro a cui era stata erogata la pensione, mentre erano in carcere spesso si trovavano ad avere lo stesso problema di Su con le autorità, che trattenevano i pagamenti futuri come “risarcircimento” per le pensioni già erogate.
L’ardua battaglia per cercare di riavere la pensione
La pensione è un bene legittimo dei pensionati e Su, forte di questo, si è recata diverse volte all’Istituto di previdenza sociale del distretto di Mazhang per chiedere che riprendessero a pagargliela. Ma la richiesta veniva sempre respinta e un dipendente ha perfino minacciato di farle causa. Allora la donna ha sporto denuncia contro l’Istituto di previdenza sociale del distretto di Mazhang presso l’ente che lo supervisiona: l’Istituto di previdenza sociale e risorse umane di Zhanjiang e anche all’ufficio giudiziario e al municipio, entrambi del distretto di Mazhang. Ma qui le hanno trovato un sacco di scuse, quindi non ha avuto altra scelta se non adire le vie legali.
Il tribunale dell’Area di sviluppo economico di Zhanjiang, ha però liquidato il caso dicendo che non c’erano i presupposti per un’azione legale. Lei ha fatto comunque appello anche al Tribunale intermedio di Zhanjiang, che a sua volta ha ordinato al Tribunale dell’Area di sviluppo economico di tenere un nuovo processo.
Mentre attendeva il nuovo processo, ha anche sporto denuncia contro l’Istituto di previdenza sociale del distretto di Mazhang presso vari enti governativi provinciali e statali.
Ritorsioni e arresto nel 2023
Le autorità di Zhanjiang le hanno fatto ritorsioni che sono sfociate nell’arresto a casa sua l’11 maggio dello scorso anno. Fra i 12 agenti che l’hanno arrestata vi erano Zhang Zhihui della Stazione di polizia di Zhiman e tre suoi subordinati (Chen Guanjing con numero di tesserino 213490 e due poliziotte) sei agenti ausiliari maschi e due uomini in borghese.
La polizia ha fatto irruzione in casa sua senza mostrarle il mandato di perquisizione e, quando lei li ha rimproverati per aver infranto la legge, loro le hanno mostrato in tutta fretta un pezzo di carta e le hanno chiesto di firmarlo. Lei ha cercato di vedere se si trattava del mandato di persquisizione come gli agenti sostenevano, ma loro l’hanno subito messo via e non le hanno più chiesto di firmare niente. Poi però l’hanno accusata di essersi rifiutata di firmarlo e non le hanno nemmeno rilasciato una lista dei beni confiscati come richiesto dalla legge.
Su è stata portata alla Stazione di polizia di Zhiman e subito trasferita al Centro di detenzione di Zhanjiang.
Qualcuno che lavora lì ha riferito che la polizia sosteneva che l’antefatto del suo arresto era stato il seguente episodio: Su Jianzhong (nessuna parentela), un dipendente dell’ufficio di direzione generale di Zhiman nel distretto di Mazhang dove riesiedeva Su, un giorno si era imbattuto in alcuni anziani che stavano all’angolo di una strada intenti a leggere la lettera di ricorso in cui Su richiedeva di riprendere a pagarle la pensione. Ha detto che aveva confiscato la lettera e l’aveva consegnata alla Commissione affari politici e legali del distretto di Mazhang (un’agenzia extra giudiziale il cui compito è quello di supervisionare la persecuzione del Falun Gong) che ha ordinato alla Stazione di polizia di Zhiman di arrestare Su.
La praticante non era presente all’episodio dei tre anziani e nemmeno aveva dato loro quella lettera. Ha sospettato dunque che fosse tutta una messa in scena della polizia.
Durante l’interrogatorio subito dopo l’arresto, ha chiesto su quali basi legali la polizia la deteneva. L’agente Chen allora ha sbottato dicendo che “usava un’organizzazione di culto per minare l’applicazione della legge” (un pretesto standard usato dal regime comunista per incastrare i praticanti del Falun Gong).
Su ha obiettato che nessuna legge in Cina criminalizza il Falun Gong o lo etichetta come culto. Inoltre il ricorso per riavere la pensione non aveva causato alcun danno alla società in generale o a individui in particolare. Si è rifiutata di firmare i verbali degli interrogatori e Chen e altri agenti maschi le hanno preso la mano e l’hanno punta con un ago per farle imprimere le impronte digitali sui verbali.
Chen ha poi ammesso che non poteva non obbedire agli ordini dei suoi superiori. Ha detto a Su: “Se non perseguito te oggi, potrei essere io a finire in prigione. Ma se ti perseguito oggi, potrei comunque subirne le conseguenze (come capro espiatorio quando i perpetratori del Falun Gong saranno ritenuti responsabili)”. L’ha interrogata di nuovo il 26 maggio dello scorso anno e le ha mostrato un mandato d’arresto senza lasciarglielo leggere o firmare.
Il caso di Su è stato poi trasferito al Distretto di Chikan, che si occupava di tutti i casi del Falun Gong a Zhanjiang, ed è stata condannata a cinque anni a maggio di quest’anno, meno di quattro anni dopo aver finito di scontare la pena precedente sempre a causa del Falun Gong.
Brutalmente torturata mentre scontava una precendete pena di quattro anni
Su era conosciuta dalla gente del posto come una commerciante in gamba e di successo, ma lei vedeva la sua salute peggiorare anno dopo anno, specialmente dopo aver subito due incidenti che le avevano procurato gravi ferite alla testa, i cui postumi si facevano ancora sentire nonostante le cure. Ogni volta che pioveva o c’era vento, sentiva la testa pesante e si sentiva debolissima, come se stesse per cadere da un momento all’altro. I problemi cronici agli occhi e allo stomaco, come anche l’intolleranza al freddo, non facevano che peggiorare le cose.
I sintomi comunque sono tutti scomparsi dopo che ha intrapreso il Falun Gong nel novembre del 2017. È anche diventata una persona più rispettosa e altruista. La sua esperienza in prima persona con il Falun Gong l’ha spinta a dire agli altri che la pratica non era affatto come la dipingeva la propaganda d’odio del regime comunista, ma è stata comunque arrestata il 31 agosto del 2016, dopo che qualcuno l’ha denunciata per aver distribuito del materiale informativo sul Falun Gong. In seguito è stata condannata a quattro anni presso il Carcere femminile provinciale del Guangdong, dove ha subito atroci torture. Per i dettagli delle torture si vedano gli articoli elencati di seguito.
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