(Minghui.org) Jin Yijun, una 49enne di Lanzhou nella provincia del Gansu, ha finalmente avuto l'autorizzazione a ricevere la prima visita familiare dopo sei mesi trascorsi in cella perché accusata di praticare il Falun Gong.

Dopo essere stata ammessa al Carcere femminile provinciale del Gansu, il 4 dicembre dell'anno scorso, le autorità carcerarie le avevano negato le visite familiari perché sostenevano che ai praticanti del Falun Gong neo-detenuti semplicemente non spettassero. E anche se i familiari, fin da dicembre, si recavano in carcere ogni mese, le guardie non consentivano loro di vederla perché si rifiutava di rinunciare al Falun Gong.

Fonti carcerarie hanno rivelato che, siccome Jin non rinunciava alla sua fede, veniva costretta a stare accovacciata per ore e ore. Le guardie le versavano dell'acqua fredda sulla giacca invernale e sui pantaloni e la trascinavano per tutto il corridoio. Inoltre la obbligavano a scrivere ogni giorno"rapporti di pensiero".

A fine giugno scorso, la prigione le ha finalmente concesso le visite e i suoi cari hanno così potuto accertarsi che stava bene. Ma la visita, che si è svolta sotto l'occhio vigile delle guardie, è durata solamente 10 minuti, mentre le regole prevedono sessioni di mezz'ora.

Jin è stata arrestata il 24 settembre del 2021 e, l'11 agosto dello scorso anno, era stata condannata a tre anni con 5.000 yuan (circa 630 euro) di multa dal Tribunale del distretto di Chengguan. Ha fatto ricorso presso il Tribunale intermedio di Lanzhou, che ha però confermato il verdetto originale.

Il 2 dicembre dell'anno scorso, due giorni prima del trasferimento in carcere, ai familiari era stato finalmente concesso di vederla per la prima volta dopo l'arresto.

Jin lavorava per uno studio legale, ma non poteva più farlo perché l'Ufficio giudiziario di Lanzhou nel 2013 si era rifiutato di rinnovarle la licenza di avvocato a causa della sua fede nel Falun Gong.

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