(Minghui.org) Una donna di Pechino si è ritrovata in condizioni critiche dopo circa tre mesi dall’arresto avvenuto per la sua fede nel Falun Gong. Purtroppo l'11 dicembre scorso, dopo mesi di sofferenza, Liu Yanmei è deceduta prematuramente alla età di cinquantadue anni.

Torturata nel centro di detenzione

Il calvario per Liu era iniziato dopo che nel novembre del 2016 era stata arrestata per aver distribuito degli inviti per partecipare all'udienza pubblica contro tre praticanti del Falun Gong.

Fronte e retro dell'invito

Era stata poi condotta nel centro di detenzione di Tongzhou, dove era stata brutalmente picchiata e insultata per aver tentato di fare gli esercizi del Falun Gong. Le guardie l'avevano anche tenuta ammanettata e incatenata per cinque mesi.

Il centro inizialmente non aveva permesso al suo avvocato di farle visita, ma quando poi gli era stato concesso, l'aveva trovata emaciata e con molti capelli grigi.

Durante l'incontro la donna aveva chiesto al legale se poteva informare i familiari di una detenuta imprigionata nella stessa cella che era a corto di soldi, ma dopo che una guardia l'aveva scoperto, si era scagliata contro Liu, picchiandola e incolpandola di aver divulgato informazioni all'esterno.

Mentre era ammanettata le guardie le tiravano le dita, facendole gonfiare le mani e a volte si sedevano sulle sue ginocchia, causandole un tremendo dolore.

Dopo diversi mesi di torture nel centro, il 6 luglio 2017 Liu era stata processata dal tribunale distrettuale di Tongzhou e tre settimane dopo, il 27 luglio condannata a quattro anni di reclusione, cominciati a scontare a novembre 2017 nella prigione femminile di Pechino.

Condizione critica

Il 24 gennaio dello scorso anno la famiglia aveva ricevuto una chiamata dalla prigione che li invitava ad andare all'ospedale perché Liu era sull'orlo della morte. Arrivati sul posto, lei non era in grado di riconoscerli, la sua schiena era devastata e faticava anche a indossare i vestiti.

Il medico aveva detto alla sua famiglia che soffriva di cancro cervicale e di un collasso multiplo di organi. Non avendo farmaci in grado di curarla, consigliava di sottoporla a dialisi per prolungarle la vita.

Mentre i familiari discutevano sul da farsi, la polizia ha minacciato la sorella di Liu, dicendole che avevano installato una telecamera di sorveglianza a casa sua, così se lei avesse parlato con altri praticanti locali del Falun Gong, i poliziotti sarebbero sopraggiunti in cinque minuti.

Alla fine la famiglia, spaventata dalle probabili conseguenze derivanti dai metodi attuati dal PCC, non l'aveva riportata a casa, ma aveva scelto di lasciarla nelle mani delle autorità carcerarie fino alla sua morte.

Persecuzione passata

Da quando nel 1999 è iniziata la repressione contro il Falun Gong, Liu era stata detenuta diverse volte nei campi di lavoro forzato e nei centri di lavaggio del cervello per non aver rinunciato alla sua fede. Mentre era detenuta in un campo di lavoro forzato aveva perso l’impiego ed era stata anche costretta a rimuovere il suo nome dall’atto di proprietà di casa sua.

Nel maggio 2015, mentre parlava alla gente del Falun Gong in una stazione degli autobus era stata arrestata e mandata nel centro di detenzione di Nihe, dove era stata legata a un letto per tre giorni, con gli arti distesi.

Dopo il rilascio, nel febbraio 2016 era stata nuovamente arrestata e reclusa un’altra volta nel centro di detenzione di Nihe per un mese, per aver presentato una denuncia penale contro Jiang Zemin, l'ex leader del regime comunista cinese che nel 1999 ha ordinato la persecuzione del Falun Gong.

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