(Minghui.org) Il 9 ottobre scorso Wei Suwen, di 65 anni di Pechino, è stata incarcerata nella Prigione di Tianhe, dopo aver perso l'appello contro una condanna a sette anni e mezzo di prigione.
Il 27 giugno scorso la signora Wei è stata condannata e multata di 16.000 yuan (circa 1.940 euro), dal Tribunale distrettuale di Dongcheng per la sua fede nel Falun Gong, una disciplina spirituale e di meditazione che viene perseguitata dal Partito Comunista Cinese dal luglio 1999. Il 9 ottobre la seconda Corte intermedia di Pechino ha emesso una sentenza contro di lei, senza tenere un'udienza pubblica.
Arresto
Il 15 agosto dell'anno scorso Suwen è stata arrestata mentre stava passeggiando nel parco Tiantan. Lo stesso giorno, alle 14:30, la figlia ha ricevuto un messaggio di testo dall'agente Gu, per informarla che sua madre era stata trattenuta presso la Stazione di polizia di Tiantan. Ha anche detto che le avevano confiscato tre telefoni cellulari: due telefoni Lenovo “di sua proprietà” e un terzo (un iPhone 6 dorato) di sua figlia.
Otto agenti hanno fatto irruzione nell'appartamento della signora Wei, senza mostrare alcun tesserino di riconoscimento o mandato di perquisizione. Poco dopo mezzanotte la donna è stata messa in detenzione penale presso il Centro di detenzione del distretto di Dongcheng. L'agente Xu Zheng era responsabile del caso.
Il 30 agosto la procura locale ha approvato l'arresto della signora Wei. Il 30 novembre il procuratore, Miao Rongrong, ha rinviato il caso alla polizia, che lo ha ripresentato il 16 dicembre dell'anno scorso.
Condannata sulla base di prove inconsistenti
Il 16 gennaio di quest'anno Suwen è stata incriminata, e il 18 febbraio è comparsa davanti al giudice del Tribunale distrettuale di Dongcheng. Il giudice presidente, Chen Chunsheng, è stato assistito dai giudici Ma Lijun e Li Peizhong, dal cancelliere Sun Chenfei e dall'assistente Zhong Zheng.
Il procuratore Miao ha accusato la signora Wei di “essersi servita di un'organizzazione di culto per minare l'applicazione della legge”, un pretesto standard utilizzato dal regime comunista per criminalizzare i praticanti del Falun Gong. Le prove dell'accusa hanno affermato che la signora Wei “ha utilizzato i suoi due telefoni, modificati come server, per connettersi agli hotspot e inviare messaggi di testo relativi al Falun Gong”.
Miao ha raccomandato per lei una pena di sette anni o l'ergastolo. L'avvocato della signora Wei ha difeso la sua innocenza, sottolineando che, per connettersi agli hotspot utilizzando i telefoni cellulari, di norma sarebbe necessario rimanere fermi in un punto, tuttavia la signora Wei stava passeggiando nel parco con un ombrello in una mano (il giorno dell'arresto stava piovendo) e una borsa nell'altra. La donna ha lasciato il parco dopo circa 10-20 minuti. Dal punto di vista tecnico, sarebbe stato impossibile connettersi con successo all'hotspot tramite i suoi telefoni.
La polizia ha affermato di aver ricevuto una segnalazione sulle “attività illegali” della signora Wei nel parco, ma nessuno si è presentato in tribunale per sottoporsi al controinterrogatorio.
L'agente Xu ha anche prodotto un video che mostrava la signora Wei mentre si stava connettendo agli hotspot, ma il video era stato girato prima che lei si recasse nel parco.
Secondo l'avvocato, la figlia della signora Wei, l'unica familiare autorizzata a partecipare all'udienza, aveva prestato il suo iPhone alla madre. Dopo l'arresto della donna, ha chiesto che le fosse restituito, ma così non è stato. Le è stato detto che era stato definito come prova nel caso della madre e che le sarebbe stato restituito solo dopo la chiusura del processo. La polizia ha successivamente stabilito che l'iPhone non aveva nulla a che fare con il caso. Per legge, il telefono avrebbe dovuto essere restituito entro tre giorni dalla decisione, ma alla figlia della signora Wei non è stato restituito.
Anche la figlia dubitava che i due telefoni Lenovo appartenessero a sua madre, che sapeva solo effettuare e rispondere alle chiamate con il cellulare, ed è stato dimostrato che quei due telefoni contenevano informazioni che richiedevano una conoscenza approfondita delle funzioni degli smartphone.
Anche se la signora Wei avesse effettivamente utilizzato i telefoni per inviare messaggi di testo sul Falun Gong, non ci sarebbe stato nulla di illegale, poiché nessuna legge in Cina criminalizza il Falun Gong o lo etichetta come una setta.
Lo scorso 27 giugno il giudice Chen ha comunque condannato la signora Wei. Il 23 luglio sua figlia ha ricevuto una copia della sentenza, nella quale si indicava che il suo iPhone sarebbe stato messo all'asta e che il ricavato sarebbe stato utilizzato per coprire parte della multa inflitta alla madre.
La Corte d'Appello si pronuncia contro la signora Wei, la figlia cerca giustizia per lei
La figlia della signora Wei ha scritto al giudice Li Kai, del secondo Tribunale intermedio di Pechino, chiedendogli di tenere un'udienza pubblica in modo da poter testimoniare contro l'ingiusta condanna della madre, da parte del tribunale di primo grado. Il 9 ottobre Kai ha emesso una sentenza per confermare il verdetto originale contro la signora Wei, senza tenere un'udienza.
Il giorno successivo, la figlia della signora Wei ha presentato una denuncia sulla piattaforma online 12368, contro il giudice Chen e il giudice d'appello Li, per aver condannato sua madre senza alcuna base giuridica. Quel pomeriggio ha ricevuto una telefonata in cui le veniva chiesto dove lavorasse. La persona al telefono l'ha avvertita: “Il Falun Gong è una questione estremamente delicata nel nostro Paese. Il governo lo ha vietato e la sentenza è stata emessa; dobbiamo solo eseguirla. Se hai domande, puoi presentare una mozione".
L'11 ottobre scorso la figlia della signora Wei ha presentato una denuncia contro l'agente Xu alla divisione di vigilanza del Dipartimento di polizia del distretto di Dongcheng. L'agente Song (numero di distintivo 027485) ha risposto alla chiamata e l'ha avvertita che stava registrando la loro conversazione e che poteva denunciare Xu alla Procura del distretto di Dongcheng, per inadempienza nel proprio dovere, o intentare una causa contro il dipartimento di polizia.
L'agente Song ha lasciato intendere che la divisione di supervisione non era responsabile della questione. La figlia della signora Wei ha quindi inviato una lettera di reclamo alla Procura distrettuale di Dongcheng. Il 17 ottobre ricevuto una risposta dal tribunale (che ha inoltrato il reclamo).
Il tribunale ha dichiarato che l'indagine della polizia sul caso era chiara, con prove legittime che attestavano il “reato” della signora Wei e soddisfacevano i criteri per una severa punizione. Il tribunale si è inoltre vantato di aver inflitto una pena detentiva adeguata in conformità con la legge.
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