(Minghui.org) Il 2 febbraio di quest’anno una donna di 49 anni residente nella contea di Hejiang a Luzhou, nella provincia del Sichuan, è stata condannata a quattro anni e mezzo di prigione e multata di 8.000 yuan (circa 1.015 euro), per la sua fede nel Falun Gong, una pratica per il benessere fisico e spirituale, che viene perseguitata dal Partito Comunista Cinese dal luglio 1999.

Zhao Yongxiu ha incaricato il suo avvocato di continuare a rappresentarla nel processo d’appello. Il legale ha presentato ricorso e la sua memoria difensiva al tribunale intermedio della città di Luzhou. Il 18 aprile il giudice Li Xudong ha deciso di confermare il verdetto originale, senza tenere un’udienza pubblica, come richiesto dalla donna e dal suo avvocato.

Arresto e sentenza

Il 2 aprile 2021 Zhao è stata arrestata fuori dal tribunale della contea di Hejiang, quando si è recata lì per assistere a un processo contro quattro praticanti del Falun Gong. Le sono state confiscate diverse copie di materiale del Falun Gong che aveva in borsa. Gli agenti l’hanno legata a una sedia di ferro per interrogarla e non le hanno permesso di usare il bagno.

Dopo essere stata rilasciata, Zhao ha sporto denuncia contro Wang Zhonghe e Ren Wei dell’Ufficio per la sicurezza interna della contea di Hejiang, per l’arresto e l’interrogatorio. Per ritorsione il 18 agosto 2021 è stata arrestata dalla polizia, che ha fatto irruzione nella sua abitazione.

Quando la polizia ha presentato il suo caso alla Procura della contea di Hejiang, tra le prove dell’accusa è stato incluso il materiale del Falun Gong che le era stato confiscato durante l’arresto e l’irruzione nell’appartamento. Anche le 26 lettere che ha scritto a varie agenzie, per lamentarsi della polizia, sono state elencate come “materiale promozionale del Falun Gong”. Ogni pagina delle lettere è stata contata come prova, per un totale di 422 prove.

Il 29 novembre 2021 Zhao è stata incriminata e, il 15 agosto dell’anno scorso, è comparsa davanti alla Corte della contea di Hejiang. Il 2 febbraio di quest’anno è stata condannata a quattro anni e mezzo, oltre a una multa di 8.000 yuan. La donna ha affidato al suo avvocato il compito di rappresentarla nuovamente nel processo d’appello.

L’avvocato difende nuovamente Zhao nel processo d’appello

L’avvocato ha sottolineato quanto segue nella sua dichiarazione di difesa.

Zhao è stata condannata per aver violato l’articolo 300 della legge penale, la quale stabilisce che chiunque utilizzi un’organizzazione di culto per minare l’applicazione della legge deve essere perseguito nella massima misura possibile. L’avvocato ha sostenuto che l’organo legislativo cinese, il Congresso del Popolo, non ha mai emanato alcuna legge che criminalizzi il Falun Gong o lo etichetti come setta. Per questo motivo, non ci sono motivi legali per la condanna.

Durante il processo, il pubblico ministero aveva citato come base legale un’interpretazione dell’articolo 300 della Legge Penale, emessa nel novembre 1999 dalla Corte Suprema del Popolo e dalla Procura Suprema del Popolo. L’interpretazione richiede che chiunque pratichi o abbia promosso il Falun Gong venga perseguito nella misura più ampia possibile. L’avvocato ha sottolineato che il 1° febbraio 2017 è entrata in vigore una nuova interpretazione statutaria che ha sostituito la precedente versione del 1999. La nuova interpretazione non menziona il Falun Gong e sottolinea che qualsiasi accusa contro chiunque sia impegnato in un culto deve avere solide basi legali. Dal momento che nessuna legge in Cina definisce il Falun Gong un culto, la condanna di Zhao basata sull’interpretazione statutaria non ha alcuna base legale.

L’avvocato ha anche sostenuto che, in base al principio della separazione tra Stato e Chiesa, nessun governo, compreso il regime comunista cinese, è in grado di stabilire se un sistema di credenze sia o meno un culto.

Una persona può essere ritenuta penalmente responsabile solo per le sue azioni che violano la legge, non per il suo credo religioso o i suoi pensieri. L’invio delle lettere di denuncia e la pratica del Falun Gong non hanno mai causato alcun danno a nessun individuo o alla società in generale. In effetti, nel suo caso non è stata indicata alcuna vittima.

Le prove dell’accusa comprendevano le 26 lettere di reclamo che Zhao ha inviato a varie agenzie. L’uso di tali lettere come prova contro di lei ha violato l’articolo 40 della Costituzione, che recita: “La libertà e la privacy della corrispondenza dei cittadini della Repubblica Popolare Cinese sono protette dalla legge. Nessuna organizzazione o individuo può, per nessun motivo, violare la libertà e la privacy della corrispondenza dei cittadini, tranne nei casi in cui, per soddisfare le esigenze della sicurezza dello Stato o delle indagini penali, gli organi di pubblica sicurezza o i procuratori sono autorizzati a censurare la corrispondenza secondo le procedure previste dalla legge”.

Non c’era un’agenzia forense indipendente e terza per verificare e autenticare le prove dell’accusa contro Zhao. Il pubblico ministero non ha nemmeno indagato sulle prove fornite dalla polizia, comprese le 26 lettere, come previsto dalla legge. L’avvocato ha sostenuto che l’incriminazione di Zhao, senza verificare le prove, può essere interpretata come una negligenza del dovere.

La polizia e il pubblico ministero hanno citato come base giuridica due avvisi emessi nel luglio 1999 dall’Amministrazione cinese della stampa e delle pubblicazioni, per vietare la pubblicazione di libri sul Falun Gong. L’avvocato ha sottolineato che l’Amministrazione per la stampa e le pubblicazioni ha emesso una revoca del divieto nel 2011 e che è pienamente legale per i praticanti possedere libri del Falun Gong, pertanto il materiale sul Falun Gong confiscato a Zhao non avrebbe mai dovuto essere ammesso come prova per condannarla.

In sintesi, l’avvocato ha sostenuto che la sua cliente non avrebbe mai dovuto essere condannata per aver esercitato il suo diritto costituzionale alla libertà di credo e di corrispondenza. L’avvocato ha chiesto un’udienza pubblica nel caso di appello di Zhao e ha esortato il giudice Li Xudong a revocare il verdetto originale, ma quest’ultimo ha invece deciso di confermarlo senza tenere un’udienza.

Altri crimini del giudice Li

Dal 1999 il tribunale intermedio di Luzhou segue attivamente la politica di persecuzione. Il giudice Li Xuedong, in particolare, è stato coinvolto nella condanna di almeno 39 praticanti.

Durante l’udienza del caso di appello di Yang Ming, Li ha interrotto gli avvocati di Yang, Tang Jitian e Liu Wei, che avevano presentato per lei una dichiarazione di non colpevolezza. Entrambi gli avvocati sono stati costretti dal giudice a lasciare l’aula, poiché sono stati accusati di aver disobbedito a un ordine del tribunale, con conseguente revoca della licenza.

Nei cinque mesi tra novembre 2014 e marzo 2015 Li ha confermato la condanna di quattro praticanti, tra cui Yang Taiying (condannata a quattro anni), Li Yanjun (condannato a tre anni e mezzo), Tang Minghai (condannata a quattro anni) e Yi Qunren (condannata a quattro anni).

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